Capitolo 64

310 43 23
                                    

"Vivere è morire,
perché non abbiamo un giorno
in più
nella nostra vita
senza avere,
al contempo,
un giorno in meno"
FERNANDO PESSOA

Apro lentamente gli occhi, cercando di mettere a fuoco tutto ciò che mi circonda; sposto pian piano lo sguardo sui vari oggetti sparsi per la camera, sbattendo le palpebre più volte per svegliarmi al meglio.
Il naso è ancora dolorante e tastandolo con le dita noto quanto si sia gonfiato.

Mi alzo dal letto e, lentamente, mi avvicino allo specchio per appurare che sia così.
Osservo la mia figura riflessa notando quanto effettivamente si sia ingrossato, un piccolo cerchio nero lo contorna creando un immagine a dir poco orribile.
Il display del cellulare si illumina annunciando l'arrivo di un messaggio, ce ne sono parecchi a dir la verità.

Scorro lentamente tutte le notifiche, ci sono tre chiamate perse da parte di Carla e un'infinità di sms da parte di Axel.
Sono molto arrabbiata con lui, troppe volte l'ho giustificato e capito; ma questo non gli concede il diritto di trattarmi male quando ho semplicemente bisogno che mi stia accanto.

Sbuffo ripetutamente cliccando sulla sua chat e leggo il solito messaggio di scuse che mi propina quando si rende conto di aver esagerato, schiaccio su 'cancella' e scorro nella rubrica per cercare il numero di Carla, aziono la chiamata e aspetto che risponda.

«Emme, cazzo.
Tutto bene?
Ho saputo cos'è successo stamattina al bar!
Perché non mi hai chiamata?
Dove sei ora?» grida Carla, quasi sfondandomi il timpano sinistro.
Mi riempie di domande senza nemmeno riprendere fiato; avrei dovuto immaginare che qualcuno le avrebbe raccontato la spiacevole situazione di questa mattina.

«Ehi, tranquilla.
Tutto bene.
Scusa se non ti ho chiamato prima, ma sono crollata.
Comunque sono a casa di mia madre, se ti va puoi passare» biascico, portando una mano alle tempie doloranti.
«Axel è con te?»
«No, sono sola» 
«D'accordo, dammi mezz'ora e sono da te» annuisco silenziosamente, chiudendo poi la chiamata. 
Ho bisogno di fare una doccia.

Lascio che l'acqua calda mi scivoli addosso e rilassi ogni centimetro del mio corpo.
Infilo una felpa nera e i miei soliti jeans skinny e attendo l'arrivo di Carla.
Dopo mezz'ora esatta il campanello suona, apro la porta e la mia amica si fionda in casa portando tra le mani due caffè d'asporto.

«Allora, vuoi dirmi cosa diavolo è successo?» accende una sigaretta, iniziando ad aspirare lunghi tiri.
«Non ho voglia di parlarne.
Penso che se lo facessi scoppierei a piangere.
Ti prego usciamo, andiamo a bere qualcosa» la supplico, sperando in cuor mio che la smetta di far domande.
«Va bene, ma appena te la sentirai dovrai raccontarmi tutto, per filo e per segno»

Decidiamo di prendere la sua auto e dopo circa dieci minuti ci troviamo di fronte ad un pub in cui non ero mai stata prima d'ora.
Ci sediamo al tavolino più appartato e ordiniamo due cocktail.
Mi guardo intorno apprezzando tutto l'arredamento moderno di quel posto, è adornato da piccoli oggetti di varie forme e colori posizionati in ogni angolo della sala e le pareti sono completamente nere.

Qualche istante dopo la cameriera ci porge le nostre ordinazioni per poi dileguarsi dietro il bancone.
Sorseggio il mio solito Vodka-redbull beandomi di quel sapore, era da un po' che non mi concedevo un cocktail assieme alla mia migliore amica e devo ammettere che ne avevo proprio bisogno.

«Come mai Axel non era con te quando ti ho chiamata?»
Carla mi scruta inarcando un sopracciglio, sorseggiando a sua volta il suo Gin-tonic.
«Voleva stare da solo.
Mi ha trattata di merda e ho deciso che per oggi non voglio sentirlo nè vederlo, tutto qui»
«Non dovresti prendertela più di tanto, ormai sai com'è fatto»
«Si, Carla.
Lo so, ma non sono il suo zerbino.
Non è colpa mia se Andrea non prova un minimo di vergogna per tutto ciò che mi ha fatto perciò non può prendersela con me, cazzo»

«Su questo hai pienamente ragione.
Quel pazzo di Andrea meriterebbe di stare sotto terra, non in un bar a parlarti come se nulla fosse» sussurra, indignata.
Decido di cambiare argomento chiedendole come va la sua relazione e lei comincia a raccontarmi di quanto sia fortunata ad avere accanto un ragazzo così dolce.

Ogni tanto sento il telefono squillare, Axel non si da per vinto; ma non lo faccio nemmeno io.
Rifiuto ogni sua chiamata e cancello ogni suo messaggio, cercando di godermi il più possibile questa giornata con Carla.
Siamo dentro questo pub da ore e dopo aver bevuto quattro o forse cinque cocktail siamo entrambe abbastanza brille, si sono fatte le nove di sera e il locale comincia a pompare musica di ogni genere ad alto volume.
Prese dall'euforia del momento ci buttiamo in pista ballando, se così si può definire, qualsiasi canzone.

Ad un certo punto sento qualcuno accarezzarmi la spalla e voltandomi noto con mio grande piacere che si tratta di Lars.
«Ehi, cosa ci fai tu qui?» urlo, cercando di sovrastare la musica.
«Potrei chiederti la stessa cosa.
 Io vengo spesso qui quando sono da queste parti.
Ma cosa ti è successo al naso?» domanda al mio orecchio, posando due dita sotto al mio mento per ispezionare al meglio il mio volto.
«Lunga storia»
Con la mano mi fa cenno di aspettarlo e, qualche minuto dopo, lo vedo camminare nella mia direzione con due drink.
«Alla tua!» grida, sbattendo il suo bicchiere contro il mio.

«Emme, dobbiamo andare.
Ho promesso a Gennaro che avrei dormito da lui stanotte» afferma Carla, posando un braccio sulle mie spalle.
«Se vuoi restare ti accompagno io, non preoccuparti» 
Accetto l'invito di Lars e, dopo aver salutato la mia amica, mi lancio nuovamente in pista.

Abbiamo entrambi alzato un po' il gomito e iniziamo a ballare in maniera sciocca e alquanto divertente.
Era da tempo che non ridevo così a crepapelle.
Parte un lento e Lars posa delicatamente le sue braccia attorno al mio collo, ondeggiando a destra e sinistra senza smettere un secondo di ridere.
«Dovremmo vederci qualche volta» sussurra, avvicinandosi al mio orecchio.
«Sono fidanzata con Axel, ma da amici certo.
Perché no»
«Ok, allora.
Amica mia» continuiamo a far finta di ballare, perdendo di tanto in tanto l'equilibrio e scoppiando a ridere ogni due miseri secondi.

«Che cazzo fai?
Sei proprio una stronza» riconosco immediatamente la voce di Axel alle mie spalle.
Mi strattona per un braccio e avvicina il suo viso al mio, guardandomi con aria truce.
«Ti sto scrivendo da tutto il giorno e tu che fai?
Balli e ti diverti come una fottuta puttana» grida, a pochi centimetri dalla mia faccia.
Istintivamente gli tiro un sonoro schiaffo in pieno volto.

«Come ti permetti a parlarmi così?
Io non sono una tua proprietà Axel.
E se voglio ballare con un mio amico, lo faccio» mantengo fisso il mio sguardo su di lui, prendendo il coraggio dall'alcool che mi circola nelle vene.
«Guardati, sei persino ubriaca.
Forza, vieni con me.
Ti riporto a casa» sbraita, strattonandomi nuovamente per un braccio e cercando di tirarmi via da lì.
«Axel calmati.
Stavamo solo ballando, amico.
Non c'è bisogno di trattarla così» Lars si frappone tra noi due, creando una sorta di barriera.

«Lasciami il braccio, cazzo.
Ce l'ho già un passaggio, puoi anche andartene.
Mi hai trattata di merda stamattina, avevo bisogno di te e come al solito mi hai lasciata sola. Perciò fuori dai coglioni» urlo, buttando fuori tutto il dolore di quell'orribile giornata.
Al suono di quelle parole il suo sguardo si indurisce ulteriormente , aumenta la presa sul mio braccio e si prende qualche istante per formulare una risposta.
«Ah fanculo.
Hai anche il coraggio di parlare?
Muovi il culo e torna a casa con me Miriam, immediatamente» stringe la mia mano, incastrando i suoi occhi nei miei; urlando furiosamente.

«Ne parleremo domani, Axel.
Sei troppo arrabbiato e non mi sembra il caso.
Ripeto, ne parliamo domani» mi sottraggo alla sua presa, abbassando lo sguardo.
Resta pietrificato per qualche istante, dopodiché sposta il suo sguardo su Lars.
«Prova a toccarla e ti faccio saltare la testa» Lars annuisce per poi dargli una leggera pacca sulla spalla.

Axel mi fulmina un'ultima volta con lo sguardo e, lentamente, si dilegua tra la folla.

L'inferno in noiOù les histoires vivent. Découvrez maintenant