Capitolo 42

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"Succedeva sempre così:
potevo scappare e riempirmi la vita
di sogni,
ma quando lei non c'era,
quando lei smetteva di sfiorarmi,
cazzo,
quando lei non mi sfiorava più,
io sfiorivo."
CHARLES BUKOWSKI

«Miriam, svegliati» sussurra qualcuno al mio orecchio, strattonandomi leggermente il braccio.
Lentamente apro gli occhi e impiego qualche secondo per realizzare che ci troviamo sotto casa mia.
Devo essermi addormentata durante il viaggio di ritorno.
«Vieni, ti aiuto ad alzarti» esordisce Edoardo, porgendomi la mano tatuata.

«Grazie per stasera» farfuglio, con voce impastata dal sonno.
«Possiamo ripetere quando vuoi, sono stato davvero bene» sussurra, incastrando le sue iridi smeraldo nelle mie.

Schiocca un sonoro bacio sulla mia guancia per poi far scivolare un'ultima volta il suo sguardo lungo tutto il mio corpo e dileguarsi.
Richiudo la porta alle mie spalle togliendo immediatamente i tacchi che hanno ormai reso i miei piedi gonfi e doloranti.
Sprofondo sul divano e, dopo aver rigirato per qualche istante il cellulare tra le mani, decido di sbloccare Axel.
E' inutile cancellarlo da uno stupido telefono se poi mi è impossibile cancellarlo dalla mia vita.

Il telefono inizia a vibrare incessantemente tra le mie mani, illuminando il display con una miriade di messaggi; tutti da parte sua.
Da parte del diavolo travestito da angelo.
La mia attenzione viene catturata dall'ultimo sms, un numero indefinito di caratteri scorrono sotto il mio dito mentre, prendendo un respiro profondo, inizio a leggere quella sorta di lettera.

"Ho sbagliato tutto con te.
Ho sbagliato a trattarti male, ho sbagliato ad approfittare di ogni tua parola dolce, di ogni tuo tocco, delle tue labbra sulle mie.
Ho sbagliato a pensare che io e te potessimo avere un futuro.
E di questo non te ne faccio assolutamente una colpa.
Non posso avere un futuro con te, se il futuro io neanche lo vedo.
Sarei la persona sbagliata per chiunque, piccola Met.
Non meriti questo, Miriam.
Tu meriti di trovare l'amore, quello vero.
Mi sono reso conto che io non potrò mai darti ciò che cerchi, perciò forse è meglio che sia andata così.
Sii felice e io sarò felice per te."

Una lacrima scende solitaria sulla mia guancia, bruciando come acido e riversandosi lentamente alla base del mio collo.
Credevo davvero in noi due, ero sicura che insieme saremmo riusciti ad uscire dall'oscurità.
Rileggo quelle parole, lascio che mi entrino dentro come veleno; ogni lettera si insinua nella parte più nascosta di me, mi prende a calci il cuore, mi strappa l'anima.

Non posso avere un futuro con te, se il futuro io neanche lo vedo.
Ha deciso di mollare la presa, ha preferito farsi sopraffare dal caos che regna nella sua mente e io non ho più le forze per salvarlo.
Ci siamo arresi, abbiamo lasciato che questo sentimento diventasse marcio, nocivo, tossico.
Le mie dita si muovono rapidamente sul display, digitando una risposta che non avrei mai voluto dargli.

"Ti auguro di riuscire ad aprire il tuo cuore a qualcuna un giorno, a una ragazza capace di farlo battere solo per lei.
Io non sono riuscita a farlo" 

«Miriam svegliati o farai tardi a scuola» grida mia madre, facendo il suo ingresso in camera mia.
Anche stanotte gli incubi hanno dominato il mio sonno rendendomi, per l'ennesima volta, schiava del dolore.

Continuo a cercare il mio demone dagli occhi blu nel lungo corridoio, nel suo solito posto, ma lui non c'è.
Ho sperato con tutta me stessa di sentire quelle iridi azzurre bruciarmi la pelle ma non è accaduto.
Lui non c'è ed è meglio così.
E' meglio così.

«Miriam» grida Edoardo, con la schiena poggiata sul suo Range Rover Evoque.
«Ehi, cosa ci fai tu qui?» domando, avvicinandomi a passo svelto.
«Bhe, sapevo che saresti uscita ora da scuola e ho pensato che potevamo pranzare insieme, sempre se ne hai voglia» alza lentamente gli occhiali da sole, poggiandoli sulla fronte madida di sudore.

Mi prendo qualche istante per osservarlo meglio, una tuta nera della Nike e una canotta bianca mettono in risalto il suo corpo muscoloso; i capelli neri sono meticolosamente tirati indietro e il piercing al sopracciglio brilla al contatto con i raggi del sole.
«D'accordo.
Ma non arriverò a Roma per mangiare un panino» ironizzo, portando una Philip Morris alle labbra.

Prendo posto sul sedile del passeggero e dopo circa quindici minuti intravedo un cartellone con su scritto "DA PAOLO"
Apro la portiera dell'auto iniziando lentamente a camminare in direzione di questa piccola, ma invitante, trattoria.

«Allora, hai più sentito Axel?» domanda, spiazzandomi.
«Abbiamo deciso di chiudere la nostra... bhe, qualsiasi cosa ci unisse» affermo, stampando un falso sorriso in volto.
«Meglio così.
E' una persona che merita di stare sola» risponde in tutta tranquillità, addentando una forchettata di carbonara.
«Come mai vi odiate così tanto?» 
Fissa il suo sguardo in un punto indefinito dietro di me mentre le sue iridi smeraldo sembrano prender fuoco.

«Non so cosa ti abbia raccontato su di me o sulla nostra famiglia.
Ma credimi Miriam, gli abbiamo dato tante possibilità.
Merita di stare solo, perché distrugge qualsiasi persona gli stia attorno» sussurra, digrignando i denti a tal punto da far scattare la mascella.
Vorrei rispondere, provare a difendere Axel anche se non lo merita; ma non posso farlo.
Io non conosco la sua vera storia, non ha mai ritenuto opportuno rendermi partecipe della sua vita.

«Ora non roviniamoci il pranzo, ok?» esclama, assumendo un tono di voce pacato.
«Questo sabato che fai?» chiedo, cercando di smorzare la tensione.
«Vado in spiaggia ad Ostia» respira profondamente, avvicinandosi di qualche metro al mio viso.
 «Con te»
I miei occhi restano incastrati per qualche istante nelle leggere striature di giallo che si insinuano nelle sue iridi smeraldo creando un gioco di colori strabiliante.
«E sentiamo, ora decidi tu per me?» rispondo, assumendo un tono di sfida.
«Passo a prenderti sabato mattina.
Qualche problema, principessa?»
«Credi di corrompermi chiamandomi principessa?
Serve molto altro per farmi cedere» biascico, senza mai interrompere il nostro contatto visivo.
«Vieni e vedrai che sarò in grado di offrirti tutto ciò che ti serve, principessa» con la lingua traccia il contorno delle sue labbra per poi incrociare le braccia al petto in attesa di una risposta.
«D'accordo.
Mi hai convinta»

Le giornate trascorrono inesorabilmente lente, soprattutto ora che Axel è tornato a scuola.
Non mi degna di uno sguardo, cerca in tutti i modi di evitarmi e questo fa dannatamente male.
E' così strano non parlargli, non toccarlo e non potermi immergere in quegli occhi azzurri come l'oceano.
Meglio così.

Nella vita è giusto lottare, bisogna provarci sempre e farlo in qualsiasi modo, con qualsiasi mezzo a disposizione.
Lottare si, ma per qualcosa che alla fine si può ottenere.
E' inutile battersi con le unghie e con i denti per ciò che non sarà mai tuo, che non ti apparterrà mai.

«Mi stai ascoltando?» grida Carla, battendo energicamente una mano sul banco.
«No, scusa.
Pensavo a quale costume indossare sabato» mento, sorridendo forzatamente.
«Quindi alla fine hai deciso di andarci?
Vai al mare con un perfetto sconosciuto?» civetta, disegnando due virgolette in aria con le dita.
«Non è uno sconosciuto, è il fratello di Axel.
E si, ci vado» la rimbecco, avvertendo una lieve stilettata al cuore.
«E Axel questo lo sa?» domanda, puntando lo sguardo sul demone dagli occhi blu seduto poco distante da noi.
«No, non lo sa.
Non credo che gliene importerebbe comunque» sussurro, posando i miei occhi su quei capelli nero corvino.

Ormai è sabato e, dopo aver passato circa un'ora a scegliere il giusto costume, ho optato per un bikini leopardato.
Lego i capelli neri in una coda alta, indosso un vestitino adatto per il mare e prendo posto sugli scalini in attesa dell'arrivo di Edoardo.

«Buongiorno principessa» esordisce, porgendomi un caffè fumante.
Posa un bacio sulla mia guancia e, sedendosi accanto a me, inizia a sorseggiare la sua bevanda bollente.

Oggi è particolarmente bello, indossa una camicia a fiori che lascia intravedere il petto muscoloso, dei pantaloncini neri e i Ray-Ban scuri appoggiati sulla capigliatura perfetta.
I suoi occhi sono puntati su di me, li sento bruciare ogni lembo della mia pelle come lava infuocata.

«Avevi della cioccolata sul labbro» biascica, sfiorando delicatamente l'angolo della mia bocca.
Incastra i suoi occhi nei miei mentre, lentamente, porta il pollice alle labbra e lo succhia in maniera provocatoria.


L'inferno in noiWhere stories live. Discover now