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L'alba filtrava tenue e delicata tra le fessure della tapparella che nessuno dei due era riuscito a chiudere per bene la sera precedente, troppo stanchi, troppo nervosi ed imbarazzati, troppo preoccupati e concentrati sul recuperare noi stessi, il nostro rapporto, il nostro amore.

Aprii un occhio gonfio di sonno, ancora imbambolata da quella notte travagliata e tormentata, la maggior parte della quale, passata a fissare il soffitto di quella stanza che non conoscevo, di quella città che mi aveva vista ragazzina, tra quelle braccia forti che non mi avevano lasciata mai, nemmeno un minuto.

Misi a fuoco ciò che intravedevo nella penombra.

Leonardo dormiva ancora profondamente, mi strinsi a lui, cercando di non svegliarlo.

Lo sentii mormorare nel sonno, sorrisi e accarezzai la sua spalla nuda.

Era una tentazione fortissima averlo lì e non poterne approfittare.

Ma sapevo che aveva ragione, non dovevo forzare le tappe, volevo mi volesse, mi desiderasse, che mi cercasse e che non potesse aspettare.

Strinsi forte gli occhi e pregai con tutto il mio cuore, come non avevo pregato mai, perché tutto tornasse come prima, anche se dovevo ritenermi fortunata, perché ancora potevo dormire tra le sue braccia, quelle stesse braccia che avevo pensato di non rivedere mai più.

Lo sentii muoversi nella penombra, bloccò la mia mano sulla sua spalla ed aprì gli occhi, puntando il suo sguardo sicuro sul mio, rimasi immobile, senza sapere che dire, il mio stesso corpo mi faceva così male che pensavo sarei morta per il dolore.

-Leo ... - lo chiamai, ma pose un dito sulle mie labbra, si posizionò su di me e sentii che mi voleva ancora, oltre a tutto, oltre a quello che era successo, oltre ai dubbi, al male che ci eravamo fatti, era volermi ancora, di più.

Di nuovo, come la prima volta.

Spostò il dito e mi baciò sulla bocca, mordicchiandomi il labbro inferiore, reclinai lievemente il collo e la schiena, persa in un desiderio che mi feriva, mi faceva pensare che non sarei mai riemersa, che non avrei respirato aria mai più, non ce l'avrei mai fatta, che sarei soffocata e morta, senza di lui, senza quelle mani, senza quella bocca: senza il suo amore, non esisteva niente per me; non c'era pace, non c'era serenità, non c'era proprio nulla.

Spostò la sua bocca dalla mia e baciò il mio collo, mordicchiandolo senza farmi male, in uno stillicidio di baci e morsi che mi fece gemere forte, più forte di quanto, in realtà, avessi voluto fare.

Lo sentii sorridere nell'incavo della mia spalla, soddisfatto dalla reazione che mi provocavano i suoi baci. Venne da ridere anche a me, perché aveva qualsiasi potere su di me, poteva dirmi di fare qualsiasi cosa e l'avrei fatta senza nessuna paura, padrone di ogni mio movimento, ogni pulsazione del mio cuore, ogni sussulto, ogni muscolo, ogni pensiero, era desiderio allo stato puro, ma era anche l'amore e il controllo che aveva su di me, che riusciva a farmi sentire sua, sua come non ero mai stata di nessun altro: quel dolore, quell'incertezza e, al tempo stesso, quella certezza di sapere che noi eravamo uniti per sempre, erano buoni e dolci, erano la cosa migliore che mi fosse successa dalla nascita e superava tutto: il male, il successo, l'invidia, le arrampicate sociali, il vuoto, la solitudine, le amicizie infrante, il silenzio e tutte le ansie e le paure che mi avevano fatta soffrire, tutto era scomparso.

Non ci si poteva sottrarre ad un amore del genere: ci si doveva solo arrendere e viverlo, tutto il mondo si perdeva nel silenzio di quella stanza sconosciuta.

Mi sarei infranta fin dentro al profondo delle mie ossa, mi sarei schiantata al suolo, avrei sofferto, pianto, gridato, avrei passato il resto della mia vita a bruciare tra le fiamme dell'inferno, pur che quell'amore non finisse più, pur che restasse sempre così, perso nel mio abbraccio, a bere dalle mie lacrime, a leccare le mie ferite.

TrentacinqueHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin