CAPITOLO 60: UN RIFUGIO COL CAMINO ACCESO

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Bebe aveva male ovunque.

Non sentiva più le gambe, e aveva la schiena dolorante.

E le ultime forze le aveva consumate sul letto con Zanna.

Le piaceva fare l'amore con lui.

La faceva sentire desiderata, speciale.

La faceva sentire qualcosa.

Qualcosa di completo.

Le faceva dimenticare il braccio, la mancanza, il dolore, la paura, la solitudine.

Lui era il suo braccio.

Distesa nuda su di lui, lo ascoltava respirare con la testa appoggiata sul petto.

Si lasciava cullare dall'onda del suo petto che saliva e scendeva al tempo del respiro, dal battito regolare del suo cuore.

Lui le accarezzava con dolcezza il moncherino.

"Non sento più nulla, quando mi tocchi, lo sai?"

Per Zanna fu una doccia fredda.

Pregò che non fosse vero.

Che non fosse quello il momento in cui Bebe si rendeva conto che lui non andava bene, che non le bastava.

Che era solo un pregiudicato senza arte ne parte.

Che era solo un cazzone e che poteva avere molto di meglio.

Un problema da evitare, un idiota da cui stare lontano.

Non ora, non adesso.

Non ora che sentiva di amarla.

Non ora che sentirsela addosso lo faceva sentire così bene.

Non ora.

La strinse, d'istinto.

"Un minuto fa non sembrava così..."

Prendila in giro, prendi tempo.

"Scemo, non in quel senso. Quando mi tocchi il braccio dico."

Sollievo, paura.

"Ogni volta che mi toccavi, o anche solo mi guardavi, avevo una reazione. Involontaria, di paura."

"Colpa mia?"

"No, amore. Tu sei fantastico. Ma sono io che sono sbagliata."

"Non sei sbagliata, amore. Sei perfetta."

"Perfetta dove. Una perfetta ha due braccia."

"Perfetta per me, allora. Non è un braccio a renderti quella che sei Bebe."

"E invece sì..."

"E allora mi sa che devo ringraziarlo, questo braccio, se è lui a renderti stupenda.", disse abbracciandola, continuando ad accarezzarle il moncherino.

"Ti odio..."

"Perché?"

"Perché quando non sei impegnato a fare lo stronzo, il lunatico, il violento, il deficiente, quando ti dimentichi di trattarmi male, sei così fottutamente dolce..."

Le lacrime iniziarono a bagnarle il viso.

"Bebe, hai promesso. Io niente più botte, tu niente più lacrime."

"Scusa." Disse tirando su col naso. "Ma sto piangendo di gioia. Ora smetto."

"Scema. Sei davvero tanto felice?"

"Sì, tu no?"

"Sì."

Si strinsero forte.

"È che non pensavo. Pensavo che nessuno mi avrebbe voluta.

Che nessuno volesse una monca.

E, anche fosse, pensavo avrei dovuto accontentarmi, per non stare sola.

Poi sei arrivato tu.

Quando ti ho incontrato ti ho detestato subito.

Invece tu mi sei entrato dentro, giorno per giorno, portandoti via un pezzetto di me, e mettendo al suo posto qualcosa di bello.

E mi sono innamorata.

Per davvero, con un'intensità che non credevo possibile.

E ora sei casa, sei un rifugio caldo e accogliente.

E ho paura.

Paura che qualcosa arrivi e distrugga tutto.

Che qualcosa si rompa, e tu vada via.

E di tornare a farmi schifo, senza la tua protezione."

"Che discorso del cazzo.

Mi stai dicendo che sono io che ti rendo qualcosa.

Che senza di me andresti in pezzi e non saresti nulla."

"È così."

"Ti sto indebolendo quindi."

"No, amore. Mi rendi forte."

"Solo finché ci sono."

"Non vuoi?"

"Non è questo.

Voglio esserci, Bebe.

Ma voglio che tu capisca che non sono io, o il braccio, a renderti ciò che sei.

Tu sei tu... quel mix fantastico di cose di cui mi sono innamorato.

Quello che saresti comunque, senza bisogno di me.

Quello che rende te casa.

Una volta ero un soldato, in perenne ritorno da una guerra, che tornava a casa in attesa di una nuova battaglia.

Ora sono un viaggiatore, che torna a casa da un viaggio lunghissimo, esausto.

E trova in te calore e pace."

"Tu sei lo stesso, per me. Allora facciamo che abbiamo una casa bellissima, e viaggiamo un sacco insieme."

"Ecco, facciamo così."

"Facciamo così. Anzi, sai cosa facciamo adesso?"

"Facciamo l'amore!" disse, tirandosi addosso il corpo già nudo.

"Bravo!" disse stringendosi a lui.

La loro casa aveva anche un camino, col fuoco acceso, mentre fuori un insolito versante freddo congelava le strade facendole brillare nella notte.

Altrove, in una fredda villa di mattoni, Oliver camminava ubriaco sul bordo del terrazzo, in compagnia della sua solitudine.

"Maledetti bashtardi! Ma io vi denunsho tutti! Datemi della coca, o vi ammasho! Mi avete tolto tutto!"

Si portò la bottiglia alla bocca.

E cadde, precipitando.

Rivide i pochi momenti belli, quasi solo legati all'infanzia.

Una carezza di sua madre.

Suo padre mai.

Rivide il poco di bello che aveva, prima di tutto, prima di quello schifo, prima di quel buco al centro del suo petto.

Piccoli fiocchi, che dai monti scendevano in pianura, iniziarono a depositarsi sul suo corpo come una coperta.

Ma lui non sentiva freddo, stanotte.

Non lo avrebbe sentito mai più, finalmente libero davvero.

Bebe [COMPLETA]Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt