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Pearl


Osservo il libro di letteratura come se potesse volare, di sicuro sarebbe più interessante di questa lezione su non so chi. «Piotrowsky, mi sta ascoltando?». Ultimamente mi sembra di sentire sempre la stessa domanda, chissà perché. Sbuffo, alzando il capo verso la lavagna. La professoressa di letteratura mi chiede se sto bene e io le dico di sì, trovandomi il suo sguardo pensieroso addosso. Non posso lamentarmi, anche se, in realtà, sto cercando di evitare Lionel — cosa un po' difficile da fare, dato che viviamo sotto lo stesso tetto e praticamente lo vedo ventiquattro ore su ventiquattro —. «Posso andare un attimo in bagno?» Le domando, trovando il suo consenso. Questa professoressa è l'unica che non mi tratta così male. Esco dalla'aula, dirigendomi al piano inferiore per fare una passeggiata. Reggere due ore di letteratura inglese è un inferno, soprattutto quando mi annoio. 

Nel corridoio adocchio Sven da lontano, e quando mi rendo conto che sta limonando con un'amica di Sophie, per poco non butto la colazione sul pavimento. Come si chiamava quella ragazza dai capelli scuri e di cui non me n'è mai fregato un tubo? Provo a pensarci su, sentendo il ticchettio dei miei tacchi farmi compagnia. La ragazza è talmente assorta nel mordere le labbra a Sven, che non si è resa neanche conto di avere spettatori. Povero muro... Dopo ci spruzzo un po' di candeggina.

Applaudo al duo formidabile, vedendoli staccarsi di colpo e con foga. Sven non sa che ci sono io dietro, ma quando si volta, la sua espressione passa da frustrata a bianca cadaverica. «Non è come pensi», si difende, beccandosi un'occhiataccia dalla ragazza mora. «E cosa stavamo facendo contro il muro, idiota?» Sbotta. Alzo gli occhi al cielo a quel siparietto. «Ehi, a me non frega nulla se vi mangiate la faccia a vicenda. Volevo soltanto rovinarvi il divertimento», sogghigno, ammirando le mie splendide unghie rosse. «Be', l'hai fatto, quindi puoi andartene ora?» Corruga la fronte, la giovane. La guardo come se avesse tre teste, decidendo di avvicinarmi a Sven. Poso un braccio sulla sua spalla, sentendo il suo nervosismo da qui. «Ti conviene dirle di andare via, prima che le riveli la tua cotta per Lotty», sussurro cattiva. Si scosta dal mio braccio con seccatura, tirandola dal polso fino agli armadietti per parlarle. È così facile avere a che fare con quelli come lui: cercano solo una scopata, o almeno, è quello che lui vuole far credere in giro. Lei gli dà uno schiaffo in volto, e lui arriccia le labbra in una smorfia indifferente quando la bella mora scappa via. 

Ah, l'amore! Sven si volta verso di me, trucidandomi con gli occhi. «Sei contenta ora? E poi non ho una cotta per Lotty, smettila di ritornare su quell'argomento del cazzo», ringhia, arrivandomi ad un soffio dal viso. Le vene sul suo collo sono evidenziate, e penso di non averlo mai visto in questo stato furente. Avverto dei passi dietro di me, e quando un profumo agrodolce si inoltra nelle mie narici, so già chi ho al mio fianco. Sposto lo sguardo verso il biondino alto un metro e novanta, sorridendo all'espressione supponente di Lionel.

«Che succede qui?» Domanda, ergendosi imponente di fronte a me. Una strana emozione calda si propaga in tutto il mio petto quando noto che mi sta difendendo. «Niente, Pearl si stava impicciando di cose che non la riguardano», gli comunica il suo amico. Lo fisso male, alzando un sopracciglio con un espressione del tipo "ci sei o ci fai"? «Lo sai molto bene perché mi stavo mettendo in mezzo, razza di bugiardo!» Gracchio, sentendo suonare la campanella di fine corso. Sono sollevata, almeno ho finito le due ore di letteratura inglese. Lionel mi guarda perplesso, ma stranamente non mi chiede più informazioni. «Non mi interessa cosa sia successo, ma almeno evitate di creare siparietti in mezzo al corridoio e con tante persone che vi guardano», soffia, accennando ai ragazzi che stanno scendendo ora dalle scale. Sven alza gli occhi al cielo, compiendo un passo indietro per andarsene. «Io ero per cazzi miei, è lei che ha iniziato con le minacce. Comunque, non mi interessa. Fate quello che volete, io me ne vado», decanta, sembrando un bambino in cerca di approvazione. 

È odioso questo ragazzo, molto odioso. Lo guardo andare via con espressione indifferente, per poi superare Lionel e alcuni ragazzi nel corridoio. «Ah, ferma! Cosa credi di combinare scusa?» Mi interpella il ragazzone dietro di me. Fisso le sue iridi azzurre, aspettandomi un continuo. «Che diavolo hai detto a Sven per farlo arrabbiare così tanto?». Ecco che ci risiamo, ovviamente sono sempre io la colpevole. Sbuffo, salendo i gradini con lui alle calcagna. «Niente, semplicemente l'ho beccato a limonare con l'amica della tua ex e... l'ho messo in guardia, più o meno» gesticolo con la mano.

Mi regala un'occhiata sospettosa, seguendomi per il resto del corridoio. A proposito, perché mi sta seguendo? Quando entro in aula non c'è più nessuno, neanche la professoressa, quindi prendo il libro dal banco e poi scendo il gradino. Lionel si guarda intorno per l'aula, incrociando le braccia al petto come un bravo professorino. «L'hai minacciato?» Corruga la fronte, facendomi sbuffare. Quando si concentra su un argomento è difficile schiodarlo da quel punto! «Sei proprio pesante...» Sussurro esasperata, intrappolandolo contro la scrivania. Lo guardo dritto in volto, apprezzando ogni minimo particolare del suo viso. Mi studia con espressione divertita, leccandosi il labbro inferiore per attirare la mia attenzione. «Non sei più arrabbiata con me, vedo. Prima mi evitavi come la peste». Dovrei ringraziarlo per avermi ricordata che sono ancora arrabbiata con lui. Scurisco gli occhi, sorridendo con molta forzatura. «Mi hai accusata di averci provato con il tuo capo, e fidati, potrei farlo ma non voglio. E poi non è vero che ero io a provarci, era lui che flirtava con me!» Esclamo, puntandogli un dito contro la spalla. Sorride con falsità, inclinando leggermente il capo. «Era limpido come l'acqua che lui voleva portarti a letto, e tu, piuttosto che evitare i suoi sguardi lussuriosi, lo provocavi accavallando le gambe». Ah, quindi anche lui mi guardava le gambe? Interessante. Devo ammetterlo, mi piacciono i nostri battibecchi. Sorrido, realmente colpita dalle attenzioni che mi da. «Andiamo a casa, biondino», lo apostrofo, prendendolo dal polso per smuoverlo dalla cattedra. Lo tiro via, sentendolo protestare qualche secondo fin quando non cede e mi segue fuori dall'aula. 


Angolo autrice:

Buon ferragosto in ritardo! Scusate ma ieri sono stata male e non ho potuto farveli...

Pagina Instagram: Car_mine01

Un bacio!

Pearl Piotrowsky (The real queen of Poland)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora