65-PT2, Tu sei la mia poesia.

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Mercoledì 14 aprile 2021, ore 16.45, Londra.


Harry aveva gli occhi chiusi.

Il gomito era poggiato sopra la fenditura del finestrino calato, la testa adagiata sull'avambraccio.

Non poteva vedere nulla, ma riusciva a sentire ogni cosa: il rumore asciutto degli pneumatici di altre auto sovrastato dal rombare delle motociclette che avanzavano al loro fianco sull'asfalto, il suono delle voci di persone sconosciute che parlavano, ridevano, litigavano, giocavano tra loro; il trillo fragoroso dei clacson e quello petulante dei cellulari, le acute strilla dei bambini troppo vivaci, quelle stanche dei genitori arrabbiati, il latrare dei cani, il cinguettare degli uccelli, il soffio del vento che sussurrava nelle orecchie e arruffava tutti i capelli, gettandoli disordinatamente davanti al viso.

Sentiva il rimbombo del suo cuore, e l'emissione appesantita del respiro di Niall, che negli ultimi minuti aveva intrapreso diverse svolte nel mezzo del percorso che stava seguendo. Lo sapeva, perché aveva udito il ticchettare dell'indicatore di direzione, e anche perché era stato sballottato da tutto quello sterzare, e aveva dovuto reggersi con le dita al manico della portiera per non spostarsi.

Quando la vettura arrestò la marcia, avvertì un molesto senso di nausea espandersi dallo stomaco alla gola, dovuto alla repentina assenza di moto.

«Harry?» lo chiamò, scuotendolo. «Stai dormendo?»

«No...» sospirò, riappropriandosi della vista mediante il sottile taglio delle palpebre schiuse. Puntò prima lo sguardo sui suoi stessi piedi, poi sul viso del ragazzo. «Che ore sono?»

«Siamo perfettamente in tempo» rassicurò l'altro, tirando un'occhiata al Rolex. «Vai pure, io ti aspetto qui».

Harry però non se ne andò: si accomodò invece sul sedile e ruotò il busto per guardare l'amico. «E se non ci fosse?»

«Oh cazzo... no» lo ammonì l'altro, puntandogli un dito contro. «Non ti permetterò di diventare paranoico, adesso».

«Ma se non ci fosse?» insistette, agitandosi sul posto e trascinando due ciocche dietro le orecchie. «Se avesse dimenticato la nostra promessa? Se non la ritenesse importante?»

«Harry... guardami negli occhi» ordinò, agganciando una mano alla sua mascella per avvicinarselo, fino a che le due fronti non premettero una contro l'altra.

Per qualche secondo, non fecero altro che guardarsi con due espressioni molto serie e accigliate.

A essere onesti, Harry non aveva la minima idea di cosa stessero cercando di fare.

E non doveva averla nemmeno Niall, perché quell'espressione seria e accigliata tramutò in un enorme sorriso, e quell'enorme sorriso sfociò in una lieve, gutturale risata.

«Ascoltami bene, Cuppy» disse, accarezzandogli una guancia col pollice. «Se Louis non dovesse presentarsi, giuro che andrò a cercarlo ovunque si trovi per prenderlo a calci nel culo».

Harry espirò una risatina dalle narici, scosse la testa e abbracciò il corpo del ragazzo, per affondare col mento nell'incavo del suo collo.

Niall ricambiò la stretta, e abbandonò una guancia sulla sua spalla. Rimasero in quella posizione per un minuto, circa. Non parlarono, non provarono a muoversi, evitarono persino di fare respiri troppo profondi, pur di non disturbare l'altro.

Il sole si riversava caldo sulla pelle, e la città si era zittita tutta di colpo. Anche Londra voleva dimostrare loro quanto rispetto e quanta ansia nutrisse, quanto impazientemente attendesse.

St. Mary Jane PARTE 1-2 [Larry Stylinson]Where stories live. Discover now