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Pearl

Disfo le valigie, osservando questo appartamento minuscolo: è l'opposto della villa in Polonia. C'è un cucinino, un bagno e un piccolo salotto composto da un divano e una poltrona in pelle nera. Sbuffo, guardando la mia stanza con un letto, due comodini e un armadio all'angolo; almeno l'armadio è a tre ante. Penso che me l'abbia fatta apposta a prendere questo appartamento. Mi siedo sul letto, fissando le pareti bianche attorno a me. Dovrei andare a compilare alcuni fogli all'università, se non mi sbaglio sono quelli dei corsi. Guardo l'orario sul mio telefono, leggendo le quattro e quaranta. Non c'è neanche del cibo nel frigo, non mi hanno lasciata nulla. Mi alzo dal letto, prendendo il mio portafoglio in tasca per controllare se ho qualche soldo. Non posso usare neanche la carta di credito, quindi come diavolo dovrei mangiare?! Speriamo che ci sia una mensa all'università. Proseguo verso il soggiorno spoglio, decidendo di prendermi le chiavi per uscire fuori da questo posto. 

Mando un messaggio a Corinne, chiedendole di dirgli a nostra madre quando arriverà la mia macchina. Non ho intenzione di prendermi sempre i taxi o di farmela a piedi con i miei tacchi a spillo. Non ricevo risposta e quindi prendo le mappe di google e cerco l'università di Brooklyn. Non è lontana da qui, saranno circa venti minuti a piedi. Inizia a camminare Pearl, inizia a farlo per il tuo bene.

Dopo aver svoltato almeno tre stradine e aver superato circa quattro strisce pedonali, alla fine, riesco a vedere l'entrata dell'università. Una costruzione in mattoni rossi, alta e con tre piani ben assestati. Ci sono persino dei chioschi dove fare merenda o colazione, anche se attualmente sono chiusi perché sono le quattro del pomeriggio. Proseguo verso l'entrata, sentendo dei fischi provenire dal campo esterno, dove presumo si stiano allenando le squadre o qualunque cosa loro facciano nel pomeriggio. Apro la porta, vedendo il corridoio del tutto vuoto. Cammino verso la fine del corridoio, superando alcune aule semi aperte. 

Il rumore dei miei tacchi mi accompagna per tutto il passaggio, fin quando un suono più acuto non si insidia nel mio orecchio. Faccio un passo avanti, inclinando il viso verso la porta aperta dell'aula. Un ragazzo è eretto, ed è intento ad alzare la testa verso il soffitto. Tutto mi è più chiaro quando trovo una ragazza seduta sulle ginocchia, intenta a fargli un bel servizietto. Non deve essere per niente furbo questo ragazzo, proprio per nulla. La ragazza apre gli occhi di colpo, diventando subito rossa quando mi vede. «Cazzo, che figura...» Si imbarazza, mentre le mie labbra si aprono in un sorrisetto scaltro. Retrocede, e il ragazzo si riaggiusta la patta dei jeans. «Devo, devo andare via...» Scappa dall'altra parte con in mano i suoi vestiti. La guardo sparire, sentendo una voce nuova, roca e dannatamente virile. 

«Presumo che qualcuno mi abbia rovinato il divertimento», parla il biondo, ancora di spalle. Sorrido con falsità, ammirando la schiena lunga e liscia da cui si intravede la bella linea nel mezzo, la famosa colonna vertebrale. Il biondo si volta, mostrando un espressione spavalda ma divertita. Deve essere un cretino, non c'è dubbio.

Si rimette la maglietta e
mi squadra da capo a piedi, leccandosi il labbro inferiore un po' arrossato e gonfio. Ha il classico viso da sbruffone, eppure io non posso fare a meno di notare attraenti i suoi tatuaggi e i suoi capelli leggermente rasati ai lati con i ciuffi color miele nella parte superiore della fronte. Mi stacco dal muro, allontanandomi da lui mentre mi fissa con avidità. «Credi di potertene andare così? Hai appena rovinato il mio divertimento, sai», mi segue, dicendomi l'ovvio. Non ho bisogno di altri problemi, e questo ragazzo ne sarebbe uno in più troppo scontato. Continuo ad ignorarlo, quando ad un tratto mi richiama e mi blocca dal polso. 

«Non. Osare. toccarmi», sputo fuori, restando fredda come un ghiacciolo. I suoi occhi azzurri si dilatano e questo mi urta il sistema nervoso. Sembra trovare divertente tutto ciò, lo capisco dalla sua espressione sbalordita e divertita. «Abbiamo una combattente qui», sorride, mentre io lo fulmino con gli occhi. «Levati», dico di nuovo. «Eh no, hai appena rovinato un pompino, e fidati ne avevo bisogno per sfogare il mio nervosismo. Perciò ora, mi avrai come tuo accompagnatore», lascia il polso, mentre io lo fisso stranita. «Devi avere dei problemi seri», constato, toccandomi il polso leggermente arrossato. 

È alto, il biondino; penso che sia almeno un metro e ottantacinque o qualcosa in più. «Sei nuova? Anzi no, lo so già che lo sei», afferma, facendo un passo indietro. Sbuffo, sorpassandolo per continuare la ricerca della segreteria. «Che diavolo me la fai a fare questa domanda se sai già la risposta?» Ribatto, svoltando a destra. «Lo faccio perché mi va, perché posso e perché faccio quello che voglio», si mostra sicuro. Mi blocco, puntando i miei occhi azzurri nei suoi più chiari. Mi inizia ad infastidire questo suo atteggiamento da sbruffone.

«Devi essere uno di quelli che si credono avere il controllo su tutto, ma poi, relativamente parlando, non hai niente», lo spengo all'istante, notando le sue iridi divenire più distaccate. So già che risponderà a tono ora, che mi manderà a quel paese anche. La sua espressione diventa seria e quando inclina il viso verso il mio, mi aspetto proprio una bella risposta secca e cruda. «Tu, invece, devi essere una di quelle superficiali, che provano in tutti i modi a comandare a bacchetta. Ci scommetto anche che nessuno ti sopporta perché sei una viziata, magari ti hanno mandata via proprio per questo», sputa fuori, più arguto di me. Lo ammetto, un leggero pizzico di fastidio l'ho provato; dovrei dare un punto al biondino e zero a me. Essendo fin troppo abituata a questo tipo di risposte, per me è come ricevere un saluto, totalmente semplice. «E infatti hai ragione», affermo, per nulla colpita. I suoi occhi mi guardano con circospezione, quasi volessero trovare un cenno di sofferenza in essi. 

«Ora che abbiamo appurato come siamo fatti caratterialmente potresti dirmi dove diavolo è la segreteria e renderti utile, biondino», prevedo, mentre lui assottiglia lo sguardo. «Mi hai appena insultato e dovrei dirti pure dove si trova la segreteria?» Chiede, con una punta di scocciatura. 

Annuisco con disinvoltura, e aspetto una sua risposta. Mi fissa con riluttanza, e dopo essersi passato una mano fra i capelli sbuffa e mi supera. «Sbrigati, viziata», mi apostrofa, facendomi sogghignare. È strano questo biondino, non è il primo ragazzo con cui parlo, eppure non ho mai sentito questa sorta di sintonia con nessuno. Non amo parlare con le persone, ma questa volta non ho sentito il peso della chiacchierata, ed è dannatamente strano. 

Angolo autrice:

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Un bacio!

Pearl Piotrowsky (The real queen of Poland)Nơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ