Offre rupture | 2020

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Amaro in bocca, collutorio,
Buonanotte, sogni d'odio
Shade

«Mi sarebbe piaciuto vivere i giorni belli in modo migliore, io... mi dispiace, Vacive.» mormora sua madre, distrutta, dall'altro capo del telefono, in uno dei rarissimi momenti di lucidità che l'Alzheimer le concede, giocherellando con la violetta che ha tra le dita. Il suo sguardo perso vaga per il giardino della struttura in cui si trova, senza consentirle di vedere veramente ciò che ha davanti.

«Mamma, non ci hai mai fatto mancare nulla, te lo direbbe anche Diego, se fosse qui, lo sai.» prova a tranquillizzarla la rossa, sfilandosi le décolleté in vernice per sostituirle con degli elegantissimi calzettoni in spugna bianchi che appartenevano a suo fratello. Sotto il tubino, fanno il loro discreto effetto.

Completa il suo outfit da settimana della moda con un paio di ciabatte dell'Adidas a righe bianche e nere, disconnette il cellulare dal Bluetooth della macchina, lo incastra tra la spalla e l'orecchio, per non dover interrompere la chiamata, recupera la borsa dal sedile del passeggero e mette finalmente piede in cortile.

«Chi è Diego?» le domanda la donna, al che lei capisce che il momento di lucidità è già passato. Non perde nemmeno tempo a ricordarglielo, mentre attraversa prima il pratino all'inglese punteggiato qua e là dai fiori colorati di sua nonna, poi il pavé in granito grigio, perché non avrebbe senso: alla fine della frase, sua madre avrebbe già scordato l'inizio.

Sceglie di non passare per l'androne riccamente stuccato – la pausa pranzo dura troppo poco per rischiare di incontrare i nonni, che abitano nell'ala opposta del suo stesso palazzo, con i quali è "obbligata" a scambiare almeno due chiacchiere – e punta dritta all'altro angolo del cortile, dove si trova l'ingresso di casa, mentre fruga nella borsa per trovare le chiavi.

Alza la testa solo quando ha tra le mani l'oggetto della sua ricerca e si blocca così, con le chiavi che tintinnano a mezz'aria, un piede sospeso tra il pavé ed il gradino in marmo bianco e l'altro che sostiene tutto il suo peso, senza sapere bene come rispondere alla madre, che, intanto, blatera cose a caso a proposito delle attività da svolgere nel pomeriggio.

Fabio la fissa in silenzio e, se non fosse per il lampo di sollievo misto a gratitudine che gli attraversa gli occhi, a lei nascosti dagli occhiali da sole, sembrerebbe una statua di ghiaccio. Indossa una felpa rossa, con il cappuccio ben calcato sulla testa, dal quale spunta anche un cappellino con la visiera, il tutto completato da pantaloncini da basket e sneakers in tinta con la felpa.

«Potevi entrare: è febbraio, fa freddo.» lo rimprovera bonariamente lei, allontanando il cellulare dal viso quel tanto che basta a non farsi sentire dalla madre. Il francese non dà alcun peso a quelle parole ed allunga le braccia, attirandola di scatto contro il suo petto, poi appoggia il mento sulla sua spalla, rendendole difficoltosa l'apertura della porta, quindi chiude gli occhi, respirando profondamente.

Vacive quasi si spaventa all'improvviso bisogno di affetto del nizzardo, che non accenna a staccarsi da lei nemmeno mentre salgono in modo impacciato le scale che conducono alla camera da letto. Lei, dal canto suo, non lo lascia andare, se non per liquidare sua madre con un paio di frasi fatte, quelle che usa sempre quando la donna non ricorda nemmeno di avere una figlia, e lanciare il cellulare sul letto, nella speranza che non rimbalzi sul materasso fino a sfracellarsi sul parquet.

Fabio torna a stringerla più di prima, cercando una sicurezza che sembra essere svanita nel nulla insieme a Céline, la quale, nel frattempo, sta già con Álex – parliamone, gli aveva detto, risultando credibile come un asino che vola –, ed abbassa la testa, fino a nascondere la fronte tra il collo e la spalla di Vacive, che infila una mano sotto al cappuccio e gli accarezza dolcemente la nuca, quasi avesse paura di spezzare l'equilibrio precario in cui ha capito si trova il biondo.

VulnérableWhere stories live. Discover now