Capitolo 51

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"Chi ama
riesce a vincere il mondo,
non ha paura di perdere nulla.
Il vero amore
è un atto di totale
abbandono."
PAULO COELHO

Mi prendo qualche minuto per riflettere bene sulla risposta, cercando di ordinare i tasselli nella mia mente.

«Bhe, l'amore è quando non vedi l'ora di vederlo, di sentire la sua voce e di immergerti nei suoi occhi.
L'amore è quel bacio rubato, quella carezza che ti fa rabbrividire, è quella sensazione di felicità che ti avvolge quando sei con lui.
L'amore è quel sentimento che ti fa passare notti in bianco a pensarlo, che ti fa venire il batticuore e ti fa cedere le gambe quando lui è davanti a te.
È quel sapore che solo lui ha sulle labbra, quel profumo che ti blocca il respiro, quel timbro di voce che riconosceresti tra mille.
L'amore è il suo tocco gentile, ma anche quello burbero con cui ti rende sua e sua soltanto.
Ma l'amore è anche dolore, sofferenza, rabbia e delusione.
È quando lui ti riempie di belle parole; per poi strapparti l'anima.
È quando credi che con lui davvero potresti trovare la felicità che tanto hai cercato, ma poi ti rendi conto che non è così.
L'amore è quando lo vedi cadere a pezzi e tu, cadi a pezzi insieme a lui.
A volte l'amore è quel sentimento malsano che ti spinge a soffrire pur di restargli accanto, che ti fa credere di poter curare le sue ferite, di poter abbattere i suoi demoni.
E ti ritrovi lì, da sola, a combattere contro un mostro troppo più grande di te.
Ti spezzi, ti rompi ad ogni sua parola sbagliata, ma puntualmente ti ritrovi ancora lì a lottare con le unghie e con i denti pur di vederlo felice.
E se scopri che la sua felicità non è accanto a te, con grande dolore lo lasci andare.
Perché l'amore è anche questo; l'amore è saper lasciare andare»
Prendo un lungo respiro, torturandomi le dita tra loro mentre il suo ricordo prende a schiaffi la mia anima.

Dal giorno in cui gli ho volutamente detto addio in ospedale, ha rispettato il mio volere lasciandomi spazio e permettendomi di riprendere in mano la mia vita.
Ed è vero che ora sto meglio, ma un pezzo del mio cuore è e resterà per sempre suo.
È come se avendolo distante, io non riesca ad essere una persona completa.

«Wow, hai dato una grande definizione dell'amore.
Piuttosto realistica, direi» la dottoressa Emma picchietta la penna nera sulla scrivania, osservandomi dietro le sue lenti trasparenti.
«Per essere così giovane devo ammettere che hai saputo rispondere con gran coraggio.
 Ti va di raccontarmi a chi è dedicato questo discorso?» domanda, agganciando i suoi occhi nei miei.

«Non me la sento, mi dispiace» abbasso lo sguardo, cercando di assimilare aria preziosa. 
Il ricordo di lui mi strazia il cuore, mi costringe a domandarmi se sia stato giusto arrendersi.
«D'accordo, non preoccuparti.
È normale che tu non riesca ad esternare appieno queste forti emozioni.
Bene, direi che per oggi abbiamo finito.
Ci vediamo la prossima settimana.
Puoi andare» esclama alzandosi lentamente dalla sedia.

Mi catapulto fuori da lì e, lentamente, trascino lo sguardo verso il cielo azzurro, inspirando a pieni polmoni aria pulita.
Non ho voglia di tornare a casa.
Opto per la spiagga e, una volta arrivata, sfilo rapidamente le scarpe e mi precipito verso la riva. 
Le onde sbattono prepotenti sulle mie caviglie mentre, con lente falcate, mi addentro in questa distesa d'acqua azzurra.

Ultimamente passo la maggior parte del tempo da sola, non ho più voluto vedere nessuno, nemmeno i miei amici.
Ho usato questo tempo per dedicarmi a me stessa, ho ricominciato a leggere, ho trascorso ogni istante a fare ciò che più mi fa star bene.

Prendo posto sull'asciugamano ed estraggo il cellulare dallo zaino Eastpak.
Lo rigiro per qualche istante tra le mani e, dopo aver riflettuto per qualche minuto, scrivo a Gianluigi, dicendogli di tenersi libero per quel sabato.

Ormai manca soltanto qualche mese alla fine della scuola, dopodiché ci saranno gli esami e finalmente sarò libera da questo inferno chiamato liceo.
Ho sempre sognato di fare la scrittrice, ricordo ancora quando da piccola scrivevo temi su temi, inventavo storie di qualsiasi genere e con grande fierezza li facevo leggere al mio papà.
Ha sempre riposto grandi speranze in me, ha creduto a tutti i miei sogni più di quanto non lo abbia mai fatto io.
Quel dolce pensiero mi strappa un timido sorriso, mentre il mio sguardo è calamitato sulla bellezza del sole che riflette sull'acqua cristallina del mare.

Trascorro metà della giornata in spiaggia, non ho mangiato nulla e sto letteralmente morendo di fame.
Decido di far tappa al McDonald's qui vicino, ordino il mio solito Crispy McBacon e prendo posto su uno dei tavolini ad aspettare il mio amato panino.

All'improvviso sento una voce, quella voce che riconoscerei tra tutte e il mio cuore manca un battito.
Giro lentamente la testa e i miei occhi incontrano i suoi.
Restiamo a fissarci per qualche istante, imbambolati.
Lo vedo avvicinarsi con lente falcate verso di me, con una mano tra i capelli e un lieve sorriso stampato in volto.

«Miriam, ciao» posa il suo sguardo su di me, i suoi occhi blu bruciano la mia pelle candida.
«Ehi, ciao Axel» sento le guance colorarsi rapidamente di rosso mentre una forte vampata di calore mi costringe a boccheggiare.
«Come stai?» balbetta, in evidente imbarazzo.
«Tutto bene.
O almeno sto provando a far sì che torni tutto al proprio posto»
«Bene, bene.
Sono contento che tu stia meglio.
Tolgo il disturbo» biascica, sorridendo timidamente.
«Ah Met, un'ultima cosa.
Mi manchi» continua, prima di dileguarsi tra la folla.
A quelle parole il cuore mi scoppia nel petto, vorrei tanto dirgli che mi manca davvero troppo averlo accanto.

Mi mancano i suoi baci, mi manca tutto di lui.
Ma non ora, non è ancora il momento.
Finisco in fretta il mio panino e mi dirigo verso l'uscita, cercandolo con lo sguardo.
Dopo poco lo vedo seduto ad un tavolino insieme a quelli che presumo siano i suoi amici.
Mi prendo qualche istante per osservarli da lontano, ognuno di loro ride, scherza; mentre lo sguardo di Axel sembra assente.
È come se non fosse lì con loro.
Qualcuno batte un leggero colpo sulla mia spalla, obbligandomi a distogliere lo sguardo da quel demone dagli occhi blu.
«Gioele? Lars?
E voi che ci fate qui?» domando, altalenando lo sguardo tra i due.
«Miriam, come stai?
Non abbiamo più avuto tue notizie dopo quella sera» Gioele si avvicina schioccando un sonoro bacio sulla mia guancia, seguito con qualche difficoltà da Lars.
«Bene, ragazzi.
Scusate se vi ho fatto preoccupare» accenno un timido sorriso mentre cerco di placare il forte tremolìo alle mani scatenato dal solo pensiero di quella notte.

«Sono contento che tu stia bene.
Ci hai fatto prendere un bello spavento» afferma Lars, giocherellando con il piercing al lato del labbro.
«Ora devo andare, ci si rivede» balbetto, riportando lo sguardo su Axel.

Lui mi sta osservando, i suoi occhi blu mi immobilizzano sul posto, costringendomi a ricambiare quello sguardo magnetico.
Lo saluto con un cenno del capo ed esco dal fast food.
Estraggo una Philip Morris dal pacchetto e, dopo averla accesa, aspiro ampie boccate di nicotina, cercando di smorzare l'imbarazzo che colora le mie guance.

Il telefono vibra in tasca, segnalando l'arrivo di un messaggio da parte di un numero sconosciuto.
'Sei sempre bellissima.'
Intuisco all'istante la provenienza di quel testo e, nonostante io cerchi di mantenere la mia posizione, non posso fare a meno di sorridere.
Decido di salvare nuovamente il suo numero di cellulare, memorizzandolo come OCCHI BLU.

'Anche tu.' digito rapidamente, camminando in direzione della mia auto.
Impiego circa dieci minuti per tornare a casa, sono stanca morta.
Prendo posto sul letto, sentendo le palpebre farsi via via più pesanti.
 Gli incubi stavolta hanno lasciato posto ai sogni, un sogno in particolare.
Un bellissimo demone dagli occhi blu.

Maledetti occhi blu.

L'inferno in noiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora