Capitolo 56

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"Ci creiamo il nostro inferno
e poi
diamo la colpa agli altri"
CHARLES BUKOWSKI

Da quando ho appreso quella terribile notizia le mani non hanno smesso di tremare.
Non ho avuto il coraggio di chiamare Gianluigi; sarebbe stata una telefonata piena di futili raccomandazioni e consolazioni.
Le uniche cose di cui non ho bisogno ora.
Com'è possibile che una persona del genere sia già fuori dal carcere?
Ho voglia di piangere, di urlare; vorrei potergli strappare l'anima con le mie stesse mani.

Vago per strada in cerca di aria, mi manca il respiro e le lacrime premono per fuoriuscire dai miei occhi arrossati.
Cammino tra la gente senza nemmeno vedere i loro volti.
Le gambe si muovono da sole e ben presto mi ritrovo davanti casa di Axel, senza nemmeno accorgermi di aver camminato fino a lì.

Busso violentemente alla porta di casa: tre, quattro, cinque colpi; fin quando finalmente la porta si schiude davanti ai miei occhi.
D'istinto gli butto le braccia al collo e stringo forte la presa, cercando di incanalare tutte le orribili emozioni che ho dentro di me in questo momento, perdendomi in quell'abbraccio mortale.

«Met, cos'è successo?
Stai bene?» domanda, stringendo il mio viso tra le mani.
Mi stacco da lui e lascio che i miei occhi scivolino lungo tutta la sua figura, cercando di formulare una risposta.
«Allora?
Met, vuoi dirmi cosa cazzo succede?» scuote leggermente le mie spalle, incastrando le sue iridi azzurre nelle mie.

«Bhe, ecco...» balbetto, non riuscendo più a trattenere le lacrime.
«Andrea è uscito di galera, ora si trova agli arresti domiciliari » sussurro singhiozzando, mentre gocce salate cadono dai miei occhi riversandosi a terra.
«Non è possibile.
Cosa cazzo stai dicendo?» grida, una scintilla di rabbia illumina i suoi occhi.
Stringe i pugni lungo i fianchi serrando i denti; esercita una tale pressione da far scattare la mascella.

Afferra la mia mano, trascinandomi nuovamente sul suo petto.
Non parla, sfiora delicatamente i miei capelli condividendo con me tutta la rabbia e il dolore che riempie ogni millimetro del suo corpo, del mio corpo.
«Scusami, non sarei dovuta venire da te.
Non so neanche io perché mi trovo qui» balbetto, cercando di riacquisire un minimo di lucidità.

«Non dire cazzate Miriam.
Puoi venire qui quando vuoi.
Io ci sono.
E soprattutto devi stare tranquilla, perché se quel pezzo di merda prova anche solo ad avvicinarsi a te gli faccio saltare la testa» biascica, asciugando con il pollice una lacrima solitaria dal mio viso.

«Entra, ti offro qualcosa da bere» si scosta leggermente di lato per permettermi di entrare in casa.
Prendo posto sul divano, portando la testa tra le mani e strattonando in maniera disperata i miei capelli.
Credevo di star meglio, credevo davvero che le sedute con la psicologa mi stessero aiutando; non avrei mai pensato che saperlo libero mi avrebbe distrutta in questo modo.
Chiudo gli occhi e respiro in maniera lenta cercando di regolarizzare il battito del mio cuore, ormai in subbuglio.
Appena lo faccio, però, mi tornano alla mente quelle mani schifose sul mio corpo, quell'orribile voce e quegli occhi dannati.

Mi alzo rapidamente iniziando a camminare in tondo per la stanza, sotto lo sguardo confuso di Axel.
«Dovrei andare» la mia voce è fredda e distaccata, vorrei soltanto scomparire in questo preciso istante.
«Tu non vai da nessuna parte!
Ti conosco e so che cercheresti anche stavolta di distruggerti.
Mi dispiace Miriam, ma non te lo permetterò» afferma con sicurezza, bloccandomi il passaggio per poi obbligarmi a riprendere posto sul divano.
«Gianluigi lo sa?» domanda, sedendosi accanto a me per poi porgermi un bicchiere di Whisky.
«No, non l'ho chiamato» bevo quel liquido ambrato in un solo sorso, beandomi del bruciore alla gola.

«Posso chiederti come mai?
Cioè, secondo me dovresti avvisarlo» cerca i miei occhi con lo sguardo, poggiando una mano sulla mia schiena e accarezzandola piano, come se potessi rompermi da un momento all'altro.
«Lo farò.
Non so perchè io sia venuta qui, è sbagliato» blatero, senza riuscire a formulare una frase logica.
Non lo so, non so perché sia venuta a cercare consolazione nell'unica persona da cui dovrei star lontana.

L'inferno in noiWhere stories live. Discover now