Capitolo 4

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"Diffidate dalle persone che puzzano
di perfezione,
perché la vita è fatta di
sbagli e ferite"
ANNA MAGNANI

«Senti, riportami alla festa» dico seccata.
«Dai ci fumiamo una canna e ti riporto a prendere l'auto. Va bene?» esclama Andrea.
Sbuffo e annuisco.
Noto che il suo cellulare continua a squillare ma lui non accenna a rispondere.
Resto imbambolata a guardare le piccole onde infrangersi sulla riva, è così buio che all'orizzonte non si vede nulla, mi immergo nel dolce suono dell'acqua e faccio un lungo respiro per provare a calmarmi.

«Allora, come mai ti sei trasferita qui?
Milano deve essere mille volte più bella» mi chiede lui incuriosito, accendendo il joint.
«Bhe, io e mia madre avevamo bisogno di una mano dopo la morte di mio padre e qui vivono i miei nonni materni,perciò...
Abbiamo affittato una casa vicino a loro, anche se non siamo in buoni rapporti» dico in tono quasi inespressivo.
«Oh, scusami non lo sapevo. Com'è morto tuo padre?» la sua espressione è un misto tra stupore e curiosità.
«Non mi va di parlarne» non ne ho nè la forza nè la voglia, sarebbe troppo doloroso rivivere quei momenti; non sono ancora pronta a farlo.
Nemmeno con me stessa.

La mezz'ora passa parlando del più e del meno; mi racconta a grandi linee la storia della sua famiglia e con enfasi narra dei suoi hobby e delle sue avventure da liceale.
L'erba comincia a farsi sentire nella mia testa come una mano pesante che mi accarezza.
Dopo l'ultimo sorso di Vodka faccio per alzarmi, con un po' di fatica, dicendo che è ora di andare ma lui con un cenno del capo mi fa segno di aspettare e si allontana per rispondere al telefono.

Non ha mai spesso di vibrare da quando siamo lì e mi chiedo cosa ci sia di così importante da dirgli per tartassarlo di chiamate in quel modo.
Non riesco a sentire cosa dice al cellulare ma capisco dal suo sguardo che è parecchio nervoso.
La tonalità del suo viso sembra cambiare ad ogni risposta data al cellulare, posso scorgerlo dai riflessi della luna sul suo volto incupito.

«Tutto ok?» chiedo, assumendo un'aria preoccupata.
«Forza, andiamo. Sbrigati.» esclama irritato.
Perché ora si comporta così?
Cosa sarà successo da farlo incazzare così tanto?
Dieci minuti dopo mi ritrovo nella mia auto intenta a ripartire.
Non vedo l'ora di tornare a casa e infilarmi sotto le coperte in completa e beata solitudine.
Pensavo di riuscire a trascorrere una bella serata, invece come al solito, quando ci sono di mezzo io si trasforma tutto in un fottuto casino.
Avevo proprio bisogno di rilassarmi, di non pensare a nulla per una sera, ma il destino sembra perennemente remarmi contro.
Come se non fossi degna di passare qualche ora in tranquillità.

Sento bussare sul finestrino e abbassandolo noto il volto di Axel.
Ubriaco fradicio,aggiungerei.
«Scusa per prima» biascica lui,con lo sguardo perso nel vuoto; una ventata di alcool mi fa storcere il naso.
«Lascia stare. Sei ubriaco» ribatto, inespressiva.
«Accompagnami a casa, non sono in grado di guidare e non ho voglia di farmi accompagnare da quei cazzoni» sorride spavaldo, con l'aria di chi ha il mondo ai suoi piedi e riesce a manovrarlo come farebbe un burattinaio.

Senza lasciarmi il tempo di rispondere si fionda in macchina e l'abitacolo si impregna di odore di Vodka misto a quello del tabacco.
«Vedo che non ho altra scelta» borbotto tra me e me.
Lo sento ridere mentre metto in moto l'auto.
Sento i nervi a fior di pelle, ma come diavolo si permette?!
«Non volevi solo scoparmi?» inarco un sopracciglio e lo guardo, cercando di assumere un'espressione arrabbiata; ma fallisco miseramente.
Rimane qualche secondo in silenzio, senza darmi la soddisfazione di ricevere una risposta sensata.
Questo ragazzo ha la capacità di farmi diventare una iena, lo prenderei a pugni se solo potessi.

«Ti indico la strada, grazie Met» fa lui,prima di sprofondare sul sedile del passeggero; senza degnarsi di rispondere alla mia domanda di poco fa.

Mentre guido ogni tanto il mio sguardo cade su di lui, è più bello che mai; qualche gocciolina di sudore è appoggiata sulla sua fronte, cosa che rende il suo aspetto più 'selvaggio'.
È davvero un bel ragazzo.
Nonostante riesca a farmi incazzare più di qualsiasi altra persona, è forse il ragazzo più bello che io abbia mai visto in vita mia.
Da quel poco che ho capito su di lui non deve avere un carattere facile; sembra uno di quelli che la vita ha deciso di torturare.
Quelli disegnati ad arte, quelli che sembrano gli angeli più belli del Paradiso.
E, al contempo, i demoni più affascinanti dell'Inferno.

Provo un certo imbarazzo ad averlo così vicino a me, è così dannatamente sexy e credo fermamente che molte ragazze pagherebbero oro per trovarsi al mio posto in questo istante.
Mi concentro sul suono dei suoi respiri, profondi ed irregolari; riesco a vedere il suo petto muscoloso fare ampi movimenti per poi richiudersi su se stesso.
Cerco di fotografarlo nella mente, di far mio ogni suo più piccolo particolare.

Solo ora mi soffermo a guardare il suo abbigliamento, così semplice ma perfetto addosso a lui.
Una semplice canotta nera sembra contornare perfettamente ogni tratto della sua muscolatura, mentre i tatuaggi lo rendono una vera e propria opera d'arte.
I pantaloncini di jeans fasciano alla perfezione quelle gambe sode da cui si intravedono altri tatuaggi, per la maggior parte nascosti sotto il tessuto dei pantaloni.

Alza lentamente la testa, osservandomi attentamente.
 «Che c'è ragazzina, ti sei imbambolata?»
«No, è che io...nulla lascia stare» sento le guance andare in fiamme mentre assumo un colorito rosso sangue.
Sposto lo sguardo tenendolo fisso sulla strada di fronte a me colta da un'enorme senso di imbarazzo.

L'inferno in noiWhere stories live. Discover now