Capitolo 45

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"Che sia il migliore
o il peggiore dei tempi,
è il solo tempo che abbiamo"
ART BUCHWALD

Dopo vari tentativi Edoardo riesce ad alzarsi in piedi, la sua camicia è interamente sporca di sangue e il suo volto è tumefatto.
«Andiamo, ti porto a casa principessa» esclama, pulendosi il viso con il bavero della giacca.
«Non credo sia una buona idea, ci vediamo domani» rispondo, iniziando a camminare verso l'uscita barcollando.
Fortunatamente non mi segue, ho bisogno di riflettere sulle parole di Axel; ma soprattutto ho bisogno di una lunga dormita per tornare ad essere lucida.

Sposto lo sguardo sull'intero parcheggio pensando a come ritornare a casa, dannazione sono venuta in macchina con Edoardo.
«Miriam» sento urlare.
Mi avvicino cercando di mettere a fuoco l'immagine sfocata davanti a me quando, finalmente, capisco che è Axel.
Ha le braccia incrociate al petto, lo sguardo severo e anche lui è completamente sporco di sangue.

«Buon compleanno» afferma, il suo tono è pacato; quasi inespressivo.
«Ti sei fatto male?» balbetto, sentendo le guance prender fuoco.
«Scusa, Axel.
Io non volevo...» biascico, prima di essere zittita con un cenno della mano.
«Non voglio parlarne.
Non stasera» incastra le sue iridi azzurre nelle mie, trasmettendomi un'evidente scintilla di delusione.
Un forte capogiro mi costringe a portare una mano alle tempie doloranti mentre, il mio equilibrio precario, gioca brutti scherzi facendomi fortemente barcollare.
Le sue mani tatuate stringono forte la mia vita evitandomi di cadere rovinosamente a terra.

«Sali in auto, muoviti» biascica, facendo nervosamente scattare la mascella.
Obbedisco, prendendo posto sul sedile gelido della sua Mercedes SLK.
Dopo minuti interminabili trascorsi nel più imbarazzante silenzio finalmente raggiungiamo casa sua.
«Puoi dormire qui» afferma, indicando il divano in pelle situato al centro del piccolo salotto.
«Axel, fammi spiegare» supplico, abbassando lo sguardo colmo di vergogna.
«Sta zitta, cazzo.
Non voglio sentire neanche la tua voce» sbraita, fiondandosi in bagno per poi richiudere la porta alle sue spalle.
L'unico rumore udibile è lo scroscio dell'acqua proveniente dalla stanza adiacente.
Con fatica tolgo le scarpe e le lancio a qualche metro da me, sfilo il vestito restando seminuda su quel divano dal tessuto ghiacciato e, con movimenti lenti e scordinati, mi sdraio.  

Stare ad occhi chiusi si rivela alquanto difficile, la testa non smette di girare; mi sembra di stare sulle montagne russe.
Qualche istante dopo Axel esce dal bagno, un asciugamano nero copre la sua intimità lasciando però scoperto il suo petto muscoloso e tatuato, sul quale delle goccioline d'acqua si rincorrono scendendo lentamente lungo la sua pelle olivastra.
Con lente falcate raggiunge il divano in pelle, prendendo posto accanto a me.

«Allora, ti è piaciuto farti scopare da mio fratello?» domanda, stringendo con forza il mio mento tra le dita, obbligandomi a guardarlo.
«Io...bhe, non so cosa mi sia preso» sussurro, incastrando i miei occhi nei suoi.
«Che c'è, ragazzina?
Prima ti fai scopare e poi te ne penti?» un sorriso diabolico si stampa sul suo volto mentre, con la lingua, traccia il contorno delle sue labbra rosee.
«Ho fatto una stronzata, ok?
Tu sei l'ultima persona che può giudicarmi, Axel.
Non te lo permetto.
Me ne vado» provo ad alzarmi, ma  con uno strattone mi rimette a sedere.
Sale a cavalcioni sopra di me continuando a fissarmi con quelle iridi azzurre avvolte dalla rabbia e dal mistero.

«Ma che fai?» domando, tentando inutilmente di divincolarmi da lui.
«Shh, sta' zitta ragazzina.
Non te lo ripeterò più» sussurra, avvicinandosi pericolosamente alle mie labbra.
Brividi gelidi percorrono la mia spina dorsale appena il suo fiato caldo si schianta sul mio viso.
«È più bravo Edoardo o sono più bravo io a scopare?» domanda ancora, tracciando il contorno delle mie labbra con la lingua.
Il metallo del piercing sbatte freneticamente agli angoli della mia bocca scatenando una lotta all'interno della mia anima.
«Smettila, Axel» balbetto, cercando di assumere un tono severo.

«Che c'è, Miriam?
Hai bisogno di ricordarti come ti scopo per darmi una risposta?» trascina le sue labbra alla base del mio collo, iniziando a succhiare lussurioso ogni lembo della mia pelle candida.
«Per favore, Axel» biascico, cercando di riacquisire un briciolo di lucidità.

«È bravo quanto me a usare la lingua?» domanda, mordicchiandomi la clavicola.
Posa entrambe le mani sulle spalline del mio reggiseno, abbassandole in maniera lenta e tortuosa.
Guarda per qualche istante il mio seno nudo, leccandosi compiaciuto le labbra per poi strizzare con foga i miei seni tra le mani tatuate.
«Mi fai male» balbetto, avvertendo una lieve fitta di dolore.
«Shh, zitta» addenta un capezzolo, iniziando a leccarlo e succhiarlo con foga.
«Cosa vuoi fare?» domando, soffocando un gemito di piacere.
«Scoparti, fino a farti capire che hai fatto una gran cazzata» afferma, alzandosi rapidamente in piedi e facendo scivolare a terra l'asciugamano; rimanendo completamente nudo davanti ai miei occhi.

La visione più bella del mondo.
Dio deve averci messo tanto impegno a creare una perfezione del genere.
«Togliti le mutandine» prende la sua erezione in mano iniziando a muoverla su e giù, mantenendo lo sguardo fisso sul mio corpo seminudo.
«Non è il caso» lotto contro me stessa con un disperato bisogno di vincere questa guerra malsana. 
Un sorriso diabolico si stampa sul suo volto mentre con lente falcate si avvicina nuovamente a me, con l'aiuto di una mano allarga le mie gambe e, violentemente, strappa gli slip con un solo gesto.

«Axel...» biascico, sentendo l'eccitazione crescere smaniosa in me ad ogni suo movimento, ad ogni suo tocco.
Si inginocchia davanti alle mie gambe nude e, divorando con gli occhi la mia intimità, infila due dita dentro di me, muovendole ad un ritmo straziante.
«Allora, chi è più bravo con le dita?» domanda, agganciando i suoi occhi ai miei, aumentando ancor di più il ritmo delle sue scoccate.
Avvicina la sua bocca alle mie grandi labbra, iniziando a succhiare il clitoride gonfio, roteandola poi lentamente disegnando piccoli cerchi intorno ad esso.
Muove la lingua a ritmo con le dita, facendomi cadere nelle fiamme dell'Inferno.

«Non verrai così, "principessa"» afferma, scoccando una dolorosa frecciatina.
Sfila velocemente le dita e si posiziona sopra di me, strusciando la sua erezione eretta contro il mio pube.
Un gemito di piacere fuoriesce dalle mie labbra mentre, con una forte spinta, entra dentro di me.
Scocca spinte rapide, muovendosi in maniera rude, penetrandomi sempre più a fondo.
«Guardami, stronza» intima, schiaffeggiando le mie guance arrossate.
«Allora, chi scopa meglio?» domanda, spingendosi sempre più a fondo.
Posa due dita sul mio clitoride gonfio disegnando dei piccoli cerchi intorno ad esso mentre, muovendo i fianchi ad un ritmo straziante, scocca spinte sempre più forti. 

Stringo il tessuto in pelle tra le mani facendo diventare le mie nocche bianche mentre un potente orgasmo si impossessa di me.
«Tu...» biascico, roteando gli occhi dal piacere intenso.
Non ne ha abbastanza, vuole sempre di più.
Posa entrambe le mani sui miei fianchi, posizionandomi a carponi davanti a lui, per poi penetrarmi di nuovo con veemenza.
Poggia una mano sulla mia nuca, strattonandomi i capelli madidi di sudore.
«Axel, mi fai male così » urlo, combattuta tra il dolore e un intenso piacere.
«Sta zitta, cazzo» grida, aumentando il ritmo delle sue scoccate.
«Devi urlare, stronza.
Devi pregarmi di smetterla» biascica, rafforzando la presa sulla mia cute ormai dolorante.
Con una mano schiaffeggia il mio sedere, batte così forte da far diventare la pelle violacea.
Sposta la mano sul mio collo esercitando una forte pressione mentre, con ultime spinte assestate, raggiunge l'orgasmo riversando il suo seme caldo sul mio fondoschiena.

«Tutto bene?» domando, a corto di fiato.
«Allora, ti ho scopata per bene?
Ora rivestiti, alza il culo e vattene stronza» sbraita, battendo un colpo sul tavolino di vetro posto davanti al divano in pelle.

«Tu sei pazzo, porca puttana.
Non sono una delle tue puttanelle» urlo, avvicinandomi pericolosamente al suo viso.
«Ah no?
Da come parlava Edoardo sembrava di si» ride di gusto mentre, per l'ennesima volta, mi spezza il cuore.
«Sei un fottuto psicopatico» continuo a gridare, sentendo le lacrime premere violentemente per uscire.
«Hai ricevuto il tuo regalo di compleanno, ora vattene stronza.
Vattene, cazzo» afferra un bicchiere dal tavolino, scagliandolo con violenza contro la parete.
Osserva attentamente i pezzi di vetro sparsi sul pavimento mentre una risata diabolica fuoriesce dalle sue labbra rosee e gonfie.
Per la prima volta ho paura di lui.
Mi rivesto in fretta e con rapide falcate raggiungo la porta, voltandomi verso di lui per guardarlo.
«Vaffanculo» grida, spintonandomi fuori da casa sua.

«Sei uno stronzo» urlo, battendo un colpo sulla porta di legno per poi lasciarmi andare ad un doloroso pianto.

L'inferno in noiWhere stories live. Discover now