Félon | 2020

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I'm dying to see
How this one ends
Taylor Swift

Sdraiato su un fianco, con un braccio piegato sotto la testa e l'altra mano intenta a giocare con i riccioli di Vacive che, distesa a pancia in giù, lo osserva con attenzione, Fabio desidera che quell'inizio di giornata, ancora nascosto agli occhi dei più come il suo sorriso, coperto dalla federa del cuscino, duri per sempre.

Sposta le dita sulla spina dorsale della ragazza, per poi seguire il profilo della scapola e del collo, che libera da alcune ciocche ramate. Le accarezza la guancia con la punta del pollice, quindi le si avvicina e congiunge le loro labbra in un bacio che fa fremere la quiete.

«Mi fa male la testa.» la più piccola chiude gli occhi, abbracciandolo e sbilanciandosi verso di lui quel tanto che basta a costringerlo ad accoglierla sul suo petto. «Dammi cinque minuti.» esala piano, senza trovare nemmeno la forza di sorridere quando lui inizia a lasciarle tanti piccoli baci sulla fronte.

«Vuoi un'Aspirina?» chiede, premuroso, il numero venti, che non l'ha mai vista lamentarsi per nulla.
«No, mi deve solo venire il ciclo, adesso passa.» sussurra lei, massaggiandosi le tempie. «Grazie, tesoro mio.» riapre gli occhi, sentendo la morsa, che nel giro di qualche minuto ricomparirà, allentarsi.

«Sembri una bimba dolcissima, in quella foto.» il ragazzo indica una cornice appesa alla parete.
«Perché, ora non la sembro?» Vacive guarda la se stessa di un decennio prima sorriderle.
«Quando dormi sicuro, quando sei sveglia... mh.» Fabio agita una mano in aria, ridendo. «Sei molesta.»

«Ma sentilo!» la rossa fa una smorfia, alzandosi lentamente a causa del mal di testa. «Vado a rubare il correttore a Jolie.» annuncia poi, gettando distrattamente un'occhiata allo specchio, che, spietato, sembra riflettere prima i segni che si sono lasciati addosso e poi la sua figura.
«Ti aspetto giù.» annuisce l'altro.

«Bella la mia felpa.» Fabio la indica con il cucchiaino che stava appoggiando sul tavolo.
«Vero? Il fatto che sia tua la rende speciale.» scherza Vacive, prendendo due tazze dalla credenza e la bottiglia di latte dal frigorifero.
«Ah, quindi è speciale lei ma non lo sono io?»

«Ho detto che la rende speciale il fatto che sia tua: se non fosse tua, mica sarebbe speciale.» la ragazza sbuffa, sapendo benissimo che Fabio aveva colto il vero significato della frase anche prima. «Adesso, non è che vado in giro a scroccare felpe alla gente.» gli scompiglia i capelli, quindi si siede di fianco a lui.

«Per forza, hai un intero armadio pieno di tuoi vestiti più un intero armadio pieno di miei vestiti, ci manca solo che scrocchi cose alla gente.»
«Non è colpa mia se, considerato il tempo che trascorri qui, sono portata a credere che tu non abbia una casa e, quindi, ti lascio più spazio di quello che meriteresti.»

«Io merito tanto.» Fabio agita un biscotto in aria, poi sentono la porta d'ingresso aprirsi e chiudersi e l'atmosfera si fossilizza momentaneamente. Anche Antoine deve essersi accorto della cosa, perché, dall'altra stanza, ha distolto gli occhi dallo schermo del portatile, su cui troneggia il naso enorme della maestra di scienze, per cercare di capire cosa stia succedendo.

Sia Fabio che Vacive, incapaci di muoversi, fissano i nuovi arrivati, quasi senza accorgersi di Jolie, che sta appendendo la giacca all'attaccapanni. È la Gocciola che l'emiliana stringe debolmente tra due dita a prendere l'iniziativa e tuffarsi nella tazza di latte che trova sotto di sé, schizzando ovunque e riportando in vita qualunque cosa.

«Disdetta!» esclama la ragazza, inanellando nella sua testa una serie di imprecazioni difficilmente ripetibile. «Dai, che schifo, non è possibile.» continua, mentre storce il naso e si allunga a prendere un cucchiaino per recuperare uno dei biscotti più amari della sua intera esistenza.

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