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Inspirai a fondo, di un respiro così profondo, disperato, perduto, coinvolto ed innamorato da non lasciare dubbi.

Non ero mai stata bene come in quel preciso momento.

Malgrado la differenza di età ed il mio bagaglio di esperienze, malgrado la paura, le insicurezze, le parole forti, anche quelle che ormai avevo detto e che non avrei voluto dire mai, malgrado tutto, non avevo mai amato qualcuno con quel trasporto sincero, con quella passione forte e sconvolgente, con quell'abbandono che non lasciava scampo, che mi prendeva dai capelli fino alla punta dei piedi.

Perché era dolce, attento e premuroso.

Perché pensava a me, prima di pensare a sé.

Perché si preoccupava che stessi bene, si prendeva cura di ogni centimetro del mio corpo e di ogni piega del mio cuore, senza chiedere niente in cambio, ma solo perché era contento di farlo, lo faceva senza rimorsi, senza dubbi, era fatto così: si dava tutto, senza riserve.

Perché tra le sue braccia potevo dimenticare tutto, persino me stessa.

Perché l'amore che mi dava non aveva confronti, non poteva competere con niente, con nessuno: era così bello che faceva quasi paura.

Non si poteva scappare da quell'amore fortissimo e pazzesco, quell'amore che spaccava tutto, che lasciava solo macerie alle proprie spalle, solo cadaveri, solo sangue sparso, solo terra arida cosparsa di sale.

Il suo movimento dentro di me era come terremoto, mi lasciava ammutolita e spiazzata: sapevo che era un ragazzino, ma quel ragazzino mi faceva sentire bene e non avevo voglia di vergognarmi, non potevo vergognarmi, perché quella che vivevo era l'emozione migliore di tutta la mia vita.

Ripensai alla tortuosa strada che mi aveva portata fin lì, fino ad essere abbracciata e stretta dalle sue braccia forti, ai silenzi, alle stelle nel cielo, a Roma illuminata di notte, davanti a noi, a una sigaretta fumata sul balcone, a un abbraccio nella penombra, ad una canzone cantata per telefono, ad un'altra persa nei suoi occhi, alle parole sussurrate, a quelle gridate con rabbia, alla pioggia che cadeva sul nostro amore.

Ripensai che era stato un viaggio pazzesco, lungo una vita e non due mesi, lungo come un sogno lunghissimo, intenso, tanto forte da togliere il fiato e che ero contenta di aver viaggiato accanto a lui. -Leo, tu ... tu puoi amarmi – mormorai a fatica mente il suo movimento mi faceva morire – tu sappi che ... che ti amo. Davvero. E che il mio amore ... per te ... può superare qualsiasi cosa. Il mio amore per te ... è per sempre, non importa quello che potrà succedere: io sono sempre con te e tu sei sempre con me. So che tu mi proteggerai ... so che ti ... in fondo ... ci sarai sempre.

E, in quel momento, mi resi conto che ero scappata dal suo amore, lo avevo trattato male, avevo tradito lui e me stessa, cercando di negare che fosse l'unico giusto per me, per quella causa persa che ero, ma, in realtà, avevo solo paura di pensare alla mia vita senza di lui.

Quell'amore era irresistibile, non potevo sfuggire alla nostra passione: eravamo anime gemelle e, per quanto mi riguardava, le nostre vite era unite. Per sempre.

Spinse più forte e più forte mi aggrappai al suo corpo, per non lasciarlo andare, per non farmelo sfuggire, perché era troppo perfetto per me, non potevo permettere che si allontanasse da me.

Ora che ero così fuori dalla mia realtà, sapevo che, al mondo, volevo solo il suo amore, il mio tesoro, l'unico che mi facesse davvero sentire unica.

Avrei dato tutto, pur che fosse così per sempre, perché se voleva me, volevo lui, lo volevo con tutto il mio cuore, con tutta la mia anima e, se per qualche motivo assurdo, un domani nemmeno troppo lontano, non mi avesse voluto più, allora la mia stessa vita non avrebbe avuto più senso: sentivo che mi voleva, volevo perdermi con gli occhi negli occhi, volevo che mi stringesse forte, che mi stritolasse, che frantumasse le mie ossa, così, sarei stata sua per sempre, fusa in lui, parte eterna di un'unica cosa.

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