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Mi alzai per preparare il pranzo: considerato che non mettevo qualcosa nello stomaco dal pomeriggio precedente e Leonardo era nelle stesse condizioni, era proprio il caso che mi mettessi all'opera.

Alle mie spalle, gironzolava pigramente per casa, sbirciando tra le mie cose.

Di norma, quel comportamento mi avrebbe dato i nervi, perché ero sempre stata molto gelosa delle mie cose e della mia privacy, il mio mondo era solo per me, non permettevo a nessuno di accedervi, rinchiusa in una torre d'avorio che conoscevo soltanto io e di cui solo io potevo custodire le chiavi.

A nessuno, dopo Francesco, avevo permesso di entrare nella mia quotidianità: era la mia protezione, l'unico posto dove mi sentivo protetta e al sicuro e non volevo che nessuno ne facesse parte o vi curiosasse.

A lui, però, potevo concederlo: non era una presenza invadente, lo sentivo appena camminare a piedi nudi per la sala, come un fantasma, come una presenza sovrannaturale, come qualcuno che era sempre stato lì, che doveva essere lì. Per me era qualcosa di insolito, di tutto nuovo, che cercavo di comprendere come se lo vivessi per la prima volta, come se succedesse tutto all'improvviso, senza averlo mai vissuto prima, senza avere il modo di capire, di rendermene conto.

Il suo aggirarsi tra le mie cose non mi infastidiva, quasi fossimo ormai diventati una cosa sola, fin dal primo momento in cui ero morta e lui insieme a me: forse qualcosa stava cambiando, anche se ancora non capivo cosa. Sapevo solo che mi sentivo bene, a mio agio, mi sentivo tranquilla.

Era una tranquillità che percepivo nitidissima e che mi trasmetteva nei suoi movimenti discreti, nel suo curiosare silenzioso e poco invadente: sapevo che potevo lasciarlo entrare e non avrebbe invaso il mio universo, ma piuttosto, sarebbe entrato a farne parte, riempiendolo ancora meglio.

Chissà di cosa avevo paura, chissà quali erano stati i miei dubbi e i miei timori, perché ora, mentre lo osservavo di sottecchi, capivo di aver vissuto a metà: era l'unica cosa che volessi davvero nella vita.

Era chiaro: non sapevo bene perché, ma sapevo che a lui potevo concedere di entrare nel mio mondo, di farne parte, di completarlo a modo suo.

Lo tenni sott'occhio non perché volessi controllare i suoi movimenti, ma perché volevo riempirmi gli occhi della sua immagine che, lenta, ancora mezza addormentata, si aggirava per il grande salone di casa mia.

Era alto, bello come il sole, un po' arruffato e scarmigliato, con una deliziosa aria assonnata che gli stava d'incanto; appena sveglio era indubbiamente uno spettacolo, al contrario della media degli uomini coi quali mi ero svegliata in passato: la sua espressione dolce e a metà tra il divertito e l'intimidito era meravigliosa.

Non solo era bello di una bellezza assoluta, ma aveva fascino, conquistava con uno sguardo, anche solo un semplice sorriso. E, cosa che certamente non guastava, aveva un fisico perfetto. Lo osservai di sottecchi, riflesso nelle ante a specchio della cucina: indossava solo i pantaloni e il suo torso nudo era leggermente abbronzato. Aveva un fisico asciutto, non troppo muscoloso, ma tonico: sapevo che non amava fare sport, quindi, era di costituzione atletica.

Strano come oggi lo vedessi con occhi diversi, come se non avessi più davanti la persona che conoscevo da qualche settimana, che era entrato nella mia vita come un terremoto, scuotendola fin dalle fondamenta, facendone cadere frutti preziosi ed inattesi, ma come se ci fosse la mia anima gemella, la metà del mio cuore, il mio Romeo perfetto e senza macchia, la persona che avevo sempre cercato, che ora rovistava tra le mie cose, mezzo nudo per casa.

Era parte integrata della mia casa, anzi, mi chiesi come mai non avevo pensato a farlo entrare prima, visto che ci stava così bene dentro.

Era il mio principe azzurro, il protagonista principale di quella favola senza una nota stonata: una storia unica, che mi stava dando tanto, troppo, tutto in una sola volta, che mi ripagava di mille vite passate ad aspettarlo, affacciata al balcone della mia torre d'avorio irraggiungibile, inespugnabile.

TrentacinqueWhere stories live. Discover now