Abandon

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Il 14 luglio, la diciassettesima tappa del Tour vede Jonas Vingegaard tagliare il traguardo del Col du Portet in seconda posizione, davanti a Richard Carapaz, terzo anche in classifica generale, ma dietro a Tadej Pogačar, sempre più leader della Grande Boucle. Per il passista-scalatore danese, classe 1996, il podio finale è sempre più alla portata: dopo lo sloveno, è lui l'uomo di classifica più in palla del momento.

Il finale di tappa del giorno successivo, poi, sembra disegnato con l'ausilio della carta carbone. Luz Ardiden, fino al 1975, non esisteva. Non che adesso esista molto di più, a dir la verità: due impianti di risalita, un ristorante, un paio di pensioni ed una strada chiusa, dove tutto finisce, anche la tappa di oggi. Anche la fede.

Dove sorge la funivia, c'era un piccolo capitello votivo dedicato ad una santa che, per la Chiesa, manco esiste: Sancta Xaexhedia. Chi fosse, cos'avesse fatto e perché le avessero dedicato un capitello, non è dato saperlo. Comunque sia, a trionfare a Luz Ardiden è nuovamente Tadej, davanti a Jonas e Richard. In classifica generale i distacchi si dilatano appena appena. Per il resto, cambia ben poco.

A Libourne è il turno di Matej Mohorič, che precede di quasi un minuto Christophe Laporte e Casper Pedersen. Il gruppo Maglia Gialla? 21' di ritardo, altri 5' e Pogačar e compagnia avrebbero dovuto salutare il Tour per essere arrivati fuori tempo massimo. Vacive, dal canto suo, si domanda per un momento se sia normale che in Danimarca ci sia un numero così elevato di persone che si chiamano in quella maniera: tra k e c, è pieno di Casper ciclisti.

Lo stesso deve fare anche Mathieu van der Poel, dato che riprende il messaggio di qualche mese prima in cui lei lo sfotteva per aver perso contro Kasper Asgreen e le chiede quando Casper Pedersen sarà in grado di batterlo. L'olandese, a differenza dell'acerrimo nemico van Aert, ha lasciato il Tour allo scattare della nona tappa, il 4 luglio, in modo da avere tutto il tempo del mondo per preparare al meglio le Olimpiadi.

Il suo obiettivo? L'oro nella mountain bike. Ci crede così tanto che non prenderà parte nemmeno alla corsa in linea, senza contare il ritiro dal Tour, un affronto che i francesi si sono legati al dito prima di subito: lasciare la Grande Boucle è una mancanza di rispetto indicibile, specie se per un'altra corsa, ritenuta più importante. Le manie di protagonismo dei transalpini, in effetti, non sono nuove a nessuno e, da loro, prendersela è sport nazionale.

Scriveva L'Équipe, l'8 luglio: "Eddy Merckx ha aggrottato le sopracciglia, a proposito di Mathieu van der Poel. All'olandese è stato rimproverato a gran voce che il suo ritiro dalla Grande Boucle è stata una singolare mancanza di buone maniere, che il Tour de France è decisamente più importante e che non può essere abbandonato così, per la mountain bike alle Olimpiadi che... sì, vabbè.

Van Aert, invece, ha giurato che non lascerà il Tour, lui. Preparerà i Giochi, la cronometro soprattutto, in programma in Giappone il 28 luglio, e non partirà per Tokyo se non dopo che avrà tagliato il traguardo sul pavé degli Champs". Scaramucce del genere, in effetti, erano già avvenute anche al Giro d'Italia, appena un mese e mezzo prima: è il 17 maggio, quando l'australiano Caleb Ewan decide di mollare la Corsa Rosa per "aver tirato una ginocchiata al comodino della propria camera d'hotel".

Una giustificazione discutibile e discussa, dal momento che è stato lo stesso Ewan a sbugiardarsi, ammettendo di avere un chiaro obiettivo in testa: vincere almeno una tappa in tutti e 3 i grandi giri. Progetto ammirevole, per l'amor del cielo, peccato per il modus operandi. Gli organizzatori del Giro d'Italia dovrebbero ricordargli che, dopo gesti del genere, la sua partecipazione non è più gradita.

Comunque sia, l'australiano si è ritirato dal Tour alla quarta tappa, mandando a monte il suo piano ben prima del tempo. Il 17 luglio Vacive fa una testa così a Fabio, costringendolo, pena il non offrirgli supporto morale durante i 2 round di Spielberg dove, si sa già, Ducati e KTM faranno faville, ad accompagnarla a Saint-Émilion, sede d'arrivo della ventesima tappa del Tour, una cronometro individuale di una trentina di chilometri che vede un solo favorito: Wout van Aert.

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