XXVII

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Quel pomeriggio scoprii di amare profondamente la matematica. Volevo sfogarmi in qualche modo, volevo passare il tempo e smettere di pensare a Loki e a Thor, quindi pensai di poter dare un'occhiata ai libri che non aprivo ormai da mesi. Iniziai a studiare per conto mio interi manuali e fare di conseguenza ogni esercizio che mi veniva proposto, di qualsiasi materia. Quello stesso pomeriggio finii le mie scorte di inchiostro e di pergamene, alcune delle quali fui costretta a compilarle anche sul lato opposto ruvido e scomodo su cui scrivere. Sentivo che il mio cervello era morto e questo non andava bene, avevo bisogno di stimoli diversi da quelli a cui Thor e Loki continuavano a sottopormi; in più, credevo di essere in debito con tutti: da mia madre fino ad Odino, comprendendo tutte le persone che rendevano movimentata la mia vita. Non sapevo se odiare me stessa, la mia debole forza di volontà, o gli altri, ma fatto sta che non mi sentivo bene psicologicamente, ne stavano succedendo troppe: ero sempre in totale stato di confusione o indecisione, non sapevo se soddisfare me o il prossimo, se rendere orgogliosa mia madre e gli adulti o chi da cui ero attratta, se diventare Regina di Thor o di Loki, se andare a quell'appuntamento oppure no. Oltre ai calcoli e allo studio della lingua Groot, stilai un'immensa lista di pro e contro, cercando di fare il punto sulla mia vita e volendo trovare un equilibrio. Il risultato finale fu deprimente, mi sentivo ancora peggio di com'ero quando avevo iniziato. Mi depressi e nascosi la testa sotto il cuscino. Trovai la forza quando iniziai a cantare una litania triste che raccontava di un Re scandinavo morto dopo una vita gloriosa, ma non fu il soggetto che mi infuse coraggio, bensì il mio canto. Tra tutti i libri ce n'era uno che trattava in modo grossolano delle altre divinità adorate dai midgardiani: lessi che Febo Apollo, oltre ad essere il dio del Sole, lo era anche delle arti come il canto e la poesia, ma non per questo dovevo illudermi che fosse un debole sapendo già delle sue abilità con l'arco e il potere di dannare i popoli con pestilenze e pandemie. Rotolai dal letto e mi guardai attorno: quella camera era una pattumiera. Iniziai a mettere a posto e pulire, scovando così un'altra piacevole valvola di sfogo. Un'altra cosa interessante che lessi fu che gli Antichi Greci, quindi la prima popolazione che si interessò al culto degli Olimpi, credevano fermamente nel Fato, nonché il Destino, un concetto che superava anche le stesse divinità, quindi decisi di smettere di preoccuparmi troppo e di lasciare tutto al Fato. Guardai fuori dalla finestra e il sole stava scendendo, ormai il crepuscolo era al suo punto di massimo splendore, quindi l'ora dell'incontro con Loki si faceva sempre più prossima. Decisi di andare, ma qualunque cosa fosse successa, io sarei rimasta fedele a Thor. 

Mi lavai, mi profumai e mi vestii come più mi sentivo a mio agio, quindi evitai un abito rosso, il quale mi sembrava troppo aggressivo e sapevo che quel colore su di me stimolava pensieri in Loki, e questo non dovevo permetterlo. Optai per qualcosa di azzurro che, anche se "si intona con i miei occhi", mi comunicava più freschezza e alti ideali, cercando quindi di puntare tutto su quell'abito in caso mi sentissi tentata da lui. Ero vestita come lo ero ogni giorno, né più né meno, non volevo risultare agghindata solo ed esclusivamente per Loki, solamente Thor si meritava gli abiti migliori. 

Uscii e stranamente ero tranquilla, avevo piena fiducia in me e niente o nessuno poteva farmi dubitare di questo. Passai per la zona del castello meno trafficata, evitando saloni e stanze, quindi fu facile raggiungere il punto di incontro. Sembrava che per quella sera Era aveva deciso di prendersi una pausa da me e pensare al suo matrimonio invece di tormentare la mia vita. Me la presi molto con calma, sapevo di essere in ritardo, ma volevo farmi desiderare come Loki mi aveva consigliato. Ormai il sole aveva fatto posto alla luna quando sgattaiolai lungo una delle vie principali sperando di non essere vista, quindi aprii delicatamente la porta che ormai conoscevo bene ed uscii in giardino. Era molto più caldo dell'ambiente interno, forse tutti quei marmi freddi ingannavano la percezione della temperatura reale, ma quel caldo mi calzava a pennello, stavo molto bene. Guardai in quella piccola stalla sempre scarna di animali e notai che esisteva un piccolo cunicolo dall'odore stomachevole che si apriva sulla vera stalla, piena di mucche, galline e qualche vecchio cavallo. 

La Regina degli déiDonde viven las historias. Descúbrelo ahora