CAPITOLO 17: BEBE, SEI FUORI!

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Davide aveva la faccia da funerale.

"Mi dispiace Bebe... non so come dirtelo... non posso più allenarti.

Il padre di Mattia ha piantato un casino alla scuola di sci.

Voleva denunciarti.

Ho dovuto implorarlo di non farlo.

Né io, né gli altri maestri possiamo più seguirti."

Bebe spalancò gli occhi.

"Cos'hai in quella testa? Sei meglio di così, cosa ti è preso?

Un calcio! Quanto volte mi hai visto tirare un calcio?

Sei sempre stata brava, onesta!

Che ti è preso?"

Era il dispiacere che parlava.

La rabbia di essersi girato un attimo, di non essere intervenuto prima, di non aver evitato tutto.

La rabbia di aver bisogno di lavorare, anche se sapeva che non era giusto estromettere Bebe dalla squadra.

Doveva pagare, certo.

Ma non così.

Non lei.

Ce la metteva tutta.

Per arrivare a vincere.

Per costruirsi un futuro.

Per dare un po' di respiro ai genitori.

Perché aveva ceduto?

Perché ora?

Perché in quel modo?

Davide sbatté il pugno sul tavolo.

Bebe capì cosa provava.

Gli prese la mano.

"Tranquillo, Davide. Chi sbaglia paga, ce lo dici sempre.

E io ho sbagliato.

È colpa mia, e capisco la tua posizione.

Sei un bravo maestro.

Sarai sempre il mio maestro, il migliore e l'unico." E sorrise.

Fu come una pugnalata.

Davide, forte, duro, deciso, stava per commuoversi.

"Vai dagli altri ora. Io me la cavo sempre, davvero."

Sorrise ancora.

Davide si alzò, a malincuore.

"Posso offrirti almeno una cioccolata?"

"Certo!"

"Scusa Bebe.", le disse, mesto.

"Non ti preoccupare, va tutto bene, davvero."

Lo guardò allontanarsi, sorseggiando dalla tazza.

Un minuto dopo si alzò, lasciando la tazza ancora piena sul bancone, uscì, prese la tavola in mano, e si diresse a piedi fuoripista.

Quando fu abbastanza lontana dagli sguardi, si piegò sulle ginocchia, scoppiando a piangere abbracciata alla tavola.

Poi si distese sulla neve, in un pianto dirotto.

"Un braccio! Zanna! Davide! Perché non ti prendi semplicemente la mia vita e la fai finita?" gridò ad un cielo che non l'ascoltava.

Un grido, dall'alto, squarciò l'aria, e sopra di lei, un'aquila che pareva enorme, iniziò a volteggiare.

Bebe sbatté gli occhi per pulirsi le lacrime.

Si accorse che era un giorno di sole.

Non aveva più voglia di piangere.

Prese la tavola, la infilò.

Mise gli occhiali, e scese, immersa nella neve fin quasi al ginocchio.

Forse il Boss aveva un piano.

Altrimenti l'avrebbe trovato lei, come aveva sempre fatto.

Bebe [COMPLETA]Waar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu