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Pearl


Cerco su internet qualche lavoro che mi possa aiutare economicamente, trovando un annuncio in un bar. Il 'Nigerian caffè'.Cercano una ragazza al bancone, e quindi perché non dovrei accettare? Dovrei chiamarli per mettere in chiaro che la mattina ho lezione all'università. Compongo il numero, alzandomi dal divano del mio soggiorno per poi camminare avanti e indietro. «Pronto?» Risponde una ragazza. «Salve, ho visto l'annuncio su internet, quello sulla banconista al vostro bar e mi chiedevo se potrei fare un colloquio», parlo con calma, anche se dentro di me vorrei spaccare questo telefono e dare fuoco alla mia vecchia casa. «Si, certo. Che ne dici per domani pomeriggio, verso le sei e mezza?» Mi chiede, trovando subito il mio consenso. 

«Si, però mi chiedevo se potessi fare un turno di pomeriggio piuttosto che di mattina: vado all'università durante il giorno», le spiego, per non sembrare una sfaticata, anche se lo sono in realtà. «Nessun problema, abbiamo altre persone che potrebbe sostituire il turno di mattina», mi tranquillizza. «Perfetto allora, a domani», la saluto, chiudendo la chiamata solo dopo aver sentito il suo arrivederci. Sospiro, buttando fuori l'aria trattenuta fino a poco fa: essere gentile è difficile. «Quanto mai potrà essere complicato?» Parlo da sola, sperando nel meglio. Torno in cucina per prepararmi qualche spuntino — dato che sono le cinque del pomeriggio.

Ho preso delle carote, magari le pelo e poi me le sgranocchio come un coniglio. Ma si, perché no? Le pulisco e poi le lavo, sgranocchiandole come un criceto ingordo. Non ho molto da fare qui, e non ho neanche da studiare, perciò mi guardo un po' di televisione. La giornata passa in maniera monotona, e quando si fanno le dieci e mezza me ne vado a dormire in camera mia. Quando mi risveglio per andare a lezione sono le otto del mattino, e io ho poca voglia di vivere. Sbuffo, togliendomi i vestiti per poi entrare in doccia.

 La cosa positiva di poter vivere da sola è che posso girare nuda per casa... è divertente. Mi sciacquo, e poi esco dal box per asciugarmi. Circa mezz'ora dopo sono davanti al cortile dell'università, piuttosto seccata da questo sole mattiniero. Spero che quel bar mi dia il posto di lavoro: ho bisogno di soldi, e di poter vivere. 

Mia madre se la starà ridendo, o magari starà aspettando una mia chiamata disperata, per poi dirmi 'sei un incapace!'. Mi guardo attraverso lo specchio della porta, sorridendo alla mia figura stupenda: indosso una giacca nera elegante, mentre sotto ho un body in pizzo nero e un pantalone scuro; ovviamente ai piedi porto dei tacchi a spillo — quelli non mancano mai. Mi inoltro nel corridoio, alzando gli occhi al cielo quando noto Lionel camminare dritto davanti a me. Mi trucida con lo sguardo da lontano. «Sei già arrabbiato con me di prima mattina? Ti alzi proprio con il piede di guerra, ammettilo», lo provoco, quando me lo ritrovo davanti. Fa un espressione di sufficienza, facendo poi una smorfia subdola. «Credi che ti presti tutta questa attenzione? Magari ti fai male i conti, principessina viziata», continua a chiamarmi così.

Sogghigno, squadrando il suo abbigliamento da capo a piedi. Indossa dei jeans azzurri mentre sopra porta una maglietta bianca con la tasca nera in alto a destra: gli dona. I suoi capelli biondi sono leggermente tirati indietro, e quel sorrisetto lo rende più sexy del solito. «Ma guarda un po', sembra che non sono immune neanche a te», sogghigna spavaldo. «Se credi di essere il primo che squadro dovresti ricrederti. Sai, il tuo amico, Sven, ha proprio un bel sedere», mi lecco il labbro inferiore e lui mi osserva con occhi odiosi. Sorrido vittoriosa, dandogli una spallata per poi andarmene via. 

Mi diverto a vedere il suo viso infastidito ogni volta che vinco uno scontro! Proseguo per il corridoio, avviandomi verso l'aula tredici: l'aula di design. Amo la moda: vestiti, tacchi, stile, capelli... tutto quello che riguarda la femminilità per me è vero e proprio interesse. Mio padre lavora in questo settore insieme a mia madre, e i maledetti non hanno mai voluto che io lavorassi per loro. Probabilmente pensano che non sarei in grado di gestire il tutto, o magari pensano che non sono affidabile; opto per la seconda. 

Entro in aula, sedendomi in seconda fila. Per fortuna che in questo corso non c'è quell'imbecille nerd, il tizio dalla cravatta rossa a quadri... che obbrobrio. Scuoto le spalle, sentendo un brivido soltanto al ricordare quella cravatta. Aspetto il professore, vedendo entrare alcune ragazze e tra queste c'è una che attira la mia attenzione: punte fucsia. È la ragazza che parlava con Lionel, me la ricordo bene. Si accorge di me, e quando lo fa mi guarda in un modo circostante. Cos'è il suo ragazzo ha parlato male di me? Parla con le altre cheerleader, per poi avvicinarsi a me con aria furtiva.

«Tu sei nuova, giusto?». Sa già la risposta, che diavolo me la fa a fare questa domanda? «Si», rispondo, assottigliando lo sguardo. Non mi piace il suo modo di fare, per niente: ho una brutta sensazione. «Sai, vorrei soltanto informarti di alcune notizie che probabilmente non conosci. Il ragazzo con cui parlavi la scorsa volta, quello biondino, si chiama Lionel ed è il mio ex», puntualizza la sua posizione, facendomi corrugare la fronte. Sa che vuol dire ex oppure no? «Tanti auguri, vuoi un pacco di cioccolatini forse?» Mi scappa un sibilo divertito, mentre prendo il mio cellulare e controllo alcune notifiche su Instagram. Mi fulmina con gli occhi, e io la ignoro bellamente. «Ci stiamo frequentando di nuovo, e se per caso non l'avessi capito, ti sto dicendo di farti da parte», dichiara, assolutamente seria. 

Alzo gli occhi dallo schermo, scoppiandogli a ridere in faccia. Ma è seriamente pazza questa ragazza! Ma pensa che io abbia messo gli occhi su Lionel? Si, cioè l'ho squadrato perché è sexy da far paura, ma ehi, io squadro tutti! «Senti, bambolina dalle punte fucsia. A me non frega nulla del tuo ex, e a malapena ci sopportiamo. Non sarò io ad ostacolare la vostra favola con fiori, cavalli e carrozze», la snobbo, guardando un paio di scarpe interessanti su un sito. Si stacca dal banco, guardandomi ancora con aria dubbiosa. «Mi chiamo Sophie», marca il suo nome. «Non punte fucsia», fa una smorfia. 

La ignoro, sentendo suonare la campanella di inizio corso. Neanche le sto prestando attenzione: su questo sito ci sono dei vestiti davvero carini. Mi fermo un attimo, rendendomi conto di non poter spendere soldi perché ho un budget limitato. Sbuffo, chiudendo il telefono per poi maledire mia madre in Polonia; ordinaria amministrazione. 



Angolo autrice:

Pagina instagram: car_mine01.

Seguitemi per restare aggiornati sulla storia e per farmi qualche domanda se vi va!

Un bacio!

Pearl Piotrowsky (The real queen of Poland)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora