Capitolo 24

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"Siamo destinati per sempre
a stare in equilibrio
sul confine dell'eternità
senza il tuffo definitivo
nell'abisso."
EDGAR ALLAN POE

Le settimane trascorrono lente, ogni giorno è uguale al precedente e la noia sembra aver preso il sopravvento sulla mia vita.
Ogni weekend io e Carla torniamo a Milano, lei per vedere il suo grande amore e io per riempirmi lo stomaco di birra assieme al mio migliore amico.
Axel non mi ha più cercata; non uno sguardo, non una parola da parte sua.
A scuola siamo seduti vicini ma è come se ai suoi occhi fossi diventata trasparente.
Ho dovuto cacciare le parole di bocca ad Andrea, ma alla fine ha ammesso che Axel si sta divertendo con Mia e sembra non avere il minimo pensiero di me.
Fa davvero male.
Fa male dover ammettere che mi mancano le sue labbra, le sue braccia, la sua voce.
Mi manca, a volte più dell'aria, ma devo imparare a respirare senza di lui.

Sogno ogni singola notte le sue labbra.
Riesco a sentirle sfiorare ogni centimetro del mio corpo.
Il sogno malsano di lui e della sua bocca mi costringe a svegliarmi ogni mattina con le mutandine bagnate e il cuore in mille piccoli pezzi.

Seguo la mia routine come se fossi ormai entrata in un circolo vizioso da cui mi è impossibile uscire.
Mi preparo svogliatamente per andare a scuola, optando per il solito outift e le mie amate Globe nere ai piedi.
Carla, puntuale come sempre, mi aspetta fuori casa nella sua 500 rossa fiammante.
Raggiungo la sua auto a passo svelto cercando di non ascoltare il mio corpo che mi grida letteralmente di tornarmene sotto le coperte.
Impieghiamo qualche minuto per raggiungere il bar situato accanto alla scuola.
Prendiamo posto ad un tavolino un po' appartato e mi soffermo qualche istante ad osservare gli interni del locale.
La sala è molto luminosa e sulle pareti spiccano vari graffiti di diversi colori.
E' un locale frequentato prevalentemente da giovani studenti e i proprietari hanno svolto davvero un ottimo lavoro, rendendolo un luogo piacevole in cui passare il tempo prima di entrare in aula.
Ordino il mio solito caffè macchiato cercando di rimanere concentrata sul discorso di Carla.
Credo di aver perso il filo del discorso circa dieci minuti fa, blatera di qualsiasi cosa e a quest'ora del mattino mi è davvero difficile starle dietro.
Un brusio incessante mi costringe ad alzare la testa e spostare lo sguardo in direzione di quell'assordante chiacchiericcio.

I miei occhi fotografano la scena, stampandola nella mente e impedendomi persino di respirare.
Axel stringe Mia per i fianchi, blatera qualcosa sotto il suo sguardo ammaliato e la sua risata da gallina.
Si volta nella mia direzione, incastra i suoi occhi nei miei per poi stamparle un bacio sulle labbra.
Non mi toglie gli occhi di dosso, inizia a ruotare la lingua divorandole le labbra sotto il mio sguardo sconcertato.
Posa un mano sulla schiena seminuda di Mia, facendola scorrere lentamente verso il basso, fino ad arrivare al sedere; lo palpa, lo stringe senza interrompere il nostro contatto visivo.

Questo è davvero troppo.
Sento il cuore battere fuori dal petto, mi alzo rapidamente spingendo la sedia all'indietro provocando un'insopportabile stridio.
Senza neanche salutare la mia migliore amica corro verso di lui e lo spintono leggermente obbligandolo a spostare la sua attenzione su di me.
«Mi fai schifo.
Mi fai schifo, cazzo» grido, iniziando a battere dei forti colpi sul suo petto.
Sposto lentamente lo sguardo notando gli occhi di tutta la sala su di noi.
Mi sto letteralmente mettendo in ridicolo, dovrei vergognarmi.
Non mi importa.
Merita di essere trattato così, merita di capire come mi sento.
Sento le lacrime premere per uscire, le sento spingere violentemente ai lati degli occhi.
Prendo un respiro profondo ed esco velocemente da lì.

L'aria fresca mi sferza il viso mentre, non riuscendo più a trattenere una singola lacrima, inizio a piangere senza sosta.
Percorro qualche metro cimentandomi in una corsa sfrenata, ho bisogno di fuggire via da qui.
Una mano mi afferra il polso, stringendolo quanto basta per immobilizzarmi sul posto.
Mi volto lentamente e i miei occhi incontrano i suoi.
Cerco inutilmente di divincolarmi da quella presa ferrea.
Non dice nulla, non proferisce alcuna parola.
Mi strattona leggermente annullando la distanza tra noi per poi stringermi tra le sue braccia.
Il suo forte profumo di menta mi si infila nelle narici facendomi vacillare per qualche istante.

«Lasciami andare, cazzo» grido, cercando di liberarmi dalla sua presa.
«Tu non vai da nessuna parte, ragazzina» fa scorrere la lingua sul suo labbro inferiore pronunciando quelle parole con voce roca e inespressiva.
Mi guarda negli occhi, mi scava dentro fino a raggiungere la mia anima.
Posa una mano sulla mia guancia iniziando ad accarezzarla dolcemente, bloccandomi il respiro. La sua mano scorre fino a fermarsi sulle mie labbra, le sfiora, le traccia con il dito come a volerle disegnarle.

Stringe con violenza le mie guance tra le sue mani per poi posare le sue labbra sulle mie e divorarle.
Mi marchia, racchiude la sua possessione all'interno di quel bacio.
Preme la sua lingua contro la mia bocca che, esausta, si schiude.
«Tu appartieni a me, ragazzina» sussurra, regalandomi aria preziosa.
Strattona leggermente i miei capelli, mi obbliga a farmi divorare dalla sua bocca.
La mia testa dice no, ma il mio cuore...
Fottuto cuore, si lascia ingannare dalle fiamme dell'inferno.
Schiudo nuovamente le labbra e lascio che quel bacio mi squarci l'anima.
Poi parleremo di tutto il resto, ma ora credo non ci sia bisogno di parole.
Ho bisogno di lui, ho bisogno di sentire le fiamme bruciarmi viva.
Se questo è l'Inferno...
lasciatemi morire tra le sue braccia.

L'inferno in noiWhere stories live. Discover now