CAPITOLO 16: COSE DI DONNE

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"Noooo"

Bebe guardò la piccola macchia rossa e scoppiò a piangere.

"Proprio oggi dovevano venirmi?"

Cose di donne, in anticipo di due giorni.

Non ci voleva, non ora, non oggi.

Erano tre giorni che piangeva, aveva appena smesso.

Ci mancavano solo i crampi e gli ormoni.

Ci mancava l'essere un mostro in un corpo che ti ricorda che sei una donna.

Si ricorda ancora quello sfogo, quella crisi isterica con la madre, anni prima.

"Perché devono venirmi le mie maledette cose?"

"Perché sei una donna, Bebe.

Servono a renderti madre per darti un giorno un dono prezioso come tu lo sei per me."

"Chi vuoi che mi voglia, senza un braccio? Dio non poteva risparmiarmi almeno la sofferenza mensile? Non mi ha già fatto soffrire che basta?"

"Non dire così Bebe. Un giorno capirai che questo è un regalo, non un castigo."

"Non mi vorrà mai nessuno, mamma."

"Vedremo." Disse dolce la madre, cullando la figlia in lacrime, come aveva fatto tante volte da bambina.

Bebe si lavò, e si cambiò.

Era finito anche il latte.

Si sforzò di non piangere ancora.

Avrebbe voluto correre da Zanna.

Dirgli che era li solo per il latte.

Avrebbe voluto che lui la invitasse ad entrare, con la solita colazione pronta.

Avrebbe voluto farla a letto, avrebbe voluto stringerlo, baciarlo.

Ma lui non esisteva più.

La evitava, non le parlava, non la guardava.

Arrivò in pista, irritata, per il latte, gli ormoni, Zanna, Zanna, Zanna.

"Svegliati, o non riesci a tirare giù il poggiapiedi neanche col braccio che non è monco?"

Mattia, il nuovo acquisto della squadra, era cattivo.

L'aveva presa subito di mira, probabilmente perché lei era molto più dotata, e lui solo un figlio di papà viziato entrato in una squadra di ragazzi decisamente più bravi.

Davide l'aveva ripreso un paio di volte, ma non poteva essere onnipresente e nemmeno buttarlo fuori, visto che il padre era dentro a sci club e quant'altro.

"Dai, monca, togli la tavola dal poggiapiedi."

"Non chiamarmi mai più monca!", sibilò cattiva Bebe.

Fecero qualche discesa.

Lui le tagliò la strada, facendola cadere.

Lo fece una seconda volta, in fondo alla pista, prima di scappare nel seggiolino davanti a lei, lasciando salire da sola.

Bebe si levò il guanto, e mosse un po' il polso massaggiandosi la botta.

"Ti alleni per farmi le seghe col braccio buono?" si sentì urlare dal seggiolino davanti.

Bebe era furiosa.

Trenta secondi dopo erano in cima.

Si levò la tavola, e rincorse Mattia.

"Prova a ripetere!"

"Sei venuta per farmi una sega?"

Bebe fece per dargli una sberla.

"Stai ferma, handicappata!"

Mattia le bloccò il braccio e la spintonò a terra.

"Non sai nemmeno stare in piedi, paralitica!"

Bebe si alzò, corse verso di lui, e gli tirò un calcio, facendo quella che Zanna chiamava spazzata, come gli aveva mostrato scherzando.

Con un circolare basso, gli falciò entrambe le gambe, facendolo finire a terra.

Gli saltò addosso, con gli occhi pieni di lacrime, tempestandolo di pugni e gridando: "Smettila! Lasciami in pace!"

Mattia stava per tirarle un pugno.

Zanna si mise davanti a Bebe per proteggerla, bloccò il braccio di Mattia a terra, e a pochi centimetri dalla sua faccia, gli ringhiò: "Non ti azzardare a toccarla. Bebe è sotto la mia tutela chiaro? Non ti azzardare!"

Davide lo spinse via.

"Calmo, Zanna!"

Non aveva fatto in tempo a girarsi che in un secondo era successo tutto.

Che casino.

Bebe piangeva, Zanna andò da lei.

Davide chiese a Mattia se stava bene.

Intorno tutti guardavano.

"La porto via!" il tono di Zanna non ammetteva repliche.

"Vaffanculo!" gridò Mattia.

"Nano, finiscila o ti devasto. Davide, portalo via, è meglio, o non rispondo di me."

Davide prese Mattia per un braccio.

Alzò la voce: "È così che vi ha insegnato a comportarvi? Me lo dite cos'avete in quelle teste? Zanna, torna qui! Non puoi portarmi via un'allieva durante la lezione!"

"Non mi sento bene, vado a casa." Mugugnò Bebe piangendo.

"Vieni, piccola."

Zanna ancora una volta la portò via.

Le avvicinò la tavola.

"Allacciatela, frignona!"

Bebe se l'allacciò, meccanica.

"Zanna, davvero non puoi andare via con lei."

"Prova a fermarmi, se ci riesci."

"Lascia stare Davide. Vado a casa, davvero. Non me la sento di continuare oggi. Sono maggiorenne, non ti preoccupare."

"Sicura?"

"Sì, tranquillo." Disse abbozzando un sorriso.

"Muoviti!"

Zanna era in piedi, e le tendeva la mano.

Bebe l'afferrò, si alzò e lo seguì.

Scesero in silenzio.

In fondo alla pista, Zanna le parlò.

"Non capisci niente. Dovevi tirarglielo di nascosto, il calcio. E la prossima volta che ne tiri uno, impara almeno come si rompe un osso. Adesso vai a casa a frignare!"

Si, voltò, e, freddo, si diresse a prendere la seggiovia.

"Vai a casa, ho detto!", le gridò.

E Bebe, inebetita, si avviò verso casa.

Dall'alto, Zanna la osservava allontanarsi, desiderandosolo di andare con lei.

Bebe [COMPLETA]Where stories live. Discover now