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Per quell'attimo, rimasi imprigionata dai suoi occhi scuri, che parlavano senza dire nulla, che avevano il potere di confondermi, di farmi perdere il filo del discorso, di farmi dimenticare che, intorno a noi, c'era la notte e, davanti a noi, Roma immota, invincibile e perfetta, Roma conquistatrice, gaglioffa e bastarda che brillava solo per i nostri occhi.

Roma pazza, forsennata, Roma pronta a sdraiarsi davanti a noi, offrendosi come una cortigiana astuta e maliarda.

Su di noi splendevano le stelle della notte chiarissima e libera e davanti a noi, Roma splendeva e viveva come se fosse l'ultima concessa all'umanità.

Quel momento era da mozzare il fiato, perché sembrò immobile, fisso proprio lì, a quell'ora, in quel luogo: sembrò che le ore si fossero fermate e che il tempo avesse smesso di scorrere, come se non ci fosse un domani e tutto il mondo finisse proprio lì, in quell'attimo perfetto.

C'eravamo solo io e lui.

-Ma sì, certo che tornerò – rispose e staccai subito la mia mano da lui, come se, all'improvviso, il suo braccio fosse stato di fuoco – adesso sto vivendo il mio sogno. Cavoli, dopo domani suonerò nel tempio della musica jazz, ma ti rendi conto?

-Veramente, no – ammisi – te l'ho detto, sono una profana della musica. Ascolto solo poca radio sporadicamente mentre vado al lavoro, ah, ascolto anche il tuo cd, sempre più spesso, negli ultimi giorni. - aggiunsi con finta noncuranza - Ma, quel locale non l'ho nemmeno mai sentito nominare.

-Oh, grazie che ascolti il cd, prima o poi, ti dovrò interrogare ... Ma... a parte questo, immagina: è come per un tennista giocare la finale di Wimbledon. O per un calciatore fare gol alla finale dei Mondiali. Ecco, per me è come cantare là. Spero che non mi tremi la voce. – spostò il proprio sguardo nuovamente davanti a sé, inspirando profondamente, nel frattempo, alla radio della macchina ancora accesa, suonava "Don't cry" dei Guns and Roses e il mio cuore si sentì giovane e ribelle come qualche decennio prima.

-Non ti tremerà, ne sono certa. - risposi mente Axl Rose cantava di un amore finito, mentre, nel mio cuore, l'amore appena faceva capolino.

-Come fai a saperlo? Tu, di musica, non ne capisci niente!

-Beh, non esageriamo – risposi piccata – non sono poi così ignorante... Dico solo che non mi ritengo un'esperta, non posso dare pareri al di là di quello mio, personale.

-Ma se non conoscevi neanche me, prima che mi ti presentassero!

-Perché non vivo di televisione, io ho un lavoro, non so se lo sai - alzai un sopracciglio, dandogli un'occhiata ammonitrice, di quelle che riservavo ai miei avversari: solitamente gli altri abbassavano lo sguardo, mentre lui non fece altro che alzare le spalle, come se quello che gli stavo dicendo, in fondo, non gli importasse più di tanto.

-Anche io lavoro! – ribatté lui, imitandomi ed alzando un sopracciglio – Cosa credi che mi diverta a fare tutti quegli autografi? E quei baci? E le foto? E raccogliere tutti quei reggiseni? Guarda, ho la schiena a pezzi, probabilmente dovrò chiamare una fisioterapista, magari bella, bionda, prosperosa e disponibile... Scoppiai a ridere:

-È difficile tenerti testa, sai?

-Sai, adesso ho un anno in più e questo fa una grossa differenza ... - mi guardò dandomi una leggerissima spinta scherzosa sulla spalla – D'altronde non sei tu quella che rimarca sempre la nostra insormontabile differenza d'età?

-Non negherai che in sedici anni si fanno un sacco di esperienze – commentai con una smorfietta divertita.

-Quindici, prego. Adesso ho un anno in più, ti prego di ricordartelo, perché, sai, io ci tengo. - rispose piccato, alzando un sopracciglio.

TrentacinqueHikayelerin yaşadığı yer. Şimdi keşfedin