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Pearl


Ricevo una chiamata sul cellulare mentre stiamo facendo la spesa, ma non appena leggo il nome di mia madre quasi lancio il telefono contro il muro. La vocina nella mia testa mi ricorda che ha spedito dei soldi sul conto, quindi fingo un sorriso e le rispondo con entusiasmo. «Cosa vuoi? Sto facendo la spesa», ghigno mentre Lionel mi guarda stralunato. Prende due confezioni di birra e le mette dentro il carrello, continuando a spostarlo in avanti. «Non è questo il modo di rispondere al telefono, Pearl. Ti devo ricordare che sono tua madre?» Accentua il tono snob. «Ed io che tu mi hai buttata fuori di casa e dal paese?». Prendo cinque pacchi di pasta in offerta, sentendo lo sguardo di Lionel sulla mia schiena. «Lo sai che non mi hai lasciato altra scelta! Stavi esagerando troppo con i tuoi comportamenti ribelli, per non parlare del pessimo esempio che davi alle tue sorelle». Continua a rimembrare il passato con aria nervosa, tuttavia non la sto ascoltando più di tanto: ho una spesa da portare avanti. Prendo cinque buste di latte, il caffè in polvere e poi delle merendine di diverso tipo. «Mi stai ascoltando!?» Sbotta. «No, sto facendo cose più importanti», la stuzzico. A quelle mie parole dice che si è scocciata e che quindi vuole chiudere la chiamata. Non aspetto una sua risposta, perciò chiudo direttamente io. Lionel mi guarda con un sorriso divertito sulle labbra, scuotendo il capo con veemenza.

«Ti diverti proprio a far innervosire le persone, le porti al limite e non te ne frega nulla», afferma con finta ammirazione. Annuisco con un ghigno, rimettendo il telefono nella tasca posteriore dei miei jeans neri a palloncino. «Esatto», confermo la sua tesi. Giriamo per i vari reparti, comprando tutto quello che ci serve per la nostra solita routine. Quando pago alla cassa osservo la sua espressione facciale, e anche se prova a nascondere il rimorso per non avere soldi, so già che poi si farà perdonare. Tanto avrei dovuto farla comunque io la spesa. Non appena arriviamo al parcheggio mette le buste dietro e poi sale in macchina, girando la chiave nel nottolino per fare manovra. «Come si chiama il locale dove devi andare?» Mi incuriosisco, aprendo il finestrino. 

Quest'auto non è paragonabile alla mia Lamborghini, non ha la sua bellezza ma, devo ammettere che non è male, d'altronde è una Mustang. «Devil Night». Il nome è perfetto per un locale a luci rosse, in effetti. Non dico nulla, ma guardo la strada scorrere davanti ai miei occhi. Mi domando se a suo padre andrebbe bene questo lavoro, anche se, per come è fatto, non credo proprio: sembra un tipo tutto d'un pezzo, troppo orgoglioso e all'antica. Scuoto la testa, accorgendomi solo ora di esserci fermati in un parcheggio con altre auto. Scendo dalla macchina, lanciando uno sguardo neutro a Lionel che ha appena spento il motore. Dopo aver chiuso gli sportelli percorriamo il tratto fatto di cemento, e una volta dentro il locale, notiamo una grande sala con al centro dei pali e dei palchi; un bancone bar è alla mia destra, e dietro di esso ci sono due porte. Osservo le scale che portano al piano di sopra, notando alcuni tavolini in marmo scuro.

È un bel posto, non si può dire nulla di negativo. «Ciao, tu devi essere Lionel, giusto?» Mi ridesta una voce maschile alle mie spalle. Ci voltiamo entrambi, squadrando dalla testa ai piedi l'uomo dalla barba curata e dai capelli semi-rasati. «Si, tu sei il proprietario?» Domanda all'uomo dietro il bancone. Il tizio scuote la testa e continua a pulire il bancone. «No, mio fratello Enrique lo è. Dovrà essere qui tra pochi...» Non finisce di parlare che qualcuno entra nel locale. Schiudo la bocca alla vista di quella bellezza straniera e spagnola. Un bell'uomo, alto, capelli color mogano e occhi verdi; mascella squadrata e con un leggero velo di barba. Lionel mi trucida con gli occhi, dandomi un pizzicotto sulla schiena che mi fa traballare. «Smettila», sussurra, quando l'uomo si avvicina a noi. «Salve, tu devi essere il ragazzo che mi ha contattato ieri, no?» Chiede, porgendogli la mano. 

Annuisco io per lui come una cretina. Ricevo l'ennesimo pizzicotto, urlando dentro per il dolore. Il biondo al mio fianco stringe la mano di quella bellezza con tanto di completo sartoriale, dicendogli che lo stavamo aspettando. «Il piacere è tutto mio», sorrido, quando porge la mano anche a me con un sorriso cordiale e intenso. Mi sento come un gelato sotto il sole di Miami. Ci invita ad accomodarci in uno dei divanetti, chiedendo a suo fratello di portarci da bere qualcosa di fresco. Mi guardo intorno, ammirando i vari quadri osé nelle pareti. «Allora, mi hai detto tutto quello che volevo sapere: sei maggiorenne, hai il diploma e vai all'università; guidi, quindi non ci sono problemi. Mi domando solo se hai già avuto esperienza in questo campo oppure è la tua prima volta», esordisce, Enrique. Lionel resta sulle sue e mantiene un espressione distaccata per tutto il tempo.

«No, è la prima volta che lavoro», chiarisce. Arrivano le bibite fresche — che in realtà sarebbero dei tè freddi con all'interno del ghiaccio a cubetti e del lime —. Spero per loro che diano alcolici ai clienti. «Nessun problema, puoi venire qui qualche ora prima dell'apertura, giusto per farti capire come devi muoverti e cosa devi fare. La paga è di tremila dollari, e tutto quello che devi fare è ballare ed eccitare le ragazze per compleanni, feste, addii a celibato ecc», elenca. Bevo un sorso del mio tè, accavallando le gambe sulla poltroncina mentre i due chiacchierano. Qualche volta sento lo sguardo di Enrique addosso, ma quando si rivolge a me resto stupita. «La tua ragazza non è gelosa?» Mi indica, non sapendo che in realtà siamo... amici. Lionel chiarisce subito il nostro status, per fortuna. «Siamo amici e coinquilini, non stiamo insieme», afferma limpido. Sorrido forzata, bevendo un altro sorso dalla mia cannuccia. Cos'è, l'idea di avermi come una possibile ragazza non gli passa neanche per la testa, o forse, non riesce a considerarmi come una donna? Anche se la vedo dura: io mi guardo allo specchio, e non sono da buttare. Enrique mi guarda in modo accattivante, il classico sguardo da "potremmo andare a cena insieme e poi scopare come animali contro il muro". 

Qualcosa mi dice che Lionel non sarebbe contento di questo risvolto. «Bene, credo che abbiamo finito. Quando iniziano i miei turni?». Lionel si erge dalla poltroncina, ponendosi di fronte a me per bloccare lo sguardo di Enrique. Sogghigno orgogliosa di me stessa, alzandomi dalla poltroncina dopo qualche secondo.

«I tuoi turni saranno Giovedì, venerdì e sabato. Dovrai venire qui verso le sette di sera, per poi concludere a mezzanotte o l'una, dipende». Non riesco a vedergli il volto perché il ragazzone di fronte a me sta rovinando tutto. I due si stringono la mano e quando hanno finito, Lionel si sposta e mi lancia occhiatacce. Ma cos'ho fatto? Sono stata zitta e buona per tutto il tempo. «È stato un piacer signor Enrique», sorrido educata, porgendogli la mano. Piuttosto che stringerla, l'uomo di fronte a me la prende con delicatezza e ne bacia il dorso, il tutto senza smettere di fissarmi. «Il piacere è tutto mio», soffia caldo, abbagliandomi con quei suoi occhi verdi. Hanno aperto l'aria calda in questa sala? Deglutisco, per poi fargli un cenno con il mento e seguire Lionel. Una volta fuori, già mi aspetto il peggio. «Hai seriamente intenzione di farmi incazzare o cosa? Quello è il mio capo, cazzo, e tu ci stavi flirtando!» Inveisce infastidito. Corrugo la fronte, entrando in auto con lui. «Veramente era lui che flirtava con me, non il contrario. E poi, cosa te ne frega a te?» Mi incuriosisco, per nulla toccata da questa sua scenetta. Vuole sempre essere al centro dell'attenzione il ragazzo, non c'è dubbio. 

Si lecca il labbro inferiore, assottigliando gli occhi. «Niente, ma non voglio guai, Pearl. È il primo lavoro che trovo e mi serve, maledizione. Non voglio problemi per causa tua», sospira frustrato. Alla fine il problema sono sempre io, no? Scuoto la testa, volgendo lo sguardo fuori dal finestrino. Resto zitta per tutto il tragitto, perché per l'ennesima volta, la gente preferisce dare la colpa a me piuttosto che ammettere la verità. 


Angolo autrice:

Enrique, ci fai sognare!

Pagina Instagram: Car_mine01

Un bacio!

Pearl Piotrowsky (The real queen of Poland)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora