Capitolo 37

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"Sulla via per l'inferno
c'è sempre un sacco di gente,
ma è comunque
una via
che si percorre
in solitudine."
CHARLES BUKOWSKI

«Cosa voleva tuo padre?» domando, mentre i nostri corpi continuano a dondolare dolcemente.
«Nulla.
Voleva comportarsi da padre premuroso.
Cosa che non gli è mai riuscita!» sorride forzatamente distogliendo lo sguardo appena una scintilla di tristezza attraversa le sue iridi cristalline.

«Cosa vorresti dire?
Tuo padre non è mai stato presente per te?» domando ancora, sfiorando delicatamente il suo viso.
«Sono sempre stato una condanna per lui, Met.
 Non ha mai mancato occasione per ricordarmelo.
Qualsiasi cosa facessi rimanevo sempre e comunque il figlio sbagliato.
Non sarò mai all'altezza di mio fratello, secondo la scala di valori che si è creato nella sua testa» risponde, serrando i denti tra loro.

«Aspetta, tu hai un fratello?» strabuzzo gli occhi, risaltando l'enorme sorpresa che traspare dal mio tono di voce.
«Si chiama Edoardo, fino a due anni fa viveva anche lui qui.
Poi ha finito il liceo e si è trasferito a Roma per frequentare la facoltà di Giurisprudenza.
E' uno stronzo Met, sono felice che tu non abbia dovuto conoscerlo»
I suoi occhi assumono una tonalità scura soltanto nominando quel nome.

«Mi dispiace, Axel.
Tua madre invece?» sussurro, nella speranza che mi riveli quanto più possibile su di lui.
«Mia madre se n'è andata quando avevo 8 anni.
Non ci ha pensato due volte a scappare con il primo malcapitato di cui si è innamorata.
Il matrimonio tra i miei genitori è stato un puro accordo tra le loro famiglie, per mantenere un patrimonio cospicuo ma, quando mia madre si è resa conto di non poter cambiare mio padre e il suo essere violento, se n'è andata.
Sono anni ormai che non la vedo e che non rispondo alle sue telefonate» sputa fuori quelle parole come il peggiore dei veleni.

Ora capisco i suoi repentini sbalzi di umore, il suo essere così diffidente e a volte persino crudele.
D'istinto lo abbraccio, lo stringo a me così forte da stritolarlo tra le mie esili braccia.
Non deve essere stato facile per lui sentirsi solo per gran parte della sua vita.
Posa entrambe le mani sul mio viso, esercitando una lieve pressione sulle mie guance arrossate.
«Te la senti di parlarmi di tuo padre?» domanda, risucchiandomi l'anima con quelle iridi blu cobalto.

Annuisco, cercando dentro di me il coraggio di affrontare questo doloroso argomento.
«E' una storia lunga.
Fino a qualche anno fa eravamo la famiglia perfetta, tipo quella del Mulino Bianco.
Mio padre gestiva una grande azienda e mia madre dedicava tutto il suo tempo a me.
All'improvviso, però, gli affari hanno iniziato a girar male e l'azienda è finita in bancarotta, sobbarcandoci di debiti.
Mio padre è sempre stato un uomo forte.
Perlomeno è ciò che mi ha sempre fatto credere.
L'ho visto crollare giorno dopo giorno, i suoi occhi erano cambiati e la dolcezza che lo distingueva era sparita nel nulla.
Ha cominciato a bere sempre di più, era irriconoscibile.
Neanche mia mamma riusciva più a stargli accanto come un tempo.
Ricordo ancora il suono del campanello e i due carabinieri davanti la porta.
Mio padre ha avuto un grave incidente e dopo giorni di agonia in ospedale, se n'è andato per sempre»

E' la prima volta da quel giorno che parlo di ciò che è successo.
Le lacrime scendono sulle mie guance come acido e, dopo questa confessione, mi sembra liberatorio farle uscire.

«Non avevo idea che fosse andata così» sussurra, accarezzandomi dolcemente i capelli.
«Parliamo d'altro, ok?» abbozzo un sorriso sentendo il mio cuore scricchiolare a causa di quel terribile dolore.

«Non dovresti essere a scuola, Miriam? 
E tu chi sei?» domanda mia madre, facendo il suo ingresso in casa.
«Rosa, giusto?
Salve signora, io sono Axel» sorride imbarazzato, porgendole la mano.
«E cosa ci fai in casa mia, Axel?» mia madre incrocia le braccia al petto, altalenando lo sguardo tra me e il mio demone dagli occhi blu.
«Bhe Met, cioè Miriam non si sentiva bene.
 Così l'ho riaccompagnata a casa» balbetta, sfregandosi i capelli.
«E sentiamo, cosa saresti tu?
 Il suo medico?
Mio caro Axel, queste bugie le ho dette molto prima di te» risponde mia madre, scoppiando in una fragorosa risata.

«Ti unisci a noi per pranzo, dottore?» domanda mia madre, battendo due forti colpi sulla spalla di Axel che, ancora in evidente imbarazzo, accetta l'invito.
Mi fa ridere vederlo così a disagio.

«Mamma noi andiamo» grido, in direzione della cucina.
Saliamo in macchina e dopo qualche minuto ci troviamo nel nostro solito posto in spiaggia.
«Vieni con me, ti mostro un posto» afferra dolcemente la mia mano, iniziando a camminare nella direzione opposta.
Dopo circa dieci minuti di camminata mi ritrovo davanti uno spettacolo mozzafiato.
Una grotta circondata da acqua cristallina fa da protagonista illuminata dai caldi raggi del sole.

Sfilo rapidamente i vestiti per poi tuffarmi con lui in questa meravigliosa distesa di acqua salata.
«Sei la prima persona che porto qui.
Questo è il mio posto segreto» confessa, guidandomi per mano all'interno dell'enorme grotta.
«Wow, che onore!» rispondo, guardandomi attorno estasiata.
E' un posto incantevole, non sembra nemmeno far parte di questo mondo.

Mi cinge dolcemente in vita, trascinandomi vicino all'enorme scoglio alle nostre spalle.
Resta a fissarmi imbambolato, senza mai spostare lo sguardo dal mio corpo seminudo mentre, con la lingua, traccia il contorno delle sue labbra.
«Che c'è?» domando, osservandolo confusa.

«Sei stupenda, cazzo» mi stringe ancora più forte a sè, permettendo ai nostri corpi di aderire perfettamente.
Posa le sue labbra sulle mie regalandomi un bacio tutt'altro che casto.
Affondo le mie mani nei suoi capelli, tirandoli un pò e avvinghiandomi ancora di più al suo corpo muscoloso.
«Non dobbiamo farlo per forza» sussurra al mio orecchio, mordicchiandomi il lobo subito dopo.

Il mio corpo sembra prendere fuoco, lo desidero più di ogni altra cosa al mondo.
Non permetterò al pensiero di Andrea di rovinare questo momento, nè di rovinarmi la vita.

«Voglio farlo» rispondo, stringendo tra le mani la sua enorme erezione.
Geme ad ogni mio tocco, causandomi brividi gelidi lungo la spina dorsale.
Con un rapido gesto mi slaccia il reggiseno, pizzicando con due dita i capezzoli già turgidi.
Con l'altra mano invece si sposta verso il basso, tirando giù le mutandine e cominciando a sfiorare il mio punto più sensibile.
«Allarga le gambe, Met» ordina, guardandomi dritto negli occhi.

Mi prende per i fianchi e, sollevandomi, mi fa sedere sullo scoglio, poggiando le sue mani sulle mie gambe.
La sua lingua comincia a muoversi in maniera lenta e tortuosa sul mio clitoride, mentre con due dita mi penetra senza distogliere mai lo sguardo dalle mie iridi smeraldo.
«Vieni, Met.
Voglio sentirti urlare il mio nome» biascica, aumentando il ritmo delle sue scoccate con la lingua.
«Oh, Axel» grido, lasciandomi cadere nella lussuria più totale.

Mi solleva nuovamente, voltandomi subito dopo.
Posa entrambe le mani sul mio seno mentre, con una spinta assestata, entra dentro di me.
Inizia a scoccare spinte sempre più forti, mi palpa, strizza il mio seno, lo fa suo.
Ringhia sul mio collo mentre la sua bestia interiore mi divora il corpo e l'anima.

Senza il minimo sforza mi volta nuovamente nella sua direzione, penetrandomi ancora.
«Voglio guardarti negli occhi mentre mi strappi la ragione» ringhia, avvolto dalla lussuria più totale.
«Cazzo, Met» biascica, dando ultime assestate spinte contro il mio corpo ormai tremante.
«Guardami» grida, prima di lasciarsi travolgere da un potente orgasmo.

«Ormai sei mia.
Morirei se non fosse così» sussurra al mio orecchio, ormai completamente privo di fiato.

L'inferno in noiWhere stories live. Discover now