Cliché parfait | 2020

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Luogo comune.
Morale sprovvista di favola.
Una tazzina di caffè
con uno schizzo di latte
e moralità.
Ambrose Bierce

Vacive si sforza di tenere gli occhi puntati fuori dalla finestra, concentrati sul cielo cinereo, nel sentire le dita di Fabio muoversi lentamente lungo la sua schiena, accarezzandole la colonna vertebrale con una delicatezza che quella notte non ha avuto.

«So che sei sveglia.» annuncia lui, dopo un po'. «Il tuo respiro è meno profondo.» continua, interrompendosi quando l'emiliana gira la testa. «È quasi surreale.» constata poi, parlando di loro, al che Vacive annuisce piano, mentre approfitta di quella posizione per studiarlo: il ciuffo spettinato dal sonno e dalla doccia di qualche ora prima gli ricade disordinatamente sulla fronte ma lui non sembra curarsene più di tanto.

È semidisteso sul letto, con la testa appoggiata sul palmo della mano sinistra e la parte superiore del busto non coperta dal piumone. Gli occhi scuri fanno su e giù sul corpo della ragazza, illuminato dal riverbero biancastro che proviene dall'enorme vetrata con vista sulla Tour Eiffel della camera d'hotel in cui hanno trascorso la notte.

«Non è normale che io voglia rimanere qui per sempre, vero?» mormora il più grande, continuando ad accarezzarla con la punta delle dita.
«È quasi marzo e tra pochissimo incomincia il campionato.» risponde lei, senza smettere di guardarlo. «Direi che, no, non è normale.»

«Quindi non pensi sia più divertente rimanere a guardare te, che iniziare la stagione?» le chiede, facendola sorridere. «Non fraintendermi, Tom che mi dà il pugnetto prima di salire in moto è fantastico, ma non è la stessa cosa.» ironizza.
«Tom non merita che gli spezzi il cuore così.» Vacive scuote la testa, fintamente contrariata.

Fabio inarca le sopracciglia, scettico, e si sposta verso di lei, fino a metterle le braccia ai lati del corpo ed il petto sopra la schiena. Lentamente si china a baciarle la testa dell'omero, l'acromion ed il margine della scapola, mantenendo le labbra su quel punto un po' più del dovuto. L'italiana ridacchia al suo tentativo di cambiare argomento, tornando a guardare la Tour Eiffel.

«Davvero?» lo prende in giro, subdola, sentendolo sorridere contro la sua pelle.
«A cosa stavi pensando?» sussurra il pilota, sulla sua schiena.
«A Diego.» sospira lei. «L'ultima volta che sono stata qui, eravamo insieme.»

«Siete ancora insieme, Ve. È semplicemente lì.» dice Fabio, indicando con un cenno sopra di loro.
«Già.» le labbra di lei si distendono in uno di quei sorrisi tristi che gli piacciono tanto e che le stanno paradossalmente bene: li sa indossare senza rovinare tutto, ricamando nella mente un dolce ricordo di malinconia indelebile.

«Vivo la maggior parte dei miei giorni senza pensare a lui, però ci sono momenti in cui si ripresenta e fa male. È una ferita che si riapre fin troppo spesso.» confessa, stringendo involontariamente il lenzuolo tra le dita fino a quando il francese le posa le labbra sulla parte bassa della schiena. «Fabio.» lo richiama, osservandolo ridere con la coda dell'occhio.

«Sono pessimo, lo so.» commenta lui, divertito, mentre si tira su.
«Stai fermo, ché ho freddo e tu mi scaldi.» ribatte la più piccola, trattenendolo per un braccio.
«Eviterò di fare battutine idiote solo perché sei tu.» la abbraccia, migliorando la situazione.

«Tu fai sempre battutine idiote, soprattutto se sono io.» borbotta Vacive, imbronciata.
«Come va?» domanda lui, ignorando la palese provocazione della rossa, che li copre con il piumone.
«Bene, molto bene.» l'italiana sorride. «Così bene che stranamente mi alzerei per dare inizio a questa giornata, se solo avessi voglia di alzarmi.»

«Che è più o meno il riassunto della tua vita.» il numero venti la punzecchia sulla coscia.
«Siamo in vacanza: ho bisogno di tempo.» si giustifica lei, appoggiando la testa sul cuscino. «E poi sono comoda.» cantilena, felice come una bambina che spacchetta il suo regalo di compleanno.

VulnérableWhere stories live. Discover now