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Pearl 


Chi l'avrebbe mai detto che avrei passato la domenica in un ospedale? Non di certo io. I genitori di Lionel sono venuti questa mattina per visitarlo; e ora che è l'ora di pranzo se ne sono andati, d'altronde posso restare solo io in camera. Apro le tende, guardando fuori dalla finestra. Abbasso lo sguardo, trovando dei bambini sul prato che giocano e si rincorrono come degli scemi. «Pearl... mi dai la bottiglietta d'acqua?» Mi chiama Lionel. Mi sposto dalla finestra, raggiungendo il mobiletto dove ho messo il borsone. 

Prendo la bottiglietta, aprendo il tappo per poi avvicinarmi a lui sul lettino. «Devo alzare il letto, aspetta», dico, prendendo il telecomando per farlo alzare di schiena. Siccome non può muovere le braccia e il corpo devo imboccarlo e farlo bere io... Mi appoggio al suo fianco, osservando il suo sguardo stanco e i suoi capelli spettinati. «Se volevi le mie attenzioni non c'era bisogno di finire in ospedale», sdrammatizzo, beccandomi una sua occhiataccia. Inclino la bottiglia per farlo bere e, dopo tre sorsi belli pieni, scuote la testa per farmi capire che ha finito. «Mi fa male tutto», gracchia debole, sospirando come se un elefante gli fosse camminato sopra.

Rimetto apposto la bottiglia, per poi sedermi al suo fianco. «Immagino... Comunque, cosa ti hanno detto i tuoi stamattina? Vi avevo lasciati soli per andare a prendere un caffè ma, quando sono tornata, tuo padre mi sembrava furioso», ricordo. Sposta gli occhi nei miei, posando la mano sopra la mia. «Sai com'è lui. Mi dava la colpa dell'incidente e della mia distrazione», fa spallucce. Inorridisco a quella verità così meschina: mi aspettavo che suo padre si contenesse per almeno una volta, e invece, ha di nuovo sparato sentenze astiose. Mi domando come faccia la signora Beverly a stare con lui. «Lascialo perdere, è un idiota», commento, facendolo sorridere. «Lo sai che è mio padre, vero?» Domanda, usando un tono sarcastico. 

Le sue dita continuano a giocare con le mie, facendomi spuntare un sorriso intenerito sulle labbra. «Tuo padre è pur sempre un idiota, anche se è colui che ti ha messo al mondo, più o meno.» Scuote la testa divertito e, con il passare dei secondi, il suo sguardo si adombra fino a cessare di sorridere. «Mi dispiace per quello che è successo la scorsa volta: non volevo litigare con te, come non volevo insultarti. Non le penso davvero quelle cose», rivela sincero, puntando le sue iridi in basso. So che non voleva offendermi, ma lì per lì mi ha fatto comunque male. «Lo so, ma adesso non pensarci più. Sono andata avanti, e devi farlo pure tu», confesso. Annuisce, richiudendo gli occhi per riposare.

Gli sistemo il cuscino dietro il collo, passandogli una mano tra i ciuffi biondi per farlo rilassare. «Dormi con me?» Sussurra, facendomi saltare un battito. Annuisco e poi mi sdraio. Poggio la testa sul suo pettorale sinistro, sentendo il cuore battere contro la cassa toracica. Gira il capo in mia direzione, lasciandomi un tenero bacio sul capo. Sto arrossendo come una scema a quel gesto, eppure, non posso fare a meno di apprezzarlo. «Piano, che così mi diventi un principe azzurro», ridacchio, annusando la sua maglietta bianca. «Me l'avevi già detto, sai? Mi avevi detto che ero il tuo principe azzurro quando eri ubriaca.» 

Cazzo, me l'ero dimenticata. Sbatto più volte le palpebre, facendo finta di niente. «So che l'ho ricordi, quindi smettila di nasconderti nella mia maglietta», pronuncia divertito. Alzo gli occhi al cielo, spostando lo sguardo nel suo. «Lo penso ancora che sei il mio principe azzurro, ne hai pure lo stesso aspetto: sei biondo, occhi azzurri, gentile. Che cosa vuoi di più?» Lo vanto. Mi trucida con gli occhi, per poi passare una mano fra i miei capelli. Le sue iridi azzurre brillano anche quando ha le palpebre nere e arrossate. «Tu non sei la mia principessa però...» Soffia, guardandomi con serietà. Come dovrei prenderla questa risposta? Assottiglio gli occhi, privandomi del suo tocco con una spinta indietro del capo. «Sei la mia regina, che è meglio no?» Sogghigna, non appena nota che mi sono infastidita. Imito la sua voce, poggiando di nuovo il capo nell'incavo del suo collo.

Chiacchieriamo ancora un po', fin quando non finiamo per addormentarci entrambi sul letto. Non so quanto tempo passa, neanche quanto dormiamo ma, quando mi risveglio, mi sento come nuova. Stiracchio le braccia, voltandomi per controllare il bell'addormentato. È tenero quando dorme. Gli lascio un bacio sulla guancia, alzandomi dal letto per stiracchiarmi un altro po'. Quel letto è davvero scomodo, non so come faccia a riposare così tranquillo; io mi sarò rigirata almeno tre volte. Avanzo verso la finestra ma, a metà strada, sento che la porta della camera viene aperta. Il dottore mi sorride, chiedendomi se sia tutto apposto. «Sì, sta bene. Ora sta riposando un po'», gli confido, avvicinandomi all'apparecchio con i battiti. Annuisce contento, per poi dirmi che ripasserà più tardi. Pochi minuti dopo, esco dal bagno con il cambio dei vestiti: un paio di pantaloni comodi e una maglietta a mezze maniche. 

Non mi sembrava il caso di vestirmi in modo impeccabile in un ospedale, cioè... chi lo farebbe? Un'infermiera ci porta pure da mangiare, ma quello che vedo mi fa venire il voltastomaco: una mela, del brodino e del pollo con il rosmarino. Lionel si sveglia proprio ora, guardando il piatto con disgusto. Non appena l'infermiera va via, io sposto gli occhi sul vassoio sulla poltrona. «Ricordami di portarti qualcosa di buono domani, tipo una pizza.» Annuisce con vigore, guardando schifato il brodino. Tra un po' mi metto a vomitare, lo giuro.


Angolo autrice:

Pagina Instagram:  Car_mine01

Un bacio!

Pearl Piotrowsky (The real queen of Poland)Where stories live. Discover now