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Pearl


Oggi finalmente è sabato, e come tutti i giorni io non ho voglia di fare assolutamente niente, o almeno... era quello che pensavo fin quando Lotty non ha aperto bocca. «Perché non vieni da me stasera?» Mi chiede, mentre io sto mangiando l'insalata poco condita della mensa. Ma chi diavolo cucina qui? Il sale sanno cos'è, oppure no? La guardo con aria interessata, finendo anche l'ultimo boccone. «Che si fa di bello?» Le chiedo, faticando a masticare una carota. «Prendiamo una pizza e mangiamo in camera, ci potremmo vedere un bel film di Leonardo di Caprio...» Parla con gli occhi a cuoricino. L'idea non è male, tanto non devo andare a lavorare oggi. 

I miei turni sono i primi tre giorni della settimana, quindi posso uscire in santa pace. «Va bene, però dovresti darmi l'indirizzo; non sono google maps», le ricordo, aprendo la bottiglietta d'acqua per bere un sorso. «Vuoi che ti venga a prendere io? Così risparmi sul taxi», si fa avanti, mentre io mi guardo in torno. La mensa è più piena del solito oggi. «Si, grazie», le sorrido, vedendola arrossire. Mi guarda per qualche secondo di troppo, ponendo poi il polso sotto il mento. Perché mi guarda come se fossi un quadro di Van Gogh? Per carità, mi piace l'artista, ma aveva un po' troppi problemi mentali; per non parlare di quando si era strappato il proprio orecchio per via di una discussione troppo accesa.

«Sei davvero bella Pearl, vorrei essere come te...» Sussurra, sembrando davvero triste e malinconica. La guardo come se avesse tre teste, dicendole che non è tutto oro ciò che luccica. «E poi tu non sei brutta, anzi, sei incredibilmente adorabile e poi hai questi boccoli biondi che mi ricordano tanto riccioli d'oro», provo a tirarla su di morale. Non sembra credere alle mie parole: sembra turbata e malinconica. Ma chi è che le ha fatto pensare una cosa simile? Qualche idiota le avrà detto forse che è brutta? Chi è questo cieco? Mi volto verso di lei con il busto, tenendo uno sguardo incredibilmente serio. Abbassa il capo e io le sposto una ciocca dietro l'orecchio: non mi piace che si nasconda. «Come mai hai questi pensieri negativi? Qualcuno ti ha detto qualcosa?» Le chiedo, abbastanza seria. Devo già prendere a schiaffi qualcuno? «No... non... non è stato nessuno, sul serio!» Alza la voce all'ultimo. Io capisco che lei vorrebbe mentirmi, ma non è in grado di farlo. «Dimmi il nome Lotty, ora», abbasso il tono per farle capire che non sto scherzando affatto. I suoi occhi azzurri risplendono di timore e per questo motivo io ammorbidisco i miei lineamenti. «Se te lo dico, mi prometti che non fai nulla?» Mi chiede, aspettandosi una risposta positiva. 

Alzo gli occhi al cielo, chiudendoli un attimo il secondo dopo. Se le dico di si e poi vado a minacciare questa persona non sarà un problema no? «Pearl, sono seria», asserisce, pregandomi con lo sguardo di non fare nulla. «Tu dimmi solo che cosa ti ha detto questa persona e il nome, poi vedrò io se agire o meno», sbuffo. «No, mi devi dare la tua parola che tu non farai nulla», mi scongiura. Odio fare promesse che non posso mantenere!

«D'accordo», pronuncio esasperata. Annuisce, guardandosi intorno prima di aprire bocca. «È stata un'amica di Sophie, si chiama Gwen. Mi ha detto che...» Sospira, faticando a parlare. «Mi ha detto che nessuno mi guarderà mai perché sono troppo infantile, e troppo sciatta; ha detto anche che non... lo faccio alzare a nessuno ragazzo», sussurra l'ultima parola con dispiacere e malinconia. Assottiglio gli occhi, guardandomi intorno per cercare questa poco di buono. «Com'è fatta? Dimmelo», le intimo, puntando gli occhi sul tavolo di Lionel. Quel cretino è intento a flirtare con una ragazza nuova, mentre Sven sta guardando qualcosa sul cellulare in compagnia dell'altro ragazzo dai capelli scuri — di cui ancora non so il nome — . Lei scuote la testa e io le dico di dirmelo. «Non dirò che vado da lei a causa tua, Lotty, se è questo quello che ti preoccupa», la rassicuro, sentendo le sue dita conficcarsi nella pelle del mio gomito. «Faccio la figura dell'idiota se tu vai da lei e mi difendi», abbassa la voce per non farsi sentire da un gruppo di ragazze che stanno passando dietro il tavolo. «No, fai la figura della scema se non parli», ringhio, alzandomi di scatto dalla sedia. 

Mi riprende il polso, pregandomi di non fare nulla. «Dimmi com'è fatta», le intimo, provando con le cattive. Si morde il labbro inferiore, dicendomi di abbassarmi. Mi risiedo, sentendo le sue parole all'orecchio. «Lei è quella con la divisa blu accanto al tavolo di mio fratello, quella con la coda rossa», mi dice, sospirando sconsolata. La osservo ad occhi stretti, notando il suo eye-liner fin da qui. «Non fare scenate, non qui almeno», mi prega. A questa sua richiesta posso provvedere, ma solo a questa. Annuisco, aspettando il momento giusto per parlarle.

Dopo qualche minuto, l'intera squadra delle "scagnozze" si alza, proseguendo verso l'uscita della mensa. Mi alzo qualche secondo dopo, beccandomi un'occhiataccia da parte di Lionel. Gli faccio l'occhiolino per infastidirlo, leggendo il suo labiale 'vaffanculo'. Sorrido sadica, per poi voltargli le spalle e uscire. Una volta nel corridoio, becco le scagnozze proprio di fronte agli armadietti. Faccio qualche passo, schiarendomi la voce per attirare l'attenzione di Gwen. Alzano lo sguardo sia lei che Sophie e un'altra ragazza dai capelli scuri, di cui al momento non me ne frega niente. «Dovrei parlare con Gwen, senza voi due ovviamente», dico inespressiva, beccandomi un'occhiataccia dalla rossa. «Puoi dire quello che vuoi anche di fronte alle mie amiche, Piotrowsky», sputa fuori il mio nome con troppa enfasi. Sorrido, vedendola voltarsi verso di me. Non abbiamo la stessa altezza, lei è qualche centimetro più bassa di me, ed è dannatamente divertente guardarla dall'alto. «La mia fama mi precede vedo, interessante. Comunque, non sono qui per parlare di me, ma per dirti semplicemente quanto sei irrilevante, un po' come uno scarafaggio», aggiungo, sentendo un sibilo irritato da parte di Sophie. Finalmente ricordo il suo nome. La rossa assottiglia gli occhi, sbattendo l'anta dell'armadietto con foga. «Chi ti credi di essere per parlarmi così? Pensi che siccome sei ricca puoi rivolgerti a tutti con zero rispetto? Non hai la benché minima idea di chi sono io», ringhia, ad un soffio dal mio viso. Inclino il viso verso il suo, non scherzando più. «L'ho detto qualche secondo fa chi sei, ovvero, uno scarafaggio insignificante, che piuttosto di farsi i cazzi suoi se la prende con delle ragazze innocenti».

Faccio un passo in avanti, facendola finire contro l'armadietto. Sophie interviene, mettendosi di fronte alla sua amica per difenderla. I suoi occhi castani mi guardano con rabbia e coraggio, mi fa quasi pena in realtà. «Smettila di dire bugie, lei non se la prenderebbe mai con nessuna ragazza», la difende a spada tratta. Ma ha sentito quello che mi ha detto poco fa? «Sei sorda o cosa? Mi ha minacciata tre secondi fa, Sally!» Esclamo. L'altra ragazza dai capelli scuri sbuffa, dicendo ad entrambe di andare via e di lasciarmi perdere. «Non abbiamo tempo da perdere con te, andiamo», prende la mano a Sophie.

 «Mi chiamo Sophie, non Sally», mi ricorda la ex di Lionel, sembrando anche piuttosto infastidita dal dovermelo ricordare. La rossa fa un passo verso di loro per seguirle, ma io la blocco contro l'armadietto, mettendo le braccia ai lati della sua testa. «Non ho finito con te», prendo parola. Incrocia le braccia al petto, alzando il mento con fierezza, per poi fare cenno alle sue amiche di andare, anche se sembrano contrariate. «Questa tua espressione coraggiosa puoi anche levartela, scarafaggino. Ed un'altra cosa: cerca sul vocabolario il significato delle parole se non lo sai, ignorante» La derido tetra. «Fammi indovinare... è stata Lotty a mandarti, quella codarda», ne gode di questo. Sbatto la mano contro l'armadietto, attirando di nuovo la sua attenzione. «Stai molto attenta Gwen, il prossimo non sarà un avvertimento, e un'ultima cosa: lasciala in pace, se non vuoi rivedermi», l'avviso seria. Faccio qualche passo indietro, fulminandola con gli occhi per poi darle le spalle e tornare in mensa, sentendo i suoi occhi maligni addosso.  


Angolo Autrice:

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Pearl Piotrowsky (The real queen of Poland)Where stories live. Discover now