Capitolo 22

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"Avevo tre sedie nella mia casa;
una per la solitudine,
due per l'amicizia,
e tre per la compagnia."
HENRY DAVID THOREAU

Le lacrime continuano a scendere senza sosta dai miei occhi mentre realizzo di essere rimasta sola nella stanza, senza auto e senza spiegazioni.
Mi riprometto ogni santa volta di non cascarci più e puntualmente accade.
E, puntualmente, io mi sento una completa idiota.
Afferro il cellulare tra le mani e cliccando velocemente i tasti sul touch screen, digito un messaggio e lo invio ad Axel.
Non ricevo risposta e questa snervante attesa mi sta letteralmente mandando fuori di testa.

Qualche ora dopo, finalmente, scorgo la sua figura appoggiata allo stipite della porta.
 E' completamente ubriaco, non riesce neanche a mantenersi in equilibrio.
Mi osserva divertito, mi fissa con quegli occhi iniettati di sangue.
Strappo le chiavi dell'auto dalle sue mani mentre un forte odore di rum mi costringe a storcere il naso.
La rabbia ribolle nelle mie viscere come acqua bollente, bruciando ogni singola briciola dei sentimenti che provo per questo demone dagli occhi blu.
Salgo velocemente in auto cercando di trattenere le lacrime; non gli regalerò la soddisfazione di vedermi piangere.
Non un'altra volta.

«Dove credi di andare?
Sai perfettamente che non ti libererai di me.
Tornerai sempre tra le mie braccia, stronza!» biascica fuori di sè, sbattendo entrambi i pugni sul cofano della mia auto.
Incastro i miei occhi nei suoi cercando di trasmettergli, attraverso un semplice sguardo, tutto l'odio che provo per lui in questo preciso istante.

Il tragitto si rivela alquanto insidioso, non riesco a smettere di piangere.
Non riesco a capacitarmi della mia stupidità.
Come ho fatto a cedere ancora una volta alle sue bugie?

Lancio violentemente il cellulare sul sedile del passeggero dopo aver impostato il silenzioso.
Non ha smesso di squillare da quando sono partita e la suoneria stava iniziando seriamente ad innervosirmi.
Il display si illumina per l'ennesima volta segnalando l'arrivo di un messaggio da parte di Axel.
Decido di non leggerlo, non ora; spengo il telefono e trascino nuovamente il mio sguardo sull'asfalto.
Guido per ore nel silenzio più totale, l'unico rumore udibile è il suono disperato dei miei singhiozzi.
E' finita, sono stanca di essere il suo giocattolo.

Dopo circa cinque ore incessanti di viaggio imbocco l'uscita per Montalto.
Rifletto per qualche istante sul tornare a casa o meno.
So che, una volta varcata la porta di casa, mia madre inizierebbe ad urlarmi contro; a dirmi che sono un'irresponsabile, che dovevo avvisarla prima di sparire per due giorni.
Avrebbe totalmente ragione, ma ora non riuscirei ad ascoltare le sue grida.
Accendo una Philip Morris e, dopo aver riflettuto per qualche altro secondo, decido di andare in spiaggia.
Parcheggio l'auto nel primo posto libero, prendo l'asciugamano dal portabagagli e sfilo rapidamente le scarpe.
Inizio a camminare sulla sabbia fredda guardando i miei piedi scomparire in quella polverina dorata, fino a raggiungere quello che sembra il posto perfetto.
Stendo il mio asciugamano a terra e prendo posto sopra di esso.
Respiro dal naso assorbendo l'aria salmastra, mi lascio dolcemente cullare dal rumore delle onde che si infrangono sugli scogli.

Chiudo gli occhi buttando la testa all'indietro, stringo le mani a pugni lungo i fianchi cercando di placare l'ansia che sta prendendo a pugni il mio stomaco.
Finalmente riesco a regolarizzare il battito del mio cuore e a farmi accarezzare dalla leggera brezza che si insinua tra i miei capelli corvino facendoli svolazzare nell'aria.
Ad un tratto una voce squillante simile a quella di un'oca che starnazza, mi costringe ad aprire gli occhi.
Mi volto lentamente in direzione di quel fastidioso stridio e vedo Mia.
Le sue braccia sono incrociate al petto mentre mi osserva dall'alto verso il basso con un'aria di superiorità stampata sul viso.
Lo stretto vestitino viola le stritola il corpo, facendo sembrare le sue curve più abbondanti di quelle che in realtà non sono.
Rigira una ciocca di capelli tra le mani mentre giocherella allegra con il piercing posto al lato del suo labbro rosso fuoco.
Dovrei essere superiore e non darle la soddisfazione di vedermi star male a causa sua.
Peccato che non ci riesco.
Mi alzo rapidamente dall'asciugamano giallo ormai in parte coperto dalla sabbia e, con lente falcate, cammino nella sua direzione
«Ciao piccola Met» esordisce, osservandomi con un ghigno malefico stampato sul viso.

«Non azzardarti a chiamarmi così» annullo la distanza tra noi, mi avvicino così tanto da riuscire a sentire il suo fiato caldo sbattermi in faccia.
«Che succede Met? Solo Axel può chiamarti così?
Ti da fastidio che qualcun'altro ti ci chiami?» posa una mano sulla mia nuca, strattonandomi lievemente i capelli.
«Mi fa schifo sentire quel nome uscire dalle tue labbra.
Diciamo che non amo avere il mio nome nella bocca di una puttana» sono completamente fuori di me, inspiro ed espiro dal naso senza distogliere lo sguardo dal mostro.

«Vuoi dirmi cosa cazzo succede tra te e Axel?» le urlo ad un centimetro dal viso.
La sua sudicia bocca si allarga in un gran sorriso mentre rafforza la presa sulla mia nuca ormai indolenzita.
 «Cosa c'è tra me e Axel?
Dovrei essere io a chiederti cosa c'è tra voi due.
Ah giusto.
Sei semplicemente il suo nuovo giochino, prima o poi ti butterà via.

Sempre che non lo abbia già fatto»

Avvicina le sue labbra al mio orecchio, ridendo a crepapelle.
«Una volta che si sarà stufato di te tornerà tra le mie braccia e io sarò ben lieta di accoglierlo»
Sento le mani pizzicare mentre assimilo quelle parole nella mia testa, nel mio cuore.
La mia parte razionale cede lasciando il posto a quella più rude, alla bestia che si cela in me.
Stampo con violenza il palmo della mia mano sul suo viso lasciandola interdetta.
«Tieniti Axel. Lasciati usare da lui, fatti scopare da lui.
Sta' lontana da me, anzi state entrambi lontani da me» grido a gran voce in preda ad una rabbia accecante.
Raccolgo l'asciugamano da terra e, senza neanche degnarla di uno sguardo, inizio a camminare rapidamente in direzione della mia auto.

Il mio solo obiettivo è quello di raggiungere il letto e sprofondarci sopra, con il semplice desiderio di scomparire definitivamente da questo incubo in cui io, con le mie gambe, ho deciso di catapultarmi.

L'inferno in noiWhere stories live. Discover now