72

331 13 0
                                    

Il resto della serata non fu altrettanto movimentato.

Arrivammo in piazza che ormai erano già le dieci passate, lo staff aveva già la pressione altissima, perché c'erano stati dei problemi con l'impianto acustico e uno dei performer aveva perso la bussola sul palco, lanciandosi in uno sproloquio a metà tra il religioso e il politico che era durato un quarto d'ora di troppo. Tutti i cantanti che si esibivano quella sera erano emergenti, alcuni gruppi rock, una bravissima cantante soul, qualche rapper arrabbiato e altri ragazzi che rifacevano cover di canzoni famose.

Leonardo si concentrò sulla scaletta di canzoni che avrebbe dovuto cantare di lì a poco, gli portai la sua camomilla calda col miele per scaldare la voce, la prese alzando gli occhi dal foglio che stava studiando, ripetendo a voce bassissima le melodie e gli attacchi:

-Ma come? La fanno portare a te, la camomilla? - esclamò scandalizzato, mentre i vari assistenti di Cristina volteggiavano intorno a noi come api vicino al miele.

-Ho chiesto se era la tua e l'ho presa. Mi sembrava un gesto carino – commentai con un'alzata di spalle – l'ho fatto volentieri.

Allungai lo sguardo sul foglio e lessi i titoli delle canzoni: come sempre, avrebbe cantato quella che gli avevo consigliato: adesso sembravano passati mille anni da quella sera, ma era stato solo qualche settimana fa, anche se non ricordavo più quanti giorni fossero passati, forse un mese o forse di più.

Sorrisi e mi sedetti accanto a lui.

-Cristina ti ha detto qualcosa, vero? - lo guardai sorpresa: non avevo intenzione di parlargliene, non era così importante e già troppe volte lo avevo stressato prima di un concerto.

Quella sera dovevo essere un supporto morale, non un peso che potesse affossarlo.

-Qualcosa, sì – borbottai senza darci troppo peso, facendo finta che non fosse successo nulla – ma ... Leo, non ti preoccupare di niente. È tutto sotto controllo, non ci sono problemi.

-E dire che mi sembrava di aver visto che stavate per prendervi a schiaffi – alzò un sopracciglio e restò in attesa di una mia risposta.

-Ma no, dai – scoppiai a ridere, giusto per alleggerire la situazione, perché ero proprio stanca di creargli sempre dei problemi – sai quanta gente come Cristina conosco sul lavoro? Ok, è tosta, ma mica mi fa paura. Anzi, a dire il vero, dovrebbe avere lei paura di me, perché sono più forte, più dura e molto, ma molto più innamorata di te di lei.

Rise anche lui e bevve un sorso della camomilla fumante.

-Mi spiace, è fatta così: si sente molto responsabile per la mia carriera e, paradossalmente, anche per la mia vita privata. Mi ripete sempre che sono speciale, che deve proteggermi, perché il mondo della discografia è pieno di squali e non vuole che sia la solita meteora, non vuole per me un successo temporaneo, vuole che resti. Ed è pronta a tutto, pur di riuscirci.

-Eh, me ne sono accorta – risposi sorridendo.

-Le parlerò. Perché so che, a modo suo, in un modo tutto strano e da comprendere, mi vuole bene.

-Non è necessario che le parli, davvero – dissi appoggiando una mano sulla sua spalla.

-Penso che dovrei far sentire anche la mia voce, no? - fece spallucce, come un bambino capriccioso e mi fece sorridere, ancora una volta.

-Certo, ma non darei troppo peso a quello che dice. Ok, dobbiamo stare attenti a non dare troppo nell'occhio, su questo sono d'accordo anche io. Non voglio finire ancora in giornali di quarto ordine, non voglio essere oggetto di discussione, non mi interessano i pettegolezzi, le chiacchiere, anche se le persone sono maligne e, comunque, troverebbero da dire qualsiasi cosa. Voglio scomparire al tuo fianco, non voglio che nessuno capisca quanto cavolo ti amo. E, poi, non può mica impedirmi di vederti.

-Sarebbe impossibile – avvicinò le labbra al bordo del bicchiere, soffiò leggermente sul liquido caldo e alzò gli occhi per guardarmi – lo sai.

Per l'ennesima volta, il suo sguardo ebbe il potere di ammutolirmi, rendendomi incapace, per qualche secondo, di articolare il minimo pensiero elementare.

Quanto ancora sarebbe durato quell'effetto allucinante, che era in grado di zittirmi e rendermi all'improvviso debole e fragile?

Ebbi il folle istinto di abbracciarlo forte forte, di baciare le sue labbra, i suoi occhi, la punta del naso, le orecchie, il collo. Di baciare ogni centimetro della sua pelle profumata, di sentire il battito del suo cuore, di sentirlo mio, ancora, di nuovo. Di fare l'amore, sotto a quel palco di lamiera, improvvisato, che domani già non sarebbe stato più lì.

Lo volevo così disperatamente da stare quasi male.

Subito.

Come se non fosse stato mio da secoli, come se la mancanza del suo corpo, della sua anima, gridasse troppo forte dentro di me, tanto forte da non farmi stare ferma, da farmi male fisicamente.

Sorrisi ed arrossii.

-Perché ridi? - chiese divertito.

-Sto pensando a quello che ti farei, qui, adesso – risposi con sincerità: sgranò gli occhi e diventò rosso come un peperone, mi morsi un labbro e chiesi con aria innocente – che fai? Ti imbarazzi?

-Beh, cioè ... no che non mi imbarazzo. No, certo. - si schiarì la voce e disse: - Non so, magari possiamo fuggire, tanto non è che mi importi tanto del concerto, cioè, scappiamo via e pace. - si guardò intorno con aria circospetta e aggiunse: - Tanto più che ci sono un sacco di problemi tecnici, le basi a volte saltano, la cosa mi fa anche incazzare perché io preferisco sempre suonare con la mia band, ma sta volta non hanno voluto: ovvio, avrebbero dovuto pagarli. Quindi, per certi versi, se lo meritano anche.

-E come la metti con tutti i tuoi fan che aspettano da ore di vederti? Oggi, poi, fa anche molto caldo e sono stati tutto questo tempo sotto al sole, solo per vedere te. - gli diedi una leggera spallata, un gesto amichevole che era anche l'unico che potessi permettermi in quel momento.

-Hai ragione – commentò annuendo, soffiò di nuovo dentro al bicchiere – ok, facciamo così: io vado a cantare, ma tu tieni bene a mente tutte le cose che ti passano per la testa, perché, prima o poi, in albergo, ci torniamo. Quindi segnati tutto, non vorrei mai che ti scordassi qualche dettaglio.

Risi scuotendo la testa, mentre iniziava a fare i primi vocalizzi.

Ascoltai con gli occhi chiusi mentre modulava qualche nota e, per farmi felice, cantò la mia canzone preferita e, cantando, si alzò in piedi e, senza guardarmi, guardò dentro al mio cuore, facendomi sentire bene, sollevata, come se non esistessero problemi o pensieri, come se ci fossimo soltanto noi.

Poi lo chiamarono sul palco, mi lanciò un ultimo sguardo divertito e, quando comparve davanti al pubblico, le grida e gli applausi furono talmente forti che dovetti premermi le mani sulle orecchie: era amato, amato davvero, di un amore che non passava mai, non sarebbe stato una meteora, un fuoco d'artificio: avrebbe brillato per sempre, qualsiasi cosa fosse successa.

Ora stava al centro del palco, illuminato dalle colorate luci dei fari posti sulla sua testa, afferrò il microfono e, dopo aver salutato la piazza, iniziò a cantare.

Da dietro le quinte, lo guardai con occhi adoranti, occhi che non riuscivano distogliere lo sguardo, occhi innamorati pazzi, perché era troppo perfetto, troppo bravo, troppo convincente e quella sua voce entrava in ogni piega della mia anima: con quegli occhi poteva chiedermi qualsiasi cosa.

Poteva essere un po' timido, imbarazzato a cantare di fronte a tanta gente, si parlava di ventimila persone, un numero davvero fuori dal normale, ma, anche nell'imbarazzo, anche nella timidezza che cercava a volte di nascondere dietro ad uno sguardo ammiccante o a un atteggiamento spavaldo, sapevo che quel successo travolgente non sarebbe mai svanito, non si cancellava, ma rimaneva lì, come la sua voce indimenticabile.

Bastava che prendesse in mano il microfono e si trasformava.

Al contrario di Cristina, non avevo dubbi: ora che Leonardo era uscito alla luce del sole, ora che la gente sapeva quanto fosse bravo e talentuoso e speciale, non solo a livello artistico, ma anche umano, ora che tutti sapevano che lui esisteva, che era reale, nessuno più sarebbe stato in grado di dimenticarlo.

Perché una voce così era incancellabile.

Perché era indimenticabile e non ero l'unica a vederlo: ora che il sole lo illuminava in pieno, sapevo che sarebbe stato chiaro a tutti. 

TrentacinqueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora