51

385 16 0
                                    

Rimasi per qualche secondo in silenzio, cercando di assimilare le sue parole.

Era troppo giovane, non sapeva che peso avessero le parole che diceva, mentre me ne stavo in piedi, sola, persa nel niente, vivendo il mio amore, assaporando il gusto della sua voce, mentre sapevo che avevo ancora tanto da imparare, perché l'amore, in quel momento, mi sembrava un enigma incomprensibile. Forse era scritto che andasse così, forse non mi sarei potuta sottrarre neanche se lo avessi voluto davvero, ma la cruda verità era che ora ero così impotente che avrebbe potuto fare di me qualsiasi cosa.

Mi vidi come in uno specchio: nuda, tranne che per la sua camicia che sapeva del suo profumo, con lo sguardo perso nei suoi occhi, tra le sue braccia che mi stringevano forte e mi facevano sentire protetta. Quello specchio rifletteva un'immagine perfetta di me: prima di allora, non mi ero mai vista così bella ed intoccabile, con i capelli sciolti, struccata e la sua camicia addosso.

Solo che quella paura in fondo al cuore era sempre lì, come un cancro, come qualcosa di sporco e malvagio annidato nell'angolo più profondo.

Era paura di perderlo, di lasciarmi andare, di farmi male. Paura di non sapere quali confini avesse il mio cuore, quanto ancora potessi darmi a lui, se c'era un limite a quella pazzia, se sarei mai ritornata ciò che ero, se avrei potuto riprendere le redini della mia vita, a prescindere di ciò che stavo vivendo. Perché avevo ancora tanto, dentro di me, avevo mille storie da raccontare, mille emozioni ancora da vivere, anche se quella storia era appena nata, che cosa avrei fatto, se solo si fosse allontanato da me?

Sarebbe esistito il mondo, senza la luce del sole a riscaldarlo?

E il mio cuore sarebbe ancora in grado di battere, di provare sensazioni, emozioni, lontano dal suo amore?

Se solo fossi stata in grado di prendere le cose per come venivano, così, senza progettare, senza nemmeno chiedermi il perché, sarei stata una donna differente? Avrebbe cambiato qualcosa?

Ero già sopravvissuta una volta all'abbandono, sapevo che cosa mi sarebbe aspettato e la cosa più assurda era che avevo chiaramente in testa cosa si provasse: qualche anno prima, durante una vacanza alle Maldive, ero uscita a fare snorkeling da sola.

Avevo infilato maschera, boccaglio e pinne e mi ero tuffata, mentre Francesco era rimasto pigramente a prendere il sole sulla spiaggia.

Dopo aver nuotato per un po', superata la barriera corallina, senza nemmeno accorgermene, mi ero ritrovata in mare aperto.

Mi ero fermata di colpo e mi ero guardata intorno smarrita: le onde erano altissime, non avevo alcun appiglio a cui aggrapparmi e la riva era lontanissima. Un'onda più alta delle altre mi sommerse e finii sott'acqua. Là sotto passai i momenti peggiori della mia vita, senza respiro, immersa in un mondo che non era il mio, ai confini della morte, in preda al panico, incapace di reagire o di fare qualcosa: quel blu profondo mi avrebbe inghiottita, sarei morta lì sotto, ne ero stata certa.

Poi, qualcosa, forse un istinto di vita che aveva gridato dentro al mio stomaco, o forse una voce che mi diceva che avrei dovuto fare ancora tanto, mi aveva fatta emergere, a corto di respiro, semi traumatizzata, ma viva e ancora in grado di respirare.

Ebbene, quella sensazione sull'orlo della morte era qualcosa di molto simile a ciò che avevo provato quando era finita con Francesco. Ero stata sott'acqua, rassegnata a morire, perché sapevo che ormai non avevo più speranze, fino a quando qualcosa più grande di me non mi aveva obbligata a reagire.
Non mi sarei mai più fidata ad andare sott'acqua da sola, né mi sarei più fidata di una relazione stabile. Era una paura che non potevo superare e che, in fondo a me, non mi aveva mai abbandonata.

-Tranne tutto il resto – dissi quasi senza pensarci, dopo un silenzio di ghiaccio.

-Che vuoi dire? – chiese aggrottando la fronte.

TrentacinqueNơi câu chuyện tồn tại. Hãy khám phá bây giờ