Capitolo 70

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"La morte di un amico,
come la caduta di un pino gigante,
lascia vuoto un pezzo di cielo"
ALLEN R. FOLEY

"Amica mia,
è come se il mondo si fosse fermato insieme al tuo cuore.
È così difficile immaginare la vita senza di te.
Credevo che avessimo più tempo.

Ho sempre sognato e fantasticato sul mio futuro e, in ogni singolo momento, c'eri tu.
Invece la vita spesso è bastarda e, quel tempo che credevamo nostro, ci è stato strappato via esattamente come si strappa la brutta copia di un foglio.
Avevamo una vita da vivere insieme e ora, invece, tra le mani sento solo il vuoto incolmabile lasciato dalla tua assenza.
Un silenzio assordante che mi graffia l'anima, che mi lacera il cuore.
E la colpa è solo mia.
È colpa mia se tu non potrai mai più sorridere, se non potrai più fare l'amore, urlare dalla gioia o piangere dal dolore.
Vorrei tanto avere un tasto per tornare a quella sera, per poter cambiare il destino.
Invece l'unico tasto che mi è permesso schiacciare è il "Rewind", per rivivere tutto ciò che di bello abbiamo passato insieme e tutto l'affetto che mi hai donato.
Ricordi quando da piccole prendevamo i trucchi di mia madre e, dopo esserci agghindate e truccate come due minuscoli pagliacci, fantasticavamo facendo le prove del giorno dei nostri matrimoni?
O quando abbiamo fumato la prima sigaretta?
Ridevamo e tossivamo così tanto da avere le lacrime agli occhi.
Ci sei stata nei momenti più belli della mia vita e mi hai stretto la mano in quelli più bui, hai pianto e riso con me e non hai mai mollato la presa perché sapevi, in cuor tuo, che se mi avessi lasciata sola...sarei caduta.
Hai passato con me giorno e notte quando mio papà è volato in cielo, assumendo il ruolo di una seconda madre, di una sorella, di un'amica... della migliore amica che possa esistere.
E ora spiegami, ti prego aiutami a capire come poter andare avanti senza di te.
Non credo di farcela, so di non farcela.
Spero che davvero esista un posto migliore e che tu in questo momento sia lì, bella più che mai, a ridere facendo vibrare il cielo con la melodia della tua risata.
Sarai sempre con me, in ogni istante, in ogni situazione.
Mi manchi amica mia."

Miriam

La mano è poggiata sul marmo ghiacciato e mi chiedo se tu stia sentendo freddo in questo momento, un brivido mi percorre la schiena al solo pensiero e pagherei oro per poterti scaldare...per poterti abbracciare.
Almeno un'ultima volta.

Asciugo una lacrima solitaria mentre continuo a fissare la tua foto.
Sei così giovane per questo posto freddo, buio e austero.
Stringo un'ultima volta la lettera tra le mani, maledicendomi perché so perfettamente che non potrai mai leggerla.
La poso lì, incastrandola tra le mille rose rosse e bianche che Gennaro ha portato per te.
Ha provato anche lui a dirti addio, senza però riuscirci.

Me lo ha detto, sai Carla?
Mi ha detto che ti amava da morire e che continuerà a farlo con tutto se stesso.
Perché per lui, tu, eri amore.
Chiunque sia entrato a far parte della tua vita non riuscirà mai a dimenticarti.
Eri un'esplosione di solarità, di gioia e amore.
E ora sei solo aria, un'aria gelida, aria che ti accarezza e che punge in viso.

Una leggera pacca sulla spalla mi riscuote dai mille pensieri che attanagliano la mia mente.
«Andiamo,Miriam.
I suoi genitori vogliono passare un po' di tempo da soli con lei» Gianluigi mi stringe a sè facendomi arretrare di qualche passo.
Annuisco in maniera silenziosa e lentamente mi avvio all'uscita, scortata dal mio migliore amico.

I miei occhi incrociano quelli di Laura, la madre di Carla, che senza esitazione corre verso di me e mi abbraccia.
In quella stretta posso sentire tutto il dolore, il suo corpo trema tra le mie braccia.
«Miriam, Carla ti ha sempre voluto bene.
Eri come una sorella per lei e io e Paolo ci saremo sempre per te, sei come una figlia per noi» singhiozza in preda ad un'atroce sofferenza.

Ricambio la stretta, scoppiando in un pianto estenuante, per poi dileguarmi e lasciarle spazio per stare con sua figlia.
Una volta fuori di lì, mi fiondo tra le forti braccia di Gianluigi, cercando di acquisire un po' di forza dal suo affetto.

«Miriam» sento gridare da lontano.
Mi volto lentamente e lui è lì.
Axel è di fronte a me e mi guarda.

Lo fisso attentamente con incredulità mentre le mani tremano in preda agli spasmi.
D'istinto corro verso di lui e, senza lasciargli il tempo di aggiungere altro, gli tiro un sonoro schiaffo sulla guancia.
Ho completamente perso l'autocontrollo, non riesco a guardarlo senza provare odio nei suoi confronti.

«Cosa cazzo ci fai qui?» ghigno tra i denti mentre la rabbia mi annebbia la vista.
Porta una mano sul suo volto, esattamente dove l'ho appena colpito.
«Non mi hanno permesso di vederti in ospedale.
Miriam, mi dispiace.
Ti prego concedimi di starti accanto.
Ho bisogno di parlarti» la sua voce tremolante non provoca più alcuna emozione in me.

«Devi sparire da qui.
Non voglio averti davanti ai miei occhi, non voglio averti nella mia vita.
Voglio dimenticare il tuo nome.
Mi fai schifo» sputo fuori quelle parole con tutta la cattiveria che ho in corpo.
Non mi riconosco più.
Ho permesso a quest'uomo di cambiarmi, di distruggermi.
Lo odio.
Ma forse, la persona che realmente odio è me stessa.

«Miriam, ascoltami per favore» tenta di avvicinarsi a me, ma arretro immediatamente rifiutando il suo contatto.
«Non toccarmi» urlo, a voce fin troppo alta.

«Non può finire così.
Non può, cazzo» i suoi occhi sono lucidi mentre stringe i pugni lungo i fianchi e si frantuma in mille pezzi sotto il mio sguardo furente.

«Credo che dovresti andare» Gianluigi si frappone tra noi, proteggendomi come uno scudo umano.

«È già finita.
E stavolta dico davvero.
Non riuscirai più ad abbindolarmi con i tuoi giochetti malati.
Sei fuori dalla mia vita e non ci rientrerai più.
Ora vattene.
E soprattutto dimenticati di me» urlo, priva di qualunque tipo di emozione.

«Hai promesso che saresti rimasta.
E ora mi lasci, mi abbandoni.
Come hanno fatto tutti quanti» grida la sua delusione, dandomi la colpa ancora.
Come ha fatto sempre.

Una risata isterica fuoriesce dalla mia bocca mentre ascolto attentamente le sue parole.
«Anche tu hai promesso.
 Hai promesso così tanto che ho cominciato a crederci.
Mi hai uccisa con le tue promesse.
Sai qual'è la verità, Axel?
La verità è che tu meriti di stare solo, perché tutto ciò che hai tra le mani riesci soltanto a rovinarlo» pronuncio questo addio cattivo e pieno d'odio, per poi strattonare il mio amico per un braccio e costringerlo ad andare via di lì.

Cammino lentamente, pensando a come la mia vita sia uno schifo.
Una lacrima scende solitaria solcando il mio viso pallido e bruciando fin dentro le viscere.
Mi allontano da lì, guardando Axel un'ultima volta.
Stavolta anche lui ha perso.

Abbiamo perso entrambi.
Abbiamo perso tutti.
È finita.

L'inferno in noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora