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Pearl


Apro gli occhi svogliatamente, rendendomi conto che oggi è domenica e non ho nulla da fare, tranne la spesa, mi ricorda una vocina nella testa. Sbuffo, sbattendo la testa contro il cuscino. Magari in questo modo dimentico persino come mi chiamo e che ho pochi soldi in tasca... La serata di ieri è andata bene, ci siamo divertiti e abbiamo guardato un altro film insieme ai ragazzi. Non credo di aver mai passato una serata così tranquilla, tra... amici. C'era qualcosa di strano però, anzi, qualcuno. Più di una volta il mio sguardo è calato su Lionel, e ogni volta che lui tremava avevo una brutta sensazione addosso. Non voglio dare nulla per scontato per ora, non voglio creare allarmismi inutilmente. 

Ritorno in me, decidendo di alzarmi dal letto con la trapunta nera per poi proseguire nel corridoio e infiltrarmi in bagno. Mi lavo la faccia, legandomi i capelli poi in una coda alta e stretta. La mia frangia copre la fronte in ogni lato, anche se sulle guance ho dei ciuffi più lunghi. Dopo aver fatto i miei bisogni esco dal bagno e vado in cucina a prepararmi qualcosa da mangiare, che possibilmente sia sano e buono. Non sono bravissima a cucinare, anzi, faccio davvero schifo in questo campo. È proprio in questi momenti che mi manca Teodora e la sua cucina spettacolare... Chissà che starà combinando.

Guardo su internet la ricetta dei pancake, per poi sbattere due uova in un recipiente, insieme alla farina, miele, burro e zucchero. Qualche minuto dopo ne ho già bruciati due, ma fa niente. Abbasso il gas, provando a cuocerne almeno uno. Questa volta faccio un ottimo lavoro, e quando mi siedo per mangiare non faccio in tempo a masticare un pezzo di pancake che qualcuno mi chiama sul telefono. Rispondo, vedendo la chiamata di Lotty. «Pronto», mi schiarisco la voce, masticando la bontà che ho nel piatto. «Ehi, ti va se facciamo colazione insieme? Ho preso dei cornetti e li sto portando a casa tua», dice, mentre io sento in sottofondo il suono di un taxi. «Si, ho preparato dei pancake e penso siano venuti buoni...». Guardo la forma rettangolare e non rotonda, dicendomi in testa che è importante il sapore, non l'aspetto. «Li hai mai cucinati prima?» Mi chiede divertita. Mi pulisco la bocca sporca di crema alle nocciole, per poi pensarci su. In realtà so già la risposta. «No, mai», mi lascio sfuggire un sospiro frustrato. Sono un caso senza speranza, maledizione: non so fare niente!. «Sto arrivando», ridacchia, chiudendo poi la chiamata. 

Almeno qualcuno si diverte delle mie disgrazie, buono a sapersi. Passo il resto del tempo a pulire un po' la casa, ricordandomi il modo in cui Teodora spazzava, strofinava e toglieva la polvere. Circa quindici minuti dopo ho sistemato pure il divano e le molliche che c'erano a terra — avevo mangiato delle patatine l'altro ieri e non avevo pulito — . Bussano alla porta, perciò vado ad aprire. Il volto sorridente di Lotty mi mette di un buon umore, ma la busta di starbucks mi rende felice.

«Non sono Bisex, ma tu rischi di farmi diventare così se continui a viziarmi Lotty», ammicco verso di lei, facendola arrossire. La faccio entrare, osservando il suo vestitino a fiori bianchi e rosa. «Dove sono i tuoi pancake micidiali?» Mi chiede, mentre io le indico la cucina. Mi segue per qualche metro e quando entra sotto l'arco punta gli occhi sui pancake nel piatto. Assottiglia gli occhi, mentre io prendo i bicchieri di starbucks e i cornetti ripieni al cioccolato. «Si... be' non hanno la forma dei classici pancake», constata, toccandone uno come se fosse avvelenato. Ehi, che ne è del "l'importante è l'impegno?". Mi siedo a tavola, chiedendole qual' è il suo. «Sono entrambi dei cappuccini, quindi puoi prendere quale vuoi», mi dà il via libera. Prendo un bicchiere per poi bere un sorso e leccarmi il labbro inferiore con gusto. «Come mai questa visita?» Le chiedo, alzandomi per prendere due piattini e mettere i cornetti su di essi. Fa spallucce, guardandomi mentre vado avanti e indietro. «Non ho mai fatto colazione con nessuna ragazza, e tu sei mia amica, quindi ho pensato... perché no?» Si imbarazza, sembrando un tenero gattino innocuo. 

Sembrerà strano da dire, ma in realtà non ho mai avuto amiche neanche io. C'erano molte ragazze che volevano avvicinarsi a me, ma lo facevano solo per via dei casini che combinavo: erano solo intimorite da una mia possibile minaccia e quindi si fingevano amichevoli nei miei confronti. «Hai fatto bene allora», sorrido, sedendomi al suo fianco. «Perché non mi parli un po' di te? Tu sai dove abito io, che mestiere fanno i miei genitori e conosci mio fratello e i suoi amici, ma io ancora non so chi sei». Morde un pezzo del suo cornetto, guardandomi in cerca di risposte.

Cosa dovrei dirle di preciso? Sono stata sbattuta fuori di casa perché mia madre era stanca dei miei casini? Scuoto la testa, decidendo di dirgli qualcosa di personale. «Sai che i miei genitori lavorano nel mondo della moda, sai che non vogliono che io segua il loro stesso sogno, ma non sai perché sono qui a Brooklyn. Vedi, ne ho combinate così tante che i miei si sono scocciati del mio comportamento e hanno deciso di mandarmi via dalla Polonia», soffio, bevendo un altro sorso del mio cappuccino. Mi guarda con la fronte corrugata, chiedendomi cos'ho combinato di così grave. Provo a ricordarmi le cose peggiori che ho fatto, sogghignando come una pazza al ricordo. «Ne ho combinate tante, ma alcune sono state esilaranti per me, dico per me perché per i miei non sono state affatto divertenti. 

Per esempio: una volta eravamo ad un galà e c'era una ragazza che si atteggiava come una diva, vantandosi del suo bracciale d'oro costoso. Era arrivata al nostro tavolo e continuava a provocarmi, dicendomi che io non avrei mai potuto indossare un gioiello come il suo, che lei aveva partecipato a sfilate ed era conosciuta per sé stessa, non per la sua famiglia. A fine serata, nel momento più importante — ovvero quello del discorso sul palchetto — sono salita al piano superiore e ho accidentalmente versato il contenuto di una bottiglia di champagne sul suo vestito», sghignazzo, facendola ridere come una pazza. «E poi...?» Mi chiede, sul punto di scoppiare. Faccio spallucce, ricordando le urla di mia madre che mi diceva "no, non farlo Pearl"! «Nulla, sono scesa dalle scale con nonchalance e lei mi urlava contro, mentre io ho concluso il tutto con una frase», dico, provando a ricordarmela.

«Ah si, le avevo detto che poteva prendersi quanti vestiti voleva, poteva partecipare a tutte le sfilate e sfoggiare il suo bracciale d'oro ma che comunque lo champagne avrebbe avuto un valore maggiore rispetto alla sua personalità da quattro soldi». Mi ero divertita così tanto quella sera, al mio ritorno un po' di meno: i miei mi avevano messa in punizione per un mese e mezzo dopo quella mia vittoria. «Quanti anni avevi per architettare una simile scena?» Mi domanda. Faccio una smorfia, per poi dirle che potevo averne diciassette. Mangio un pezzo di cornetto, sentendo le sue risate divertite. «Hai detto anche che hai delle sorelle, o mi sbaglio?». Annuisco, masticando prima di risponderle. «Corinne e Iwona, la prima ha diciassette anni e la seconda ne ha sedici», le spiego. «Ti assomigliano, oppure non c'entrano nulla?» Chiede, particolarmente curiosa. 

Mi sembra di essere sotto esame, ma uno di quelli piacevoli questa volta. «Esteticamente mi assomigliano: hanno gli occhi chiari entrambe e i capelli neri, solo che Iwona ha le punte blu mentre Corinne no. Qualche volta le hanno scambiate pure per gemelle», mi ricordo. Quando erano piccole si vestivano uguali, nonostante una fosse più grande e l'altra più piccola. «Corinne è buona, altruista e molto leale; Iwona, invece, ha preso il mio peggio: è arrogante, presuntuosa e un po' stronza», uso i giusti termini per descriverla. «Ha preso dalla migliore», ridacchia, trovando il mio consenso. Continuiamo a mangiare tra una chiacchierata e un'altra, fin quando non mi chiede di farle un favore. «Ho bisogno che tu controlli mio fratello», mi prega con lo sguardo, lasciandomi stordita. La serietà della sua espressione mi fa capire che non sta scherzando affatto ora. 


Angolo autrice:

Pagina Instagram: car_mine01

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Pearl Piotrowsky (The real queen of Poland)Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt