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Pearl


La suoneria del cellulare mi ridesta dal sonno, portandomi a sbattere le palpebre più volte per ritornare al presente. Ma chi diavolo chiama a quest'ora? Mi guardo intorno per la camera, notando che sono sola: Lionel non c'è. Sporgo il braccio per prendere il cellulare dal comodino, rispondendo senza neanche vedere chi mi stia chiamando. «Pronto...» Tossisco, schiarendomi la voce rauca. «Salve, lei è una parente di Lionel Beverly?» Mi domanda una voce femminile. «Ehm... viviamo insieme», rispondo, alzandomi a metà busto. «Ma lei chi è?» Avanzo. «Sono un'infermiera del South Martin Hospital. Lei era il primo numero della rubrica e ho voluto chiamarla per informarla che il suo ragazzo è in ospedale: ha avuto un incidente con la macchina.» Non ho neanche il tempo di assimilare tutto che mi sono già alzata dal letto come un fulmine. «Mio Dio, sta bene? Ha qualcosa di rotto?» Domando a raffica. «Lo stanno operando... non era ridotto benissimo quando l'ha trovato l'ambulanza», sospira. Queste notizie non fanno altro che accrescere la mia paura, quindi mi sbrigo e infilo le prime cose che trovo a terra: un paio di jeans e una maglietta larga di Lionel. Ringrazio l'infermiera, chiudendo la chiamata per infilarmi le scarpe. Dovrei avvertire la sua famiglia... e anche i ragazzi.

Durante il tragitto verso l'ospedale faccio un paio di telefonate al volo, avvertendo Lotty, Sven e Luis. Naturalmente non l'hanno presa bene la notizia, però mi hanno detto che mi raggiungeranno immediatamente. Non era così che immaginavo il sabato sera: mi immaginavo una nottata più serena, non una nottata in movimento a causa di un incidente mortale! Passo i semafori come se non vedessi nulla, neanche i divieti di velocità, per poi svoltare nel parcheggio dell'ospedale. Tolgo le chiavi ed esco dalla macchina senza voltarmi indietro. Corro su per i gradini, entrando nella sala dell'ospedale, dove vengo investita da un forte odore di disinfettante da quattro soldi. Al momento me ne frego di chiunque, persino della donna che sta parlando con l'infermiera per avere un referto.

 «Lionel Beverly dov'è? Voglio sapere in che stanza è», parlo, sembrando anche un po' cafona ma, d'altronde, me ne sono sempre fregata delle opinioni degli altri. «Non vede che ci sono prima io?!» Si indispettisce la donna dai capelli rossi al mio fianco, fulminandomi con le sue iridi verde bosco. Le arrivo a un soffio dal viso, notandola retrocedere di qualche passo. «Non le conviene mettersi contro di me, adesso. Sono preoccupata, in ansia e furiosa, quindi chiuda quella bocca!» Ringhio scontrosa. L'infermiera dai capelli grigi scuote la testa scioccata per via della mia maleducazione ma, alla fine, mi dice il numero della stanza. La duecento otto. Svolto nel corridoio a destra, correndo per tutti i reparti in cerca di questa maledetta stanza.

Quando la trovo ho il fiatone e sono stanca, come se non avessi mai corso in vita mia. Alla mia sinistra ci sono tre sedie; mentre alla mia destra c'è la porta della camera di Lionel. Respiro a fatica, sentendo il mio cuore andare a mille. Perché diavolo c'è stato quell'incidente? Non era attento forse? Era preoccupato per qualcosa e non ha prestato attenzione? Deglutisco, sedendomi a peso morto sulla sedia. «Lei è la signorina Pearl?» Mi chiede un dottore alto e dai capelli scuri. Annuisco, leccandomi il labbro inferiore ormai secco. «Lionel... sta bene?» Domando. Il dottore dagli occhiali spessi legge il documento, annuendo impercettibilmente prima di rivolgermi un altro sguardo. «Il ragazzo ha due costole rotte e un braccio slogato; siamo dovuti intervenire subito, perché stava perdendo troppo sangue e rischiava un'emorragia interna. Poteva vedersela molto peggio, si fidi», mi comunica, usando un tono paterno. 

Chiudo gli occhi al suono di quelle parole confortanti, poggiando la testa contro il muro dietro di me. «Grazie... sul serio», sussurro, riaprendo le mie iridi. Non so se sto ringraziando il medico oppure il signore per non avermelo portato via, so soltanto che sono riconoscente a entrambi. E se fosse morto? Come avrei potuto andare avanti? Ho tutti i suoi vestiti in camera mia, la sua foto... ogni cosa me l'avrebbe ricordato. E poi, non abbiamo neanche chiarito! Ho trovato la sua foto pomeriggio, e mi aspettavo rientrasse presto ma, non è stato così. Il dottore viene richiamato da un altro medico, e quindi mi lascia da sola su questa sedia scomoda e di plastica.

Pochi minuti dopo vedo arrivare Lotty, sua madre e suo padre in compagnia dei ragazzi. La signora Beverly è sconvolta e senza un filo di trucco... non l'ho mai vista così scialba, ma la capisco: neanche io sono il massimo dello splendore in questo momento. «Dov'è? Dov'è mio figlio?» Chiede, guardandomi con occhi lucidi. «In sala operatoria. Aveva delle costole rotte e rischiava l'emorragia interna. Il dottore però ha detto che sta bene ora, e che sarebbe potuta andare persino peggio di così», li informo. La speranza dipinge i loro volti, e quando la madre si avvicina al padre di Lionel per poggiare la testa sul suo petto, capisco che lei era davvero impaurita. Lotty si siede al mio fianco, poggiando la testa sulla mia spalla. «L'importante è che sta bene», commenta Sven, sedendosi alla mia destra. Annuisco, alzando il capo verso Luis che mi guarda con un sorriso dispiaciuto. 

Quando mi ha chiamata l'infermiera mi è venuto un attacco di cuore: non pensavo di poter provare una simile devastazione all'idea di perdere qualcuno; sono saltata fuori dal letto senza neanche ragionare, neanche pensavo quando mi stavo vestendo... sentivo solo il mio cuore battere all'impazzata. Circa due ore dopo riportano Lionel in camera con un lettino mobile, chiedendoci di lasciarli passare per sistemarlo in camera. Gli do soltanto un'occhiata, giusto per tranquillizzarmi un minimo ma, quando poso i miei occhi sul suo volto, mi scappa un gemito addolorato. Ha una chiazza violacea sulla guancia destra, un occhio nero e delle escoriazioni sulle braccia e sul petto. Il padre di Lionel prova a restare forte ma, anche se chiude gli occhi, il dispiacere sul suo volto si legge ugualmente.

Venti minuti più tardi esce dalla porta un infermiere mingherlino, che con occhi dolci ci rivela che Lionel è sveglio. «Voglio vederlo...» Parla sua madre, avanzando verso la porta con passo svelto. «Il ragazzo ha chiesto di una sola persona, ha chiesto di vedere una certa Pearl», la informa, bloccandola sulla porta. Nonostante la delusione della madre mi alzo comunque dalla sedia, scoccandole un'occhiata piena di apprensione. Annuisce, incoraggiandomi a entrare prima di lei. Dopo aver oltrepassato la porta, resto ferma sulla soglia poggiando la mano sul pomello per chiudere tutti fuori. Lionel apre gli occhi al rumore, sembrando esausto. Non dico una parola, ma mi avvicino. Mi siedo sulla poltrona, alzando il capo verso il suo. Deglutisce sotto il mio sguardo insistente, voltando il capo dall'altra parte per non farsi vedere. «Perché?» Domando. Voglio sapere la dinamica, il perché di quell'incidente maledetto. Non mi interessa che è su un lettino d'ospedale, io devo sapere la verità e basta. «Mi sono distratto un attimo...» Parla con voce rauca. Socchiudo gli occhi, provando a smascherarlo. Ho la sensazione che mi stia mentendo, però non è questo il momento e il caso di attaccarlo. Quello avverrà dopo. Poggio una mano sulla sua, accarezzandogli il dorso con lentezza. «Mi hai fatto prendere un terribile spavento», confesso, fissando la sua pelle piena di bruciature dovute all'airbag. «Mi dispiace», sussurra, senza voce. Annuisco, poggiando la testa contro la sua spalla. «Non farlo mai più», intimo spaventata. Sento le spalle tremarmi, ed è solo ora che do sfogo alla mia paura più grande: quella di perderlo. 


Angolo autrice:

Pagina instagram: car_mine01

Momenti dolci in arrivo!

Un bacio.

Pearl Piotrowsky (The real queen of Poland)Where stories live. Discover now