CAPITOLO 4: CALL ME BEBE

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"Ciao Beatrice, come stai oggi?"

"Sono sfinita, dottore."

"Se non mangi, continuerai ad esserlo, sai?"

"Magari muoio e basta."

"Non posso lasciartelo fare, Beatrice, lo sai."

"Lei ha mai pensato alla morte, dottore?"

"Ci penso ogni giorno. Penso a come sconfiggerla, a come allontanarla, o almeno a come stare un passo davanti a lei."

"Dai, non mi prenda in giro."

"Non ti sto prendendo in giro."

"Sa bene cosa intendo. Hai mai desiderato di morire?"

"Lo chiedi al tuo medico o al padre che ha perso la figlia?"

"Perché, non sono la stessa persona? Al secondo comunque."

"Sì Beatrice. Non dovrei dirlo da medico. Ma da padre sì, c'è stato un momento in cui ci ho pensato. Dopo il funerale mi sono gettato sul letto, e per giorni non mi sono alzato se non per andare in bagno. Mi sentivo svuotato. Anzi peggio, annichilito."

"Annichè? Dottore, lei parla troppo difficile, lo sa?"

"No, Beatrice, sei tu che dovresti ampliare il tuo vocabolario. La cultura è l'unica vera ricchezza che puoi avere, e quello che hai in testa non te lo ruba nessuno. Annichilito significa annientato, abbattuto, annullato."

"E perché non si è ucciso?" chiese, come fosse la domanda più ovvia del mondo.

"Per Margherita."

"Dottore, io non la seguo mica sa. Ha pensato alla morte per via di Margherita, e poi non ci ha pensato per lo stesso motivo..."

"Ho pensavo a Margherita viva. A come sarebbe vissuta. A cosa avrebbe desiderato per me. Avrebbe voluto che fossi vicino a mia moglie che soffriva quanto e più di me. Avrebbe voluto che fossi un buon medico, e salvassi altre vite. Avrebbe voluto che salvassi anche te, e che ti impedissi di morire."

"Non può impedirmelo dottore."

"Però posso fare tutto quello che riesco, per trattenerti."

"E si mi mordo la lingua a sangue?"

"Ti faremo una trasfusione, e domani sarai qui senza lingua, e non potrai più dire queste stupidaggini."

"E se mi butto dalla finestra?"

"Siamo al secondo piano. Probabilmente ti romperesti solo qualche osso. O potresti peggiorare la situazione, e domani saresti qui inferma."

"E se..."

"E se! E se! E se!

E se provassi a vivere?

Ad andare avanti?

A mangiare e ad alzarti da questo letto?

A iniziare la fisioterapia per uscire da questo ospedale?"

Il dottore aveva alzato la voce.

Non avrebbe voluto.

Le accarezzò la testa, con dolcezza paterna.

"Scusa Beatrice, non volevo alzare la voce. Vorrei solo che ti riprendessi.

Hai una vita intera davanti. Sono giorni che non provi nemmeno a reagire. Li hai visti i video di Bebe Vio?"

"Sì. È una tosta!"

"E tu non lo sei?"

"No."

"Sei quello che scegli di essere Beatrice."

Beatrice si mise a piangere piano.

"Non ho più un braccio, dottore."

"Hai l'altro. E due gambe. E la testa. E la vita. E una famiglia. E degli amici. E un mondo da vedere e un sacco di cose da imparare."

"Non so da dove cominciare."

"Dal primo passo, Beatrice."

"E qual è?"

"Devi mangiare. Poi iniziare la fisioterapia. Poi andartene da qui, e cominciare a rincorrere i sogni."

"Posso cominciare domani dottore? Non ho fame stasera, davvero."

"Mi prometti che farai colazione domani?"

"Promesso. Ma solo se mi porta delle brioches decenti. Qua dentro di buono c'è solo il the."

"Va bene. Dormi ora."

Il dottore, che appariva più vecchio e stanco di quanto non fosse, le posò un bacio in fronte e si avviò verso il corridoio.

"Dottore?"

"Sì, Beatrice?"

"Posso chiederle un favore?"

"Dimmi pure."

"Lei e i suoi colleghi, potreste chiamarmi Bebe? Come Bebe Vio. So che è sciocco, ma mi farebbe sentire più forte."

"Certo Bebe, è un nome che ti calza a pennello. Buonanotte."

Il mattino dopo, appena sveglia trovò sul comodino un krapfen alla crema e una brioche al cioccolato.

Sul sacchetto c'era scritto, in una grafia incomprensibile, da dottore: "Per Bebe."

Sorrise, per la prima volta dopo tanto.

A piccoli morsi minuscoli, finì la brioche.

Sì alzò piano, voleva farsi trovare in piedi prima che arrivasse sua madre.

"Dove stai andando, Bea?"

"Vado a cercare la fisioterapia! Ah, mamma, per favore da oggi chiamami Bebe."

La madre restò lì, per un attimo, incredula, di fronte alla figlia che per la prima volta tornava a sorridere.

Bebe [COMPLETA]Where stories live. Discover now