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Più tardi, già in autostrada, mi venne in mente qualcosa di piuttosto insolito: un pensiero pazzesco che mi trafisse il cervello, che mi fece sussultare e sorridere, al tempo stesso.

Non avevo mai pensato a nessun altro al di fuori di Leonardo, negli ultimi giorni: avevo perso il contatto con tutto il resto del mondo. Dovevo fare qualcosa, riconciliarmi con il mio passato, ricominciare da zero, annullare tutto ciò che ero stata fino a quel momento, con i miei dubbi, le mie imprecisioni, le debolezze e le follie: dovevo diventare una donna nuova, una donna, innanzitutto, una donna davvero.

Crescere, e non solo anagraficamente, voleva dire sapere quando abbassare la testa, fare i conti con tutti i miei errori, accettarli e superarli.

Presi il cellulare ed infilai l'auricolare, cercando nella rubrica un numero ben preciso, proprio quel numero che non chiamavo da una vita.

-Pronto?

-Mamma? - chiesi dubbiosa.

-Laura? - rispose e sentii un sorriso nella sua voce.

-Ciao. - dissi imbarazzata: non avevo idea di cosa dire, non mi ero preparata un discorso, non trovavo le parole e non sapevo da che parte iniziare.

La strada scivolava veloce davanti a miei occhi, mentre il mondo iniziava una nuova giornata, mentre il sole saliva piano piano in alto nel cielo limpido di quella mattina strana, contorta, piena di interrogativi sciolti in un mare di certezze.

Sapevo quello che volevo.

Sapevo che non sarei tornata indietro.

Ora sapevo anche cosa contasse davvero nella vita.

Sapevo che cosa volesse dire avere tutto e poi perdere tutto, trovarsi nuda di fronte al vuoto, sentirsi perduta senza via d'uscita.
Ma sapevo anche cosa volesse dire riavere indietro l'unica cosa che davvero contava.

E rendersi conto che non era una fine, ma un nuovo inizio.

-Ciao. Come stai? - infranse un silenzio fatto di respiri soffocati.

-Bene. Adesso sto molto bene.

-Bene – fece tranquilla, respirando a fondo.

-Mamma, non so che dirti. Ma volevo ringraziarti, e anche papà. Grazie perché hai sistemato le cose, esattamente come quando ero piccola. Ti ringrazio perché, senza il vostro intervento, non so cosa sarebbe successo e non so cosa avrei fatto. - presi fiato, rendendomi conto che non importava quello che era accaduto negli ultimi anni: non si può scappare troppo lontano dai propri affetti, dai propri ricordi, ora ero sicura che dovevo tutto a lei.

-Non devi ringraziarmi. Piuttosto dimmi una cosa importante: è tornato?

-Sì – risi come una sciocca ragazzina e, ricomponendomi, aggiunsi – sì, è tornato. Abbiamo parlato tanto e credo che le cose si potranno sistemare, lavorandoci su.

-Certo: tutto si può sistemare, solo la morte è la fine di tutto.

-Hai avuto un ruolo decisivo. - proprio io, incapace di mostrare emozioni, che non riuscivo a piangere, che non mi aprivo, adesso ero lì, con le mani ferme sul volante ed ero pronta a fare i conti con le mie emozioni, che restavano aggrovigliate come un gomitolo, come una condanna, come, forse un'assoluzione.

-Oh, ho avuto l'impressione che non aspettasse altro.

-In che senso?

-Che arrivasse qualcuno a parlargli bene di te, era come se non aspettasse altro che arrivasse qualcuno a dirgli di ritornare da te. Si vede che ti adora, senza tanti giri di parole. - rimase in silenzio qualche secondo e, subito dopo, aggiunse con un sospiro - Sai? Devo ammettere che è un bravo ragazzo. È sorprendente, pensando alla sua giovane età. Mi è piaciuto, davvero e, per certi versi, ho capito perché stessi così male all'idea di perdere una persona del genere.

TrentacinqueWhere stories live. Discover now