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Pearl


Un anno prima

Entro in officina guardandomi intorno alla ricerca di Payton. Da quando ha iniziato a lavorare è sempre impegnato il pomeriggio, ma non appena ha un momento libero viene sempre a trovarmi, quindi ho pensato di scomodarmi io questa volta. Il proprietario mi indica una macchina sportiva blu elettrico in fondo al garage, quindi lo ringrazio con un occhiolino e poi cammino verso quel punto. Sorrido, mettendo i piedi ai lati dei suoi fianchi mentre è sotto la macchina, troppo impegnato ad aggiustarla. Tossisco per farmi sentire, e quando lo sento sbuffare mi scappa un sghigno. «Capo è quasi pronta, sto soltanto girando un bullone», borbotta, non sapendo che in realtà sono io. Gli do un leggero calcio al ginocchio, facendolo imprecare. Faccio un passo indietro quando fa per rialzarsi, e non appena esce da sotto la macchina, resto abbagliata dai suoi occhi scuri. Alza un sopracciglio, guardandomi con un leggero velo di divertimento. «Ma che ci fai qui?» Sorride, alzandosi da terra. Devo ammettere che la sua uniforme blu gli dona da morire insieme al grasso sul collo. Lo spoglierei... «Volevo vederti», faccio spallucce quando mi attira più vicina al suo petto. Mi lascia un bacio in fronte che mi riscalda il cuore, e quando si stacca vorrei che non l'avesse fatto.

«Ehi, Fabian, posso portarmelo via per qualche minuto?» Domando al suo capo, voltandomi verso l'uomo barbuto dai capelli scuri che sta pulendo i vetri. «Si, basta che me lo riporti», annuisce tranquillo. Sa che siamo fidanzati, e forse capisce anche che gli orari di Payton sono un po' pesanti, d'altronde ha solo vent'anni. Lo ringrazio e poi trascino via il mio ragazzo, uscendo dall'officina con la voglia immane di stare insieme a lui. Qualche minuto dopo siamo seduti sulla panchina di un parco a coccolarci un po'. «Vorrei tanto presentarti ai miei sai?» Sospiro, tirandogli indietro i ciuffi scuri. Mi guarda stupito, ma anche un po' felice. «Non gli piacerei, loro aspirano al meglio e io non lo sono», afferma, lasciandomi un po' di amaro in bocca. «L'importante è quello che cerco io, non quello che vogliono loro. Sai che non sono la classica ragazza che si fa influenzare; anche se a loro non andassi bene, a me non importerebbe nulla», provo a rassicurarlo. Il vento mi scompiglia i capelli lunghi portandomeli di fronte al viso ma, per fortuna, c'è Payton che li riporta indietro. 

Sospira appesantito, e so benissimo che i ragionamenti dei miei genitori lo fanno sentire inferiore (cosa che non dovrebbe assolutamente pensare). «Vorrebbero vedere la propria figlia con qualcuno di importante, di alto rango; io lavoro in una merda di officina Pearl. Guardami, ho le mani sporche di grasso e ti sto persino sporcando il cappotto», impreca, guardando altrove. Non me n'ero neanche accorta. «Non me ne frega niente del giubbotto. Piuttosto, perché non parliamo di quanto stai bene con questa uniforme?». Le mie labbra si curvano in un sorrisetto e quando mi avvicino gli lascio un bacio sulla guancia. «Ti spoglierei», sussurro, facendogli scappare un sorriso esasperato. Mi squadra da capo a piedi, e finalmente riesco a vedere un po' di serenità sul suo volto. «Mi fai uscire fuori di testa», inspira. Mi accarezza il volto con le dita e il suo sguardo intenso e dolce mi fa battere forte il cuore.

Forse dovremmo passare una giornata da soli: io e lui, lontani da tutto. Siamo sotto Natale e mi piacerebbe farlo rilassare in qualche modo. «Possiamo andare nel cottage dei miei, quello in montagna. Pensaci: noi due, soli, in mezzo ai pini e alla neve alta quanto te, praticamente verrei sotterrata», scoppio a ridere, sentendo anche la sua risata. «E ai tuoi che dirai?» Mi chiede, togliendo un capello dal mio cappotto. «Che dormirò da un'amica; ci crederanno, tanto non sanno mai dove vado e con chi sono quando esco di casa», dico. «D'accordo», conferma. Lo abbraccio di slancio, non vedendo l'ora di passare del tempo da soli. Io e Payton abbiamo organizzato di vederci in precedenza della Vigilia, esattamente due giorni prima. Staremo insieme nel cottage e lì c'è tutto quello che ci serve, ma in ogni caso faremo la spesa prima di salire. Quando arriviamo al Cottage apro la porta con la chiave, che tra l'altro ho rubato di nascosto, tirando un sospiro di sollievo quando ammiro le pareti in legno della casetta. «Accendo subito i riscaldamenti», dico, avvicinandomi al tavolo in legno sulla sinistra, in cui c'è posato proprio il telecomando. 

Dopo aver messo la giusta temperatura e aver sistemato la spesa mi guardo intorno: c'è una cucina sulla sinistra con i vari utensili, il frigo e un tavolo in legno con cinque sedie; poi c'è un mini soggiorno con un divano, due poltrone e il caminetto; infine, ci sono il bagno e tre camere da letto al piano di sopra. «Ma quanto sono ricchi i tuoi?» Domanda strabiliato. Sogghigno, salendo le scale di fronte al mini soggiorno. «Abbastanza, anzi, più che abbastanza». Una volta sopra, vado nella mia camera dai toni blu per posare il borsone nella cabina. Payton mi raggiunge e poi si mette a ispezionare le varie foto sulle mensole. Ne prende una dov'ero piccola; avevo due code lunghissime che mi arrivavano fino ai fianchi. Non c'è da sorprendersi se ora ho i capelli lunghi fino al sedere.

Lo abbraccio da dietro inspirando il suo profumo agrodolce, che credo sia arancio misto a colonia. Vorrei convincerlo a venire a casa mia per Natale ma, so già che non sarebbe d'accordo. Il fatto che i miei genitori siano ricchi sfondati lo mette a disagio, e allo stesso tempo lo fa andare in paranoia. Lo convinco a dormire un po' con me, e mentre mi accarezza i capelli lo sento un po' distante. «Che hai?» Gli chiedo, piuttosto stranita. Sospira, dicendomi che non ha niente. «Payton, ti conosco da tre anni, sai che sei come un libro aperto per me», sbuffo, alzandomi a metà busto. Mi guarda con quelle sue pozze scure, passandosi una mano fra i capelli scuri. «Devo dirti una cosa ma, non voglio che ti preoccupi», inizia. Ecco, che ho fatto questa volta? L'ansia mi divora, e quando si alza a metà busto è anche peggio. «Qualche giorno fa, mentre ero in pausa pranzo, sono andato al parco per farmi una sigaretta, e... ho rivisto la mia ex». Non so cosa succede però le mie orecchie si tappano d'improvviso, come se non volessero sentire quello che ha da dirmi. Il cuore batte a mille, e una gelosia malata mi spinge ad alzarmi dal letto. Non faccio niente, eppure continuo ad andare avanti e indietro. 

«Non è successo niente», mi rassicura. Lo guardo e capisco che dice il vero: è dannatamente serio. Cosa dovrei fare? Perché non riesco a smettere di tremare? So che la sua ex ha contato molto per lui, e quindi perché mi sento così... frustrata. «Che... che avete fatto? Vi siete salutati?» Provo a restare lucida. Annuisce, grattandosi il collo. «Si, mi ha chiesto come stessi e se mi andasse di prendere un caffè con lei». Lo fulmino con lo sguardo, ma lui scuote la testa. «Le ho detto no». Tiro un sospiro di sollievo, eppure quella paura non va via. Si alza dal materasso, raggiungendomi con poche falcate per poi prendermi il viso tra le mani. «Sto con te, non cambierà niente tra noi», mi rassicura, e per lo sguardo dolce e sincero che tiene dovrei credergli, tuttavia, mi sento comunque insicura. 


Angolo autrice:

Pagina Instagram: Car_mine01

Prima parte dei ricordi di Pearl!

Penso che ora abbiate capito un po' di più su Payton.

Un bacio!

Pearl Piotrowsky (The real queen of Poland)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora