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Lionel


Non avrei mai e poi mai immaginato di convivere con una ragazza, soprattutto se quest'ultima è del tutto fuori di testa. La guardo mentre balla nel salotto, muovendosi ritmicamente quando sente il ritornello di una canzone rock vecchio stampo. Non so se ridere o piangere. Mi appoggio al muro incrociando le braccia al petto con aria divertita ed esasperata. I miei occhi calano sul suo sedere alto e ben proporzionato nascosto dai pantaloncini rossi, e ben presto, lei si volta. Mi incita con lo sguardo ad avvicinarmi, ma io scuoto la testa. «Scordatelo», esordisco solenne. Sorride con furbizia, canticchiando il ritornello mentre si avvicina a me con passo suadente. La guardo da capo a piedi, sorridendo quando posa le mani sulle mie spalle e intona qualche parola di Rock around the clock. «Avanti, sciogliti un po'», mi sprona, tirandomi via dal punto in cui ero fermo. «Non so ballare», uso questa scusa. Scuote la testa, prendendomi la mano per farle fare una giravolta. «Neanche io, ma mica dobbiamo andare a ballando con le stelle», sbuffa esasperata. Poso le mani sulla base della sua schiena, tenendomela stretta. Questa vicinanza è strana: non è il tipo di ragazza con cui ci proverei; è arrogante, fredda e troppo schietta per i miei gusti, ma nonostante ciò, sono qui a ballare con lei (e forse, ma forse... non mi dispiace). Le faccio fare una giravolta sentendo la sua risata chiara e contagiosa.

Ci muoviamo nel salotto andando a ritmo della canzone, provando ad azzerare i nostri pensieri un po' troppo chiassosi. Sono nella merda fino al collo, ma cerco comunque di restare a galla: le crisi dovute alla droga si fanno sentire due giorni si e uno no; spesso mi sale la febbre, a volte tremo da far paura e più di una volta Pearl mi ha aiutata a prendere un piatto o un bicchiere dall'anta, proprio per evitare di rompere qualcosa. Mi ridesto dai pensieri non appena mi rendo conto che la musica è finita, e quindi mi fermo. «Non sapevo che ti piacessero le musiche rock, soprattutto quelle vecchie», dico, senza rendermene conto. Fa spallucce, spostandosi una ciocca sfuggita dallo chignon. «Si be', non sai tante cose di me, Lionel Connor Beverly». La trucido con lo sguardo. 

Sa che non mi piace essere chiamato con il mio nome completo, eppure lo fa spesso. È passata una settimana dal nostro ultimo "scontro", e da allora le cose tra noi vanno leggermente meglio: continuiamo a litigare ma con una frequenza diversa. Pearl si dilegua in cucina per prepararsi uno spuntino — che di solito comprende una ciotola con olive e noccioline —, e nel frattempo, io ricevo una notifica sul cellulare. È Sophie: insiste nel volermi vedere per chiarire. Sospiro esausto, guardando il pavimento che di colpo si muove. Ma che cazzo? Assottiglio gli occhi, provando un senso di nausea che prima non avevo. Stringo gli occhi, sentendomi girare tutto. «Lionel», mi chiama Pearl, e dalla voce riesco a percepire la sua preoccupazione. «Sto bene...» Soffio, arricciando le labbra. Aderisco con la schiena al muro, alzando il capo in alto. «Hai dei giramenti di testa? Vieni, stenditi sul divano», si premura. Mi prende dal braccio, portandomi lentamente sul sofà.

Mi sdraio, apprezzando il tessuto morbido sotto di me. «Vado a prenderti una caramella, magari un po' di zucchero ti fa bene», aggiunge. Corre in cucina mentre io poggio un braccio sulla fronte e provo a riposare qualche minuto. Non posso fare questa vita: è una continua lotta per togliermi questo cazzo di vizio. A volte penso che dovrei semplicemente affondare nell'oblio, lasciarmi trascinare giù da quelle polverine artificiali. Pearl mi richiama per l'ennesima volta, invitandomi a prendere una caramella all'arancia. «No, non la voglio», mugugno, sentendo le sue lamentele. «Prendila, gli zuccheri fanno bene quando si ha la pressione bassa o un giramento di testa». 

Adesso è anche dottoressa! «Sei così testarda da far schifo», borbotto, strappandole dalle mani quella maledetta caramella. Dopo averla messa in bocca, mi gusto il sapore e la mastico, finendola in pochi secondi. Passo qualche altro minuto sveglio, e sono abbastanza sicuro che Pearl sia al mio fianco, pronta per sorreggermi alla mia prossima caduta. Ben presto prendo sonno, rilassando i miei muscoli e gli occhi. Non so quanto tempo passa ma, quando mi sveglio non sento più nausea e sto meglio. Sbatto più volte le palpebre, girandomi verso sinistra. La figura di Pearl mi si presenta d'avanti: è sdraiata sulla poltrona e tiene le gambe a penzoloni dall'altra parte del bracciolo. È rimasta qui per tutto il tempo? Non si rende conto che sono sveglio perché che mi dà le spalle, ma quando emano un sospiro più pesante, volta il capo per guardarmi. «Ehi, ti sei ripreso?» Domanda, posando il telefono sul tavolino al centro. Annuisco, studiandola un po' «Sei rimasta qui per tutto il tempo?» Le chiedo, curioso di una risposta.

«Si», risponde, grattandosi il collo dolorante per via della posizione assunta prima. Uno strano calore si propaga nel petto, e per qualche strano motivo non riesco a smettere di guardarla. Si alza dalla poltrona, avvicinandosi a me di qualche passo. Si siede sul pavimento ponendo un braccio sul ginocchio rialzato, guardandomi con aria imperscrutabile. «Andrà meglio, vedrai. Riuscirai a combattere questa voglia impellente», sospira, scostandomi un ciuffo dalla fronte. Quel gesto mi stranisce e al contempo mi fa piacere.

  Non riesco a capire se non la sopporto oppure l'ammiro. Mi ha sorpreso: non pensavo restasse al mio fianco anche quando ero incosciente, anzi, non mi aspettavo molte delle cose che ha fatto; mi ospita in casa sua, mi sfama, mi aiuta con le crisi e rimane persino al mio fianco quando sto male. Chi diavolo sei Pearl Piotrowsky? E perché sei così distante e al contempo vicina? La guardo in volto, analizzando ogni minuzioso particolare. Ne ho visti di occhi belli, ma mai come quelli di Pearl: i suoi sono blu e azzurri, ma di tonalità intense. Calo lo sguardo sulle sue labbra rosee e carnose, rialzando poi gli occhi sui suoi capelli neri come il petrolio. Ha tutte le caratteristiche di una Polacca. «Sei leale», mi lascio sfuggire, notando i suoi occhi ingrandirsi a quelle mie parole. Sbianca di colpo, come se fosse in trance. Il mio non era un insulto, quindi non capisco il perché di questa sua reazione scioccata. Scuote la testa, alzandosi sulle ginocchia per togliersi la polvere dalle cosce. «Tutto bene?». Mi alzo dal divano a metà busto mentre lei annuisce con vigore. «Si, vado a prenderti dell'acqua. Torno subito», asserisce, voltandosi per andare in cucina di corsa. Ma che diavolo le prende?.


Angolo autrice:

Più avanti farò un altro capitolo di Lionel, ma prima la storia deve seguire il suo percorso, un po' come il loro rapporto.

Pagina Instagram: Car_mine01

Un bacio!

Pearl Piotrowsky (The real queen of Poland)Where stories live. Discover now