CAPITOLO 17

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Non sono mai stata più contenta di ora e dire che mi sono svegliata con la luce del sole. Solo una cosa: Dov'è Piero? Non mi aveva detto nulla che sarebbe dovuto andare via...
La porta si apre e non ci credo, Piero con un vassoio e la nostra colazione, ok quanto posso non amarlo?
Mangiamo o meglio, io bevo il tè, lui la mia è la sua brioche e un cappuccino, è buffo quando mangia e spesso mi sono messa e ridere.
Ma può continuare tutto così, sarà sempre rose e fiori?
//parla Piero//
Abbiamo finito di mangiare, riporto il vassoio e nel mentre ritrovo il medico che ieri ha visitato Denis, ritornare nella sua camera con passo svelto e faccia inarcata, non promette nulla i buono.
•Le mie giornate sono vuote.
Sono bianche, come quelle i Dante quando non vide più Beatrice.
Non ho niente da dire, perché quando non c'è l'amore le parole finiscono.
Le pagine diventano bianche, manca l'inchiostro alla vita. •
Mi avvio verso di lui e lo blocco nel mentre di aprire la porta, voglio sapere.
•Questo era l'unico compito di greco che mi divertiva al ginnasio. Di alcuna parole prese dalle versioni dovevamo scrivere sul quaderno il significato è una parola italiana dedicata che ci aiutasse a ricordare il termine in greco. Così ho imparato bene due parole.
Leukos: bianco. Da questa deriva la parola italiana "luce".
Aima: sangue. Da questa deriva la parola italiana "ematoma" (grumo di sangue).
Se metti insieme quelle sue parole paurose ne viene fuori una ancora più terribile: leucemia. Così si chiama il timore che colpisce il sangue. Un nome che deriva dal greco (tutti i nomi delle malattie vengono dal greco...) e significa "sangue bianco".
Lo sapevo che il bianco è una fregatura. Come può essere il sangue essere bianco?
Il sangue è rosso e basta.
E le lacrime sono salate e basta•
Rimango fisso e fermo davanti alla porta, non può essere vero, perché lei, perché noi!
Non entrò con il medico ma poi decido di entrare in stanza per dare forza a Denis, voglio essere forte per lei, non voglio che sia sola, non voglio soffra, non voglio, punto e stop.
Lei reagisce molto male, il medico esce dalla stanza e lei si accuccia tra le mie braccia, io le do conforto le ripeto di esserci sempre, ma lei ha paura e sinceramente come posso biasimarla, dopo essersi svegliata dal coma ha avuto una notizia a dir poco spiazzante.
Arrivano anche i suoi genitori, la madre entra io invece esco e noto il padre, non gli vado in contro, mi limito a sedermi in una sedia e aspetto, con la faccia tra le mani, aspetto di stare ancora un po' con lei.
"Ragazzo non è colpa tua" la voce del padre mi sveglia dai miei pensieri
"Non voglio sua figlia soffra"
"Siamo d'accordo entrambi allora"
"Lei deve sapere una cosa, forse il medico non gliel'ha detto"
"Cosa vuoi dire?"
"Non ne sono certo ma, mi sembra, è terminale"
"Cosa vuoi dire?"
"Ancora un anno" rispondo io secco
Alle mie parole, lui sbianca, noto i suoi occhi farsi lucidi e poi lo vedo andarsene se non fosse che si gira e mormora "lei lo sa"
Io dissentisco con la testa
"Voglio passi questi giorni, questi ultimi giorni senza questa consapevolezza e che li passi nel migliore dei modi"
Lo vedo poi andarsene definitivamente; la madre esce dalla stanzetta chiede del marito e poi lo segue, io rientro, si ma con quale forza?
•Non lascerò che i saccheggiatori brucino i miei sogni e li riducano in cenere. Non lo permetterò a nessuno. Rischio di non rialzarmi più. Invece Beatrice ha bisogno di me e non di un cumulo lagnante di macerie. Non voglio dimenticarmi quello che ho scoperto. Non voglio perché è troppo importante, ma ho memoria scadente. Devo scrivere tutto, altrimenti dimentico. Forse l'unico modo di salvarmi dalla mia memoria è diventare scrittore.•

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