Hauts et bas | 2018

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Yes, I said: «It's fine.», before,
But I don't think so no more
The Cardigans

«Mio padre era un dongiovanni qualunque che aveva messo incinta una donna qualunque ed io ero solo una bambina qualunque che non si distingueva per la simpatia, non spiccava per la bellezza, non eccelleva in nessuna delle cose che le dicevano di fare e, a dirla tutta, non aveva nessun sogno nel cassetto che la aiutasse a legare con gli altri bambini.» Vacive affonda le mani nelle tasche, incamminandosi verso la struttura in cui è rinchiusa sua madre.

«Il mio unico desiderio era che la vita smettesse di farmi così male, che la solitudine smettesse di importunarmi: il sottile filo che mi legava ai miei genitori non era mai stato saldo, né ci aveva messo molto a tranciarsi di netto. Quello che teneva insieme me e Diego, d'altro canto, era l'assenza di un appoggio genitoriale e la necessità di cavarcela da soli, per quanto avessimo i nonni.» racconta, notando con la coda dell'occhio che Fabio la ascolta in silenzio.

«La prima cosa che ricordo lucidamente della mia infanzia sono i litigi tra i miei genitori, curioso, eh?» sorride, mentre si allontana distrattamente dal viso una ciocca di capelli. «Penso che anche per questo litigare con le persone, seppur mi sbatta in faccia ricordi che cerco quotidianamente di soffocare, non mi tocchi più di tanto: sono nata imparando a fare a meno delle persone, o comunque ad ignorare i diverbi tra me e loro. Semplicemente, me ne frego.»

«Jaxon, qualche ora fa, mi ha detto che avrei potuto piangere per la rottura con Michele, perché la mia reputazione da dura non ne avrebbe risentito.» continua a narrare, provando a dargli un quadro il quanto più completo possibile di ciò che lo aspetterà alla clinica nel minor tempo possibile. «La verità è che io, se escludo Diego, non ricordo di aver pianto, nemmeno per il dolore fisico.»

«Quando mio padre se n'è andato, mia madre mi ha inculcato una lezione che non sono mai riuscita a dimenticare: il sangue tradisce il sangue e le lacrime non risolvono niente. Ho smesso di piangere prima ancora di avere un motivo valido per farlo, quando ho iniziato a distinguere le persone in due sole categorie, quelli che danno fastidio e quelli a cui non dare fastidio. Nella mia infanzia non c'era posto per gli amici, un po' perché non mi interessava averne, un po' perché a loro non interessavo io.»

«Io?» Fabio si indica, curioso di sapere in quale raggruppamento sia capitato. «Dove sono?»
«Tu dai fastidio.» Vacive scherza. «No, non è vero: nessuno, a parte te, Michele, perché ci sono cresciuta, e Gregorio, perché molto amico di Diego, sa nulla di me.» si sbilancia, soffermandosi per un attimo sul marmo del gradino che precede il portone di ingresso della struttura in cui entrano subito dopo. «Mi fa schifo riportare in vita queste cose.»

«Antonia!» l'inserviente si apre in un sorriso, sforzandosi di alleggerire l'atmosfera cupa che si porta dietro chi passa a salutare i pazienti. «Oggi è una giornata no!» esclama, sottolineando con enfasi quel no che, se al posto di Vacive ci fosse chiunque altro, sarebbe un convinto : per la ragazza, che vorrebbe vedere la madre presente a sé stessa fuori dalla struttura, è no quando la donna ricorda ogni cosa, dal momento che percepisce la madre molto più "in gabbia" di quanto non sia quando non la riconosce nemmeno.

«Quante belle notizie, oggi, Carletto!» la rossa si sforza di sorridere, attraversando l'ampia hall con passo felpato. «Lui è Fabio, un amico.» inclina leggermente la testa verso il francese, che rivolge un rapido cenno del capo all'inserviente.
«Mi astengo dal commentare perché penso che tu abbia capito.» Carlo alza un angolo delle labbra, divertito: deve avere una certa importanza questo amico, se lo porti a conoscere tua madre.

«Bravo, astieniti ché non fa mai male.» Vacive ridacchia, quindi conduce Fabio al terzo piano, percorrendo il tratto di corridoio che la separa dalla camera della madre quasi ad occhi chiusi, come un automa programmato per andare, ogni tot di tempo, esattamente lì. «Ti chiedo solo di assecondarla, nel caso in cui scelga di attaccare bottone. Così si deve fare con i pazzi, no?» scrolla le spalle con noncuranza, bussando leggermente ad una porta che apre prima di ottenere il permesso di entrare.

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