Capitolo 23

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"Chi crede nel destino
giustifica l'inerzia."
CICERONE

Rientro in casa esausta, priva di forze.
Sento la testa scoppiare e una forte pressione al petto mi impedisce quasi di respirare.
Tiro un sospiro di sollievo appena noto che mia madre non è in casa.
Decido di non accendere il cellulare, l'ultima cosa di cui ho bisogno in questo momento è leggere i suoi insulti.
Mi trascino lentamente in camera gettandomi letteralmente sul letto.
Non impiego molto tempo ad addormentarmi, ultimamente mi trovo meglio nel mondo dei sogni.
Mi lascio inebriare dai ricordi e dai desideri che scorrono nella mia mente, lascio che il passato mi culli tra le sue braccia donandomi una falsa speranza.

Delle urla giungono ovattate nelle mie orecchie, impiego qualche istante per realizzare che mia madre ha fatto il suo ingresso nella mia camera da letto e ha iniziato ad urlarmi in faccia.
Non ho nemmeno la forza di risponderle, l'ho delusa.
Ho deluso lei per passare del tempo con un ragazzo che, infine, ha deluso me.
Resto ad ascoltarla in silenzio fino a quando sbatte la porta alle sue spalle facendomi ripiombare nel silenzio più totale.
Allungo una mano verso il comodino afferrando il cellulare.
Premo per qualche secondo il tasto di accensione e resto in attesa.

Il telefono inizia a vibrare incessantemente tra le mie mani segnalando l'arrivo di circa trenta notifiche.
Scorro lentamente il dito sul display soffermandomi sull'ultimo sms ricevuto da Axel.
Clicco sopra di esso leggendone rapidamente il contenuto.
"Vaffanculo, per me finisce qui"
Una risata nervosa esce dalle mie labbra mentre il mio cuore piange.
Vorrei dirgli così tante cose.
Vorrei chiedergli, ad esempio, cos'è che deve finire se non siamo riusciti nemmeno a far cominciare qualcosa.   
Vorrei spiegargli che siamo persone troppo diverse, che ci siamo solamente illusi di poter curare l'uno le ferite dell'altra, che per un attimo ci ho creduto; ma ora non ci credo più.
Vorrei spiegarlo a lui tanto quanto voglio spiegarlo a me stessa.
Decido di non rispondere, ripongo il cellulare sul comodino e mi posiziono a pancia in su cercando di respirare a pieni polmoni.
È meglio così.
E' MEGLIO COSI'.
Tanto non avrebbe mai funzionato.

Ho un disperato bisogno di caffeina per superare la giornata, infilo velocemente i vestiti del giorno prima e raggiungo la cucina.
Mia madre è voltata di spalle così, senza dirle nulla, la abbraccio.
La conosco fin troppo bene e so che la rabbia le è già passata, lei non riesci a serbare rancore.
Le schiocco un sonoro bacio sulla guancia prima di prendere le chiavi di casa ed uscire da lì.
Decido di non prendere l'auto perciò, portando una sigaretta alla bocca, mi avvio a piedi verso il bar più vicino.
Sorseggio lentamente il mio caffè per poi iniziare a girovagare per negozi senza una meta precisa nel vano tentativo di spazzare via il pensiero di Axel dalla mia testa.
La giornata trascorre in maniera tranquilla, sono così concentrata a distrarmi che quasi ci riesco. Il problema sarà trascorrere la notte, maledetta notte.
Il cielo scuro che a molti porta consiglio, mentre l'unica cosa che riesce a regalare a me è un cuore dolorante e un cervello incasinato.

Ho trascorso la nottata nell'insonnia più totale, quella che ti recide l'anima costringendoti ad ascoltarla sanguinare.
Strofino chili di correttore cercando di nascondere le occhiaie nere come la pece che contornano i miei occhi stanchi e svuotati.
Il solo pensiero di dover andare a scuola mi comprime lo stomaco facendomi salire un forte senso di nausea.

Mi vesto rapidamente, optando per una maglietta nera e dei jeans skinny presi alla rinfusa dall'armadio.
Metto la borsa in spalla e bevo rapidamente il mio caffè bollente, scottando di tanto in tanto la mia lingua ormai insensibile.
Saluto mia madre scoccandole il solito bacio sulla guancia prima di uscire velocemente di casa.
Sono in ritardo, come al solito.

Trascorro gran parte del tragitto in preda al batticuore.
Spero con tutta me stessa di non incontrarlo oggi.
Richiudo con violenza lo sportello della mia auto e cerco di avviarmi il più velocemente possibile nell'aula, salendo gli scalini due alla volta.
Odio tremendamente entrare in classe quando la lezione è già iniziata.
Spesso accade e, ogni volta, mi trovo a dover fare i conti con gli sguardi di tutti i miei compagni di classe; il che mi mette alquanto in soggezione.

Le mie speranze vanno in frantumi quando, osservando l'ultima fila, intravedo il ragazzo di cui sono innamorata seduto al suo solito posto.
Resto imbambolata per qualche istante davanti alla sua bellezza.
Oggi è a dir poco meraviglioso.
Una canotta nera fascia il suo petto alla perfezione risaltando le sue braccia muscolose, è la prima volta che lo vedo indossare dei jeans e mi chiedo come mai non li metta più spesso.
Una piccola pulsazione tra le cosce mi costringe a serrare le gambe mentre, lentamente, trascino gli occhi sul suo volto.
Stringe una bic nera tra i denti mordicchiandola delicatamente, permettendomi di intravedere il piercing alla lingua.
Incastra i suoi occhi blu nei miei prima di coprirli con i suoi Ray-ban neri e voltarsi dall'altra parte interrompendo quel piccolo gioco di sguardi.

Questo è ciò che abbiamo deciso.
Bisogna porre fine ad un qualcosa che sicuramente non avrà seguito.
Ne sono convinta.
Al tempo stesso, però, mi chiedo come mai le mie mani tremino e il cuore faccia mille capovolte appena i suoi occhi mi divorano l'anima.

L'inferno in noiWhere stories live. Discover now