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Rincasai tardi, come sempre quando sapevo che non c'era lui ad aspettarmi, fuori pioveva ancora e sentivo le gocce di pioggia battere contro i vetri delle mie finestre.

Scostai una delle tende del salotto e diedi un'occhiata fuori: sarebbe mai tornato a splendere il sole? Riempii la vasca e mi immersi nell'acqua calda piena di schiuma: ci voleva proprio un bell'idromassaggio per rilassarmi e scrollarmi da addosso tutta la tensione e la stanchezza di quella giornata, che era iniziata davvero troppo presto.

Era stato bello chiacchierare con Veronica e dovevo ammettere che mi era mancata tanto, mi erano mancate le nostre stupide conversazioni prive di senso, mi era mancato essere sua amica, avere qualcuno del mio stesso sesso che potesse capire quello che provavo ... forse non tutto era perduto.

Era felice per me, lo sapevo e si vedeva.

Era importante e, forse, al di là di quello che stavo vivendo in quel preciso momento, una delle persone più importanti della mia vita: non era solo il mio braccio destro, ma anche una delle poche persone di cui, in fondo, mi fidavo.

Magari, un giorno o l'altro, sarei anche riuscita a dirglielo.

Misi la testa sotto l'acqua, trattenendo il respiro.

In quella realtà ovattata, mi sentii protetta e, al tempo stesso, confusa. Forse sarei morta annegata, ma, almeno lì, potevo sperare in un mondo dove Leo non esisteva. Ma l'aria era necessaria e mi mancava come l'aria.

Era sempre con me, anche quando non c'era.

Aspettare era difficile, ma credevo in lui, anzi, più passava il tempo, più credevo che fosse speciale, che arrendersi a quell'amore era l'unica cosa che potessi fare, perché il mio cuore cantava al suo fianco ed ero pronta ad aspettarlo anche per sempre.

Speravo con tutto il cuore che, seppur lontano come era in quel momento, sentisse tutto l'amore che provavo.

Speravo che mi sentisse vicino come io sentivo vicino lui.

Mi sentivo male, perché era speciale e avevo paura, non sapevo se potevo meritarmelo davvero. Sott'acqua, paradossalmente, tutto sembrava chiaro.

Per un attimo, ebbi la tentazione di non riemergere più, visto che lì sotto mi sentivo sicura, mentre fuori, respirando, avevo paura che quella solitudine mi avrebbe uccisa. Non c'era rumore, non c'era tregua o dolore, forse ero davvero una farfalla d'acciaio, forse dovevo uscire in balcone a guardare le stelle, sperando che le stesse guardando anche lui.

In lontananza, come se provenisse dall'oltretomba, sentii il mio cellulare suonare e, con uno scatto, riemersi sgocciolando e respirando a fatica.

-Pronto – risposi al volo, dopo essermi asciugata in fretta e furia la mano e una parte del viso.

-Ciao – disse la voce che tanto amavo dall'altro capo del telefono.

-Hey, ciao – risposi, ancora in debito d'ossigeno.

-Che stai facendo?

-Sono dentro alla vasca. Mi sto rilassando.

-Mmmh, la cosa si fa interessante – commentò divertito.

-Piantala, scemo.

-Giornata difficile? – chiese con dolcezza.

-Mai quanto la tua: ho visto i video su youtube – dissi ridacchiando.

-Ah, hai visto – borbottò e mi venne da ridere – è una cosa pazzesca. Ci credi che sotto casa mia c'erano tremila persone? Hai una vaga idea di quante siano tremila persone? Beh, sono davvero tante ed erano tutte sotto casa mia! Una cosa da non credere: la via era tutta intasata! La macchina ha fatto fatica a passare e ho pregato tutto il tempo che nessuno ci finisse sotto. Sai com'è, cattiva pubblicità ...

TrentacinqueWhere stories live. Discover now