37-PT2, Non voglio che tu cada insieme a me.

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Sabato 17 ottobre 2020, ore 05.09, Holmes Chapel, casa Styles, dimora principale, stanza di Harry.


Sentì un freddo improvviso. Uno spiraglio debolissimo di luce arrivò a ferirgli la pupilla, nel momento in cui Gemma sollevò la coperta dentro la quale si era rintanato fino alla testa, per insinuarvisi anche lei.

Harry si tolse subito le due cuffiette dalle orecchie, e nella tenebra più totale allungò una mano per cercare sua sorella.

«Ehi» sussurrò questa, avvicinandoglisi per abbracciarlo e posare morbidi, innumerevoli baci sulle sue guance.

Anche se non riusciva a vederla, sapeva avesse pianto: lo capiva dall'arrochimento della sua voce, dall'umidità che si portava sul viso, e da come tirasse continuamente su col naso.

«Come ti senti?»

«Sono io a dovertelo chiedere» sussurrò a propria volta. «Mi sento uno stronzo per averti lasciato fare questo...»

«Tu non mi hai lasciato fare niente, sono io che prendo le mie decisioni» affermò l'altra, questa volta alzando il tono di voce. «Perciò ti chiedo ancora: come ti senti?»

«A pezzi» ammise, tirando un profondo sospiro. «E tu?»

«Anch'io» rispose Gemma. «Non posso credere che stia vaneggiando fino a questo punto» continuò a parlare, riferendosi chiaramente a Leonard. «Voglio dire, lo so che perdere la mamma è stata una bella batosta anche per lui e che questa cosa lo ha cambiato nel profondo, però...» fece una piccola pausa, prima di aggiungere: «Non pensavo potesse mai arrivare a questo».

«Che cosa ti ha detto?» chiese, timoroso e desideroso di udire la risposta, al tempo stesso.

«Niente» tagliò corto.

«Quindi cose orribili».

«E' fuori di testa» si limitò a dire l'altra, senza confermare né smentire la sua tesi. «Sul serio, io credo abbia perso la ragione... forse sarebbe il caso di convincerlo a iniziare una terapia».

«Forse è quello che dovremmo fare tutti...» osservò Harry. «Forse avremmo dovuto farlo dall'inizio».

«Il punto è che noi siamo i suoi figli» proseguì l'altra, evidentemente troppo infuriata per concentrarsi su altro. «Dovrebbe avere più rispetto per noi».

«Mi odia?» domandò Harry, anche se quella domanda gli costò molto coraggio.

«No...» mormorò lei. «No, non ti odia... lui crede di aver fallito come padre».

«Di aver fallito perché sono gay?» chiese. L'altra non disse nulla, e quel suo silenzio poteva già considerarsi una chiara risposta.

Harry strisciò sulle lenzuola per avvinghiarsi più forte a Gemma, perché la consapevolezza che suo padre lo detestasse lo induceva a disprezzare se stesso, e soltanto tra le braccia di sua sorella riusciva sentirsi un po' meno miserabile.

Se avesse potuto, avrebbe fatto qualunque cosa pur di compiacerlo, di renderlo felice, orgoglioso e soddisfatto. Avrebbe fatto carte false pur di dimostrargli che il figlio da lui cresciuto esisteva ancora, perché non era mai andato via.

Ma non sapeva come farlo.

Tutto ciò che sapeva fare, in quel momento, era stringersi a Gemma.

«Harry?» lo chiamò questa.

«Mh?»

«Io non ti lascerò mai solo».

Harry accartocciò il viso per sforzarsi di contenere le lacrime. Fu grato soltanto del fatto che l'altra non potesse vederlo, perché era davvero stanco di piangere.

Era stanco, stanco, stanco di stare così male.

«Mi hai sentito?» domandò la ragazza.

«Sì» si affrettò a rispondere. «E sinceramente, questa cosa mi fa paura».

«Perché?»

«Perché vuol dire che se cado io cadi anche tu».

Gemma si limitò ad accarezzargli la schiena, però non rispose, e anche se era tutto buio e non poteva saperlo, Harry aveva la certezza che avesse calato le palpebre. Allora aggiunse: «Non voglio che tu cada insieme a me».

«E se io volessi farlo, invece?»

«Perché?» domandò, con la voce troppo aspra. «Perché dovresti volerlo fare?»

«Perché sei il mio fratellino minore» spiegò lei, «e ho il dovere di prendermi cura di te».

Dovette impegnarsi a trattenere le lacrime e la risata tutto insieme, perché proprio non riusciva a capacitarsi di come sua sorella potesse essere tanto testarda.

Però non fu in grado di sopprimere nessuno dei due impulsi, e tra le lacrime disse, ridendo: «Sei nata esattamente due minuti prima di me».

«Prima» ribadì lei, attribuendo molta enfasi a quella parola. «Il che vuol dire che sono più grande, giusto?»

«Giusto» si arrese.

«Non pensare mai più di essere sbagliato» mormorò Gemma dopo un breve silenzio. «Né di dover cambiare per qualcuno, anche se quel qualcuno è nostro padre. Sei perfetto Cupcake, ed io non modificherei nulla di te... proprio nulla, nemmeno il tuo essere un perfettino rompicoglioni».

Nel mezzo del pianto Harry liberò un'altra risata, mentre l'altra gli asciugava amorevolmente il viso.

«Io ti seguirò ovunque, Harry».

«Suona un po' come una minaccia».

«Lo è» confermò lei. «Te ne accorgerai quando sposerai un bel biondino dagli occhi chiari ed io verrò con voi in luna di miele».

«Un biondino con gli occhi chiari?» chiese Harry, incuriosito.

«I ragazzi che ti piacciono sono tutti così» spiegò. «Capelli chiari, occhi chiari... e un gran bel culo».

«A tutti piacciono i culi rotondi, questa non è una grande rivelazione».

«E' vero» concordò l'altra. «Ma stiamo divagando adesso. Quello che intendevo dire è che qualunque cosa accada, tu avrai sempre me».

«E tu avrai sempre me» mormorò a propria volta, accarezzandole un braccio.

«Promesso?» domandò Gemma, cercando il suo mignolo nell'oscurità.

«Promesso» sorrise, attorcigliando quel dito al proprio. «Dormi adesso» sussurrò con premura. «E' tardissimo, e sarai sicuramente distrutta...»

«Solo se dormi anche tu» biascicò la ragazza, esalando uno sbadiglio.

«Resti a dormire qui con me?»

«E' divertente» rispose Gemma.

«Cosa è divertente?»

«Che tu mi stia facendo questa domanda. Perché non hai capito un cazzo: io non me ne andrò mai più, Cupcake».

Mentre la stringeva, Harry espirò una soffice risata dalle narici. Anche se aveva vissuto delle ore terrificanti e aveva camminato a piedi nudi sull'asfalto, trafitto dal gelo spietato della notte, ora si trovava al caldo. Sotto le coperte, fasciato dalle braccia della persona che più amava al mondo.

Una persona che per il suo bene era pronta a combattere con le unghie e con i denti.

Una persona disposta a seguirlo ovunque.

«Buonanotte, Cupcake» sussurrò, posandogli un piccolo bacio sulla punta del naso.

Harry chiuse gli occhi. Nel momento in cui sua sorella si voltò sul lato opposto, sistemò un braccio intorno alla sua vita e bisbigliò alla sua schiena: «Buonanotte, Gems».

St. Mary Jane PARTE 1-2 [Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora