CAPITOLO 90: LUNEDISASTRI E SCACCIAPENSIERI

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Lunedì fu un disastro.

Sbagliarono tutto.

Gli orari del bagno, la colazione, si scontrarono nel vestirsi.

Zanna arrivò per un pelo, Bebe dovette avvisare Donatella, che ancora conservava il ricordo dell'uscita poco felice delle settimane prima.

La chiamò anche Zanna, addossandosi la colpa, e tutto si risolse con le due ore di straordinario non pagato che Bebe insistette per fare.

A fine giornata, Zanna preparò un file banale che risolse un problema dell'amministratore delegato, Bebe riscontrò una svista importante su un documento di un fornitore, e tutto si risolse.

Nei giorni successivi si tararono pian piano, riuscendo a fare le cose meglio e anche a fare colazione insieme svegliandosi dieci minuti prima.

Poi c'erano spesa, lavatrice, pulizie, cose da sistemare.

E parole, tante parole.

Ma lavoro, lavoro, lavoro, lavoro.

No neve, Olimpiadi, uscite, feste.

Era questa la vita di coppia forse.

E, per carità, era bello, tutto così nuovo.

Però qualcosa che ora non mancava, sarebbe mancato.

Magari, forse.

Intanto erano lì, bravi, e ce la stavano facendo.

Come facevano scivolare lunedì, martedì, mercoledì, giovedì, fino al venerdì.

Il venerdì dell'aperitivo in centro, del relax, della decompressione.

Il venerdì delle coccole davanti alla tele, che di far tardi chi aveva voglia.

Il venerdì prima di sabato.

Quel sabato di progetti, così voluto fortemente da Zanna, strappato a Lia e messo lì, senza abbastanza preparazione.

Aveva un piano, aveva convinto tutti.

Ma non vedevano l'ora finisse.

Fosse quello che doveva essere.

Sabato e Domenica, un colpo di coda dell'inverno.

Poi basta, qualcosa di diverso.

Con tutto alle spalle, verso qualcosa di nuovo.

Ma questa corsa, o eterna rincorsa, forse faceva perdere di vista i dettagli.

Era come Davide quando al Magraid ricordava spazi e flash di un qualcosa di vissuto in maniera talmente intensa da scavarsi un pezzo nell'anima, o era solo una corsa distratta in autostrada, da casello a casello?

O, ancor peggio, un treno su un binario da stazione a stazione, con passeggeri distratti che si accorgono di esserci solo quando deraglia.

Erano felici e incredibili?

O solo barche in mezzo al mare, come la canzone di Carboni?

Una settimana.

Tanti piccoli mattoni uno in fila all'altro.

Un muretto, una casa, una muraglia che divide?

Zanna accarezzava i capelli di Bebe, accoccolata su di lui di fronte alla TV.

Zanna pensava a domani.

Ma anche a quella scadenza di settimana prossima.

Lei a quel file di giovedì.

Lo aveva controllato bene... o forse no?

Perché Donatella si fidava.

E su di lei ci contava.

E la Fede?

Non le aveva nemmeno mandato un messaggio.

Prendere la macchina e tornare su.

Una scampagnata.

Tre ore.

O solo fare l'amore.

Ma il letto era di là.

Ma non aveva voglia.

E lui, ne aveva?

Bebe lo strinse più forte.

Lui le baciò la tempia.

"Hai sonno amore?"

"Un po'..."

"Meglio se vai a nanna allora..."

Vai.

Non andiamo.

Vai da sola.

Io resto qui.

Con la tele e i miei pensieri.

Bebe lo baciò.

Zanna rispose.

Rimasero lì, a baciarsi.

Poi la mano di lui scorse sotto la maglietta.

Sì, che bello.

Era da martedì.

Non si deve fare per forza ogni giorno.

Però poi te lo chiedi.

La mano di Zanna scese sull'ombelico, poi sul fianco.

E poi niente.

"Vai a nanna, tesoro. Buonanotte."

Le disse dolce, tenero.

"Ti amo."

"Ti amo anch'io."

Nemmeno lei aveva voglia davvero.

Però.

È solo oggi.

Non riuscì a dormire.

Un quarto d'ora dopo arrivò Zanna.

Non riusciva nemmeno a pensare senza averla addosso.

La abbracciò, e la cullò fino a farla addormentare.

Poi si addormentò anche lui, col suo scacciapensieri tra le braccia.

In un altro posto, seduta sul davanzale, Lia svapava nervosa dalla sigaretta elettronica, incapace di prendere sonno, mentre il computer riproduceva in loop la traccia.

Domani.

Bebe [COMPLETA]Onde histórias criam vida. Descubra agora