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Domenica arrivò e passò.

L'aereo di Leonardo era stato cancellato all'improvviso e, durante tutta la giornata, avevo letto ridendo i suoi messaggi di aiuto disperati.

Me ne erano arrivati dieci: l'ultimo, alle due, lo vedeva di nuovo in albergo, affranto, stanco e sudato. Contava di partire il giorno successivo, forse verso l'ora di pranzo, se tutto andava bene.

Anche Andrea mi aveva cercata. Si era un po' preoccupato per come me ne ero andata, di certo non aveva tutti i torti, ma colsi, dal tono della sua voce, anche una discreta paura che ne potessi parlare in ufficio.

La sua reputazione ne avrebbe senz'altro risentito.

Per quanto mi riguardava, sarei stata una tomba. Anche io non avevo alcun interesse a divulgare dettagli di quella serata, anzi, avrei preferito cancellarla, dimenticarla, fare finta che non fosse mai successo nulla, perché il sapore delle sue labbra sulle mie riusciva ancora a darmi il voltastomaco.

E dire che, di fatto, non era un brutto ragazzo e, forse, in un determinato periodo della mia vita, se lo avessi conosciuto in un momento diverso, con uno stato d'animo differente, forse ... beh, forse in un'altra vita, mi sarebbe anche piaciuto e non avrei avuto nulla in contrario nell'andare a letto con lui, così, tanto per fare, solo per vedere come se la cavava.

Avevo sempre avuto un rapporto strano col sesso: avevo avuto tanti amanti nella mia vita, alcuni erano stati anche amori, ma per me il sesso era qualcosa di non chiaro. Avrei voluto lasciarmi andare, vivere il sesso per quello che era: un momento di unione, di intimità assoluto, di comunione e libertà.

Invece, mi ritrovavo a godere intimamente, concentrandomi solo su me stessa, su quello che il mio corpo voleva.

Non avevo mai fatto l'amore pensando anche all'altro, convinta che un uomo fosse sempre in grado di soddisfarsi, di prendersi quello che voleva, anche senza il mio aiuto. Forse era una visione un po' mascolina del sesso, ma era la verità: ero sempre stata troppo concentrata su di me, per pensare ad un altro.

Mi distrassi da quei pensieri troppo assurdi per la mattina presto e, in ascensore, come sempre, controllai la mia immagine riflessa allo specchio a figura intera: sembravo felice.

Lo ero?

Forse sì.

Sì. Lo ero.

Arrivai in ufficio, appoggiai la mia borsa e mi tolsi l'impermeabile. Fuori il tempo minacciava pioggia, di nuovo.

-Posso entrare? – mi girai verso la porta. Veronica, come al solito, aveva messo dentro la sua testa rossa riccioluta e mi guardava speranzosa.

-Certo, entra. – mi sedetti alla scrivania ed accesi il computer. Anche Veronica si sedette di fronte a me: aveva una rivista in mano e mi osservava attentamente. – Che c'è? – chiesi aggrottando la fronte.

-Prova un po' a spiegarmi questo, pagina dodici – disse divertita, appoggiando di fronte a me la rivista, che presi incuriosita.

Sfogliai velocemente le pagine patinate fino a quella che mi aveva indicato Veronica, rimanendo senza fiato.

C'erano delle foto, sfuocate eppure chiarissime, di una delle sere in cui Leonardo era passato a prendermi in ufficio. Si parlava del concerto del sabato precedente, un successone. La didascalia leggeva: "Leonardo e una donna misteriosa insieme per un appuntamento segreto". O qualcosa del genere.

Diciamo che chi aveva scritto l'articolo non aveva molta dimestichezza con l'italiano.

Diciamo anche che la mia figura era avvolta dal più fitto mistero: mi si vedeva a malapena.

TrentacinqueWhere stories live. Discover now