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Stavamo andando alla festa, due sere dopo.

Giacomo guidava con lo sguardo fisso sulla strada, mentre guardavo fuori dal finestrino, assorta.

Alla radio suonava una canzone rock.
-Tutto bene? – la sua voce mi distrasse dai miei pensieri.

-Certo. - risposi con tranquillità, senza distrarmi da ciò che vedevo al di fuori dalla macchina, poi, sempre sovrappensiero, aggiunsi: - perché me lo chiedi?

-Sei un po' pensierosa, problemi al lavoro?

-No. – risposi semplicemente.

Annuii senza aggiungere altro, in apparenza soddisfatto e, di nuovo, nella macchina, calò il silenzio.

Era davvero tutto qui?

Queste erano le nostre conversazioni?

Ci eravamo già detti tutto?

Continuai a fissare la città che scivolava via nella notte, chiedendomi se quel muro che mi ero costruita intorno potesse mai crollare, prima o poi.

Non amavo più nessuno da anni, ormai, il mio cuore era gelido, incapace, inadatto: mi ero guardata intorno e avevo trovato solo me stessa.

Ero la mia migliore amica, la mia compagnia ideale, la mia vera anima gemella.

Nessuno poteva rompere la mia armatura.

Ero sola e disperata, ma, al tempo stesso, fortissima come un guerriero di altri tempi, quelli delle crociate, per intenderci: il mio cuore non amava, ma stavo sul tetto del mondo, governatrice e padrona della mia vita, come se non esistesse nessun altro al di fuori di me, pronta a morire, per amore, anche se, in realtà, non sapevo cosa volesse dire, visto che era un gioco perso in partenza, una battaglia che mi vedeva sconfitta da subito, senza sguainare la spada.

Eppure io ero certa di volere qualcosa di più.

Volevo l'emozione, volevo mancare il battito, volevo tremare e piangere disperatamente per amore, volevo un amore unico che mi facesse cantare sotto la pioggia, dentro alla doccia, di fronte allo sguardo tremolante ed immobile delle mille stelle del cielo, un amore che riempisse tutti i miei pensieri e i miei sogni. Volevo tutto e, soprattutto, volevo molto di più di tutto quello che avevo ora. Volevo l'aria tra i capelli, volevo sussurri, parole, volevo che restasse qualcosa che fosse più del nulla che avevo per le mani ora. Volevo sogni, speranze, volevo una vita diversa, che sapesse ancora regalarmi emozioni e sussulti, volevo tremare e soffrire, volevo sentirmi viva ed innamorata sul serio, come prima, come non ero mai stata. Volevo non essere più da sola, nemmeno al centro della festa, nemmeno in una stanza di piena di gente, non volevo recitare un ruolo da bastarda che non mi apparteneva, perché quella corazza era d'argilla e io stesso scendevo a compromessi con me stessa, per assecondare il mio orgoglio, per convincermi davvero di essere forte, sicura, senza macchia né paura. Volevo essere il centro di qualcosa, qualcosa che funzionasse, davvero. Volevo essere nel cuore di qualcuno che non allontanasse mai il proprio sguardo da me, che controllasse i miei movimenti, che si prendesse cura di me e curasse le ferite del mio cuore. Volevo un amore grande, maledetto, che mi facesse soffocare, che mi guidasse e mi condannasse ad essere innamorata per sempre, un amore da proteggere, tutelare, difendere, custodire come il più prezioso dei segreti, volevo un amore travolgente, che non mi facesse capire più niente, nemmeno il senso stesso delle mie azioni: un amore che forse non avrei meritato, ma lo volevo così, forte, tempestoso, invadente ed inaspettato, per chiuderlo dentro al cuore, ad ogni costo.

Scesi dalla macchina e mi avviai verso il locale che era stato affittato per la festa, mentre Giacomo mi precedeva, come se fosse il mio sherpa sull'Himalaya.

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