SILENT LOVE

By martyleg04

168K 8.1K 4.6K

🔥SERIE "SILENT LOVE"🔥 - Il seguente volume contiene la prima e la seconda parte della serie. DARK ROMANCE... More

Da parte dell'autrice
INTRODUZIONE e TW
Dedica
SILENT LOVE - Come sussurra l'amore
Prologo
1. Fare rumore
2. Solo una fra tante
3. Sussurro delicato
3. Sussurro delicato (parte due)
4. Sopravvivenza
5. Lacrime che non guariscono più
6. Vulnerabile
8. Cielo dietro
9. Ospite
10. Pezzo di cuore
11. Veleno senza antidoto
11. Veleno senza antidoto (parte due)
12. Niente di niente
13. A tuo rischio e pericolo
14. Peggior debolezza
15. Il gatto e il topo
16. Terremoto
16. Terremoto (parte due)
17. Essere nessuno
18. Rosso come il peccato
19. Ombra scura
20. Tempesta dentro
21. Uscire dalla bolla
22. Meno uno
23. Vuoto
24. Sonno doloroso
25. Accadiamo noi
26. Guai
27. Quando la corda si spezzerà
28. La partita è ancora aperta
29. Rischiare la pelle
30. Meno due
30. Meno due (parte due)
31. Tre passi
32. In attesa
33. All'inferno
34. Sei solo un'ingenua
35. Vedere a colori
36. Qualcuno che sappia ascoltarmi il cuore
37. Un brutto sogno
38. Sperare in un miracolo
39. Il desiderio che ci lega
40. Delicatezza feroce
40. Delicatezza feroce (parte due)
41. Incendio in piena regola
42. Una tortura
43. Nessun segreto
44. Indifferenza
45. Non resta più niente
46. Farfalle nello stomaco
47. Illusione
48. Dalla parte sbagliata
49. Ciò che ha senso fare
50. Alla deriva
51. Dettare le regole del gioco
51. Dettare le regole del gioco (parte due)
52. Il cacciatore e la lepre cieca
53. Il mostro che ti renderà la vita un inferno
SILENT LOVE - Come grida l'amore
54. Non voglio la guerra
55. Meno tre
56. Un morso
57. Intossicarsi l'anima d'amore
57. Intossicarsi l'anima d'amore (parte due)
58. Brucia all'inferno, fiorellino
59. Bambola rotta
59. Bambola rotta (parte due)
60. Il bacio della Fenice
60. Il bacio della Fenice (parte due)
61. La Notte degli Orfani
62. Ad ogni costo
63. Aspettare che mi odi abbastanza
64. Opera d'arte
65. Vietato essere l'altra
66. Meno quattro
66. Meno quattro (parte due)

7. Di pietra

2.4K 164 122
By martyleg04

Sanguinò d'amore il suo cuore.
Fino a quando lei non giunse a guarirlo.



Curt

Una volta lessi in un libro che il dolore è la peggiore debolezza umana.

Eppure, ho sempre creduto che quello scrittore si sbagliasse.

Perché è l'amore ad esserlo.

È l'amore la nostra più grande debolezza – ciò che distrugge il cuore e lo consuma da dentro, l'unico sentimento capace di renderci vulnerabili, fragili, rotti.

Un cuore che ama alla follia è rotto.

Un cuore consumato d'amore è rotto.

Un cuore che soffre per amore è rotto.

Un cuore che ferisce con il suo amore è rotto.

Ma un cuore che non sa amare?

Un cuore che non ha mai conosciuto l'amore, può salvarsi e riuscire a non rompersi mai?

«Il ragazzo ha un cuore d'oro, ce ne siamo accorti subito, ma...»

«Ma sembra di pietra.»

Silenzio.

Di pietra, riecheggia nell'ufficio del direttore Brown.

Mi guardo attorno, seduto su una scomodissima poltrona posizionata nell'angolo della stanza e a debita distanza dalla scrivania. Attorno a quest'ultima, adesso siedono il direttore del Cage e i signori Walker, una coppia sulla quarantina che è parsa interessarsi a me negli ultimi due mesi, ma che tuttavia deve aver appena deciso di gettare la spugna, dal momento che siamo tutti qua.

Cerco di raddrizzarmi sul cuscino infernale della mia poltrona, ma fallisco miseramente nel mio tentativo.

Cazzo! Finirà col risucchiarmi da un momento all'altro...

«Non dire così May: Curt non è di pietra. Ne ha passate tante, lo sai. È solo un ragazzo riservato, tutto qui.»

Mi piace, il signor Walker.

Voglio dire: non è che mi faccia impazzire a tal punto da avermi convinto fino in fondo, ma l'ho considero un tipo passabile.

Sì: il signor Walker è passabile.

La signora Walker invece...

«Josh, quel ragazzo non è solo riservato. Non nego che sia molto maturo per avere solo quattordici anni, certo, ma in questi due mesi non ha neppure provato ad istaurare un rapporto con noi, come se neppure gli sia interessato farlo.»

Di pietra.

No: la signora Walker non è affatto passabile. Anzi: direi che è proprio sotto lo zero.

Silenzio di nuovo.

Suo marito non dice niente ed io decido che sia divenuto d'un tratto meno passibile di quanto credessi.

Osservo il direttore Brown sospirare meditabondo.

Anch'io sospiro, le dita conficcate nei braccioli della poltrona provano a sfondarne la pelle, ma non ci riescono.

«Curt ha solo bisogno di tempo» se ne esce poi Brown. «Ve lo avevo detto questo.»

«E noi le avevamo detto che gli avremmo potuto dare tutto il tempo di questo mondo, se fosse stato necessario. Ma così non può andare avanti: il ragazzo deve collaborare, deve almeno provarci, credere in questo affidamento almeno la metà di quanto ci crediamo noi. E invece lo guardi» la signora Walker abbassa la voce, forse credendo che in questo modo io non riesca a sentirla, «è educato, sorride sempre, è cortese, intelligente, sveglio, ma resta come di ghiaccio davanti al nostro affetto, come se neppure notasse i nostri sforzi e tutto l'amore che stiamo provando a dargli.»

Di pietra.

Le dita ben salde contro i braccioli, i nervi tesi, le nocche bianche.

Di pietra.

Il silenzio, i sospiri, le parole della signora Walker.

Di pietra.

Qualcosa dentro di me riprende a sanguinare. Una ferita, il mio mostro. E ricomincia a torturarmi, a battere i suoi pugni contro il mio cuore, contro il mio petto, contro lo stomaco, contro ogni parte del mio corpo.

Non è la prima volta che sento parole del genere. Prima dei signori Walker, ce ne sono stati molti altri.

È un tipo solitario, riferivano al direttore Brown, per dire che a scuola tenevo alla larga sempre tutti.

E se ne andavano.

Ama leggere e dipingere: in questi mesi, ha passato quasi tutto il suo tempo a farlo, lo informavano ancora, senza in realtà ammettere ad alta voce che non ero mai uscito dalla mia camera per giorni e giorni.

E se ne andavano.

È davvero un ragazzo affascinante, dicevano altri, senza neppure accennare al momento in cui la loro unica figlia femmina ci aveva provato con me infilandosi nel mio letto durante la notte.

E se ne andavano anche loro.

Questa scena si è ripetuta un'infinità di volte. Come una sorta di loop, un disco fisso che gira e gira e gira e lo fa senza fermarsi mai.

Ma mai nessuno ha osato dire la verità così apertamente come ha appena fatto la signora Walker.

Non sarà passabile, ma almeno ha fegato, penso, mentre sul mio volto fa capolino un sorrisetto divertito.

«Ti ho visto allegro, Curt.»

Anche i signori Walker se ne sono andati adesso. Esattamente come tutti gli altri – com'era prevedibile accadesse.

Il direttore Brown sta compilando i moduli del loro rifiuto di affidamento mentre io me ne rimango seduto sulla poltrona nell'angolo, sperando di restare invisibile ai suoi occhi ancora per un altro po'.

In fondo, non è forse questo il compito di questa poltrona? Farti sentire escluso, un'estraneo che assiste passivamente all'ennesima riunione fallimentare.

Credo di essere l'orfano che più volte è stato seduto qui sopra di tutto il Cage. D'altronde, sono anche l'orfano che è stato scelto più volte tra tutti e che, ogni singola volta, ha fatto sempre ritorno in orfanotrofio. Potrei anche cominciare a contarle, tutte le coppie che vengono qui e ricercano in me il figlio perfetto, decidendo infine di non volermi più...

Raddrizzo le spalle e serro la mascella, mostrandomi serio. So bene che fare indispettire il direttore Brown non è una buona idea: ha una pazienza infinita, ma ciascuno di noi raggiunge il fondo, prima o poi.

«Per niente Direttore.»

Quest'ultimo sospira, abbandonando la penna insieme agli occhiali da lettura sui fogli che stava compilando e prendendo ad osservarmi meditabondo.

«Vieni a sederti qui davanti a me.»

Non me lo faccio ripetere due volte e ubbidisco. Abbandono la poltrona nell'angolo e d'un tratto mi sento nuovamente piccolo e sbagliato sotto al suo sguardo.

Odio quando succede.

Odio che la gente mi guardi con aria impietosita, odio chi pretende da me più di quanto io riesca a dare.

Odio chi non si accontenta.

Perché dovrei soffrire?, mi chiedo ogni volta. Perché dovrei amare degli sconosciuti che mi hanno scelto solo per pietà?

Io non so cos'è l'amore.

Ma so quello che leggo nello sguardo degli altri ogni volta che mi osservano.

Le ragazze mi trovano attraente, i ragazzi provano invidia di me. Gli adulti dicono io sia maturo, i professori intelligente. Agli altri piaccio – e a taluni anche no –, perché sono educato, gentile, cortese.

Ma questo non sembra bastare mai.

Perché vogliono anche il mio amore. Ogni volta, pretendono da me quello che io non posso dare a nessuno.

La verità è che non sanno niente di me. E non sanno quanto male possa fare un cuore che non ha mai creduto nell'amore.

Perciò amatemi o odiatemi pure, se lo desiderate, penso ogni volta, sotto ai loro sguardi insistenti. Ma non avvicinatevi troppo e lasciatemi solo: forse riuscirete a non soffrire, forse il mio mostro vi lascerà in pace.

«Non ti piacevano i signori Walker?» mi chiede il direttore dopo un'infinità di tempo. La sua voce appare calma, la sua domanda è semplicemente intinta di un pizzico di innocua curiosità.

«Avevano una bella casa» rispondo io, atono. «E il signor Walker aveva una bella macchina.»

Brown batte le palpebre un paio di volte. «Capisco.»

Tra noi cala l'ennesimo silenzio assordante.

Io abbasso lo sguardo sulla sua scrivania e noto il solito porta fotografie d'argento posizionato con estrema cura tra due plichi di fogli rilegati. Da qui, intravedo di sbieco un felice e spensierato ritratto famigliare.

Lo conosco a memoria ormai.

Sono il signor Brown e le sue due figlie. Il primo è seduto al centro della foto, sorridente e ben vestito come al solito. Una ragazza – probabilmente la maggiore delle sue due figlie – lo abbraccia alle spalle: sembra avere la mia stessa età e sorride ammaliante con le sue labbra lucide di gloss, i capelli biondi raccolti in una treccia e un semplice top che le mette in risalto un abbozzo di seno. Accanto a lei, invece, c'è sua sorella. Ha i capelli talmente scuri da ricordarmi il colore del cielo la notte. Indossa un paio di occhiali tondi e sorride timidamente con le sue labbra piene. Una frangia corvina le ricade sugli occhi vitrei ed ha il mento lievemente sollevato, forse per riuscire a guardare meglio nell'obiettivo. Indossa una camiciona davvero poco bella e appare come tesa, imbarazzata.

Non sembra avere niente a che vedere con gli altri due. Padre e figlia maggiore si somigliano terribilmente, mentre lei se ne sta al lato della foto come se avesse quasi timore a unirsi a loro, come se si sentisse sbagliata o fuori posto.

Infine, i miei occhi ricadono sulla sua guancia sinistra, nel punto in cui una lunga cicatrice sembra squarciarle la pelle con crudeltà. Mi chiedo cosa le sia successo e, come ogni volta, la mia domanda resta senza risposta.

«Ti piace questa foto?».

Il direttore Brown mi coglie alla sprovvista, rompendo il silenzio. Quindi gira il porta fotografia verso di me, consentendomi di osservare meglio la foto al suo interno.

Annuisco, senza trovare nient'altro da dire.

«Sono le mie due figlie» mi spiega, poi indica per prima la ragazza bionda e infine quella con la cicatrice. «Lei si chiama Angie e questa invece è Mae.»

Mae.

La ragazza con il vestito bianco e i fiori.

La ragazza delle nuvole nel cielo del mio dipinto.

Mae.

«Ha una bella famiglia» commento, senza staccare gli occhi da quelli di cristallo di lei.

«Ne abbiamo passate tante. Dopo la morte di mia moglie, le mie figlie sono diventate la mia ancora di salvezza. Le amo più di qualsiasi altra cosa.»

Tace ed io non faccio niente per spezzare il silenzio.

La mia mente si perde nel ricordo di quella mattina al Cage di qualche mese fa, tornando al momento in cui ho conosciuto Mae per la prima volta.

Quella ragazza mi è sembrata così fragile e delicata in un posto come questo. Quando l'ho guardata, si è fatta piccola sotto il mio sguardo, quasi mi temesse, ma al contempo fosse stata attratta da me.

Non ho avuto scrupoli con lei, non ci sono riuscito: l'ho osservata a lungo e ho studiato ogni singolo dettaglio del suo corpo, ogni minuscolo fiore su quel suo vestito che sembrava essere ormai troppo piccolo per il suo corpo in procinto di sbocciare.

E mi è piaciuto.

Dio, se mi è piaciuto.

Guardare qualcuno dall'alto in basso senza che in cambio anch'io non venissi studiato con morbosità. Ogni anfratto del suo sguardo trasudava irrequietezza, eppure non si è sottratta al mio sguardo e non ci ha neanche mai neppure provato.

Se n'è rimasta immobile e basta. Non mi ha sorriso maliziosa come tutte le altre ragazze, non ha pronunciato frasi sottili e piene di doppi sensi.

Ha lasciato che la osservassi senza opporre resistenza – spaventata, forse, ma abbastanza coraggiosa da lasciarmelo fare.

È forse è stato questo a confondermi. Forse è stato questo ad ingannare il mio cuore.

La sua ingenuità. La sua fragilità vestita di bianco e di fiori – vestita di una delicatezza che mai prima d'ora avevo notato in qualcuno.

È stato questo che mi ha rotto il cuore.

In un modo che non ho mai conosciuto prima di quel momento, in un modo che non ho potuto controllare.

E più ho provato a distogliere lo sguardo da lei, più desideravo incastrare i miei occhi nei suoi o toccare il suo corpo fasciato da quel suo vestito troppo stretto e sfiorare la pelle chiara della sua pelle liscia – bianca come una tela che avrei voluto dipingere io stesso.

Mae.

La figlia del direttore Brown.

Quel giorno mi ha stregato.

Come mai nessuna ragazza ha mai fatto. Anche se non mi ha dato neanche una minuscola parte delle attenzioni che sono sempre stato abituato a ricevere, anche se i suoi occhi non mi hanno divorato – dalla curiosità o, a volte, dalla fame dell'attrazione – come facevano quello di tutte le altre, forse perché semplicemente incapaci di farlo.

Mae Brown è riuscita a fare centro dentro di me, a toccarmi con le sue mani piccole e le sue dita sottili l'anima – fatta di pietra e di ghiaccio, incapace d'amare.

E lo ha fatto solo con il suo silenzio e col suo corpo, con la sua timidezza e quel suo non esser fuggita via dal mio sguardo addosso.

«Desidero il meglio per loro» sento dire a Brown e le sue parole mi ridestano, riportandomi alla realtà in un modo che mai avrei voluto facessero.

«Meritano qualcuno che le faccia sentire amate in ogni momento e che sia capace di proteggerle. Non vuoi conoscere anche tu una persona del genere, Curt?».

Mi sorride e il mio mostro torna a farsi sentire dentro di me.

Chi mai vorrebbe un ragazzo che non funziona bene? Chi desidererebbe dare amore a qualcuno che non riuscirebbe a ricambiarlo?

Improvvisamente, vorrei dirgli che è per questo che tutti i genitori adottivi mi riportano sempre qui: perché io amo in un modo tutto mio. Amo col silenzio, amo con la mia arte. Amo con lo sguardo, amo con una sola parola e nessuna in più.

Amo facendo soffrire, perché sono rotto.

Sono di pietra, io.

Lo hanno appena detto i signori Walker e me lo dice ogni volta il mio mostro.

Serro i pugni sotto il tavolo e abbasso lo sguardo, ingoiando la morsa di rabbia che sembra volermi soffocare. Il mostro mi azzanna alla gola e morde fino a farla sanguinare adesso.

Non riesco più a pensare a niente se non alla dolce e bellissima Mae. Ma poi lei sbiadisce nella mia mente e alla fine diventa irraggiungibile, lontana e troppo delicata per me.

Se dovessi provare a raggiungerla, se dovessi anche solo provare a toccarla, sento che rischierei di romperla, di spezzarla come un fiore delicato.

Capisco troppo tardi che, uno come me, non sarebbe mai in grado di darle ciò che suo padre si augura per lei e il solo pensarla, il solo averla desiderata anche solo nella mia mente, è stata una follia, un impulso irrazionale che dovrò mettere a tacere ad ogni costo.

«Forse un giorno...» mi ritrovo a biascicare infine, senza neppure guardare Brown negli occhi, mentre dentro di me supplico e prego, accecato dalla rabbia e dalla disperazione, un Dio che forse m'ascolta o forse no, ma che mai – ne sono certo – potrà mai avere pietà di me e del mio cuore rotto per ciò che sarò capace di fare d'ora in avanti pur di cancellarla dalla mia mente – e prima di tornare da lei.

Forse un giorno riuscirò a dimenticarla.

Forse un giorno riuscirò ad aggiustarmi.

Ma mai fino ad allora potrò rivederla.

Perché se i miei occhi dovessero incontrare i suoi prima che il mio cuore dannato abbia smesso di desiderarla senza alcuna logica,

Io non riuscirò a trattenermi.

E sarà l'inizio della nostra fine.










🔥Spazio Autrice🔥
Non mi dilungherò troppo, ma vorrei davvero spendere due parole riguardo questo capitolo.
Abbiamo appena conosciuto una minuscola parte della storia di Curt. Lui è bello, ammaliante, intelligente, educato, ma il suo cuore non ha mai conosciuto l'amore. Eppure, quando i suoi occhi incrociano quelli di Mae, qualcosa in lui scatta. Tuttavia, c'è qualcosa che non va: Curt non riesce a comprendere quello che prova per lei e ha solo una certezza: quello che sente non va bene. Perché Mae è la figlia di Brown, ne ha passate tante e merita la felicità.
A questo punto, ditemi voi: credete davvero che esista un modo giusto o sbagliato di amare qualcuno?✨ (Sono curiosa di leggervi tra i commenti.👀)
Ad ogni modo, Curt ha ancora tantissimo altro da raccontarci e, a poco a poco, avremo modo di snocciolare la sua storia e il suo personaggio per bene, comprendendo fino in fondo ciò che prova e tutto quello che farà in futuro.
Tenetevi pronti, dunque, anime coraggiose: questa storia non sarà per i deboli di cuore...😈✍🏻










🌬IG (Instagram): @anitrammindstorie

Continue Reading

You'll Also Like

561K 16.4K 64
Quando Ryan Allen entró al Roxy Bar, Nicole non aveva ancora idea di cosa il destino avesse in serbo per lei. Il suo più grande segreto nelle mani de...
Sweet Hell By enJoy

Teen Fiction

128K 4.5K 60
Kyla ha sempre avuto una vita ordinaria, niente di nuovo. Sempre i soliti quattro amici, esce una sola volta a settimana, a detta di tutti: una pall...
587K 23.8K 41
"Uno novembre. Ore zero quattro e sette di mattina. Il soggetto è esausto, sembra delirante. Si muove con lentezza nell'ombra, non reagisce agli stim...
2.1K 160 10
Gli ultimi anni di liceo Alyssa May non li ha superati facilmente . Ora che si è trasferita in California dovrà affrontare il primo anno di college...