38

532 29 0
                                    

Continuammo a baciarci in ascensore e persi il conto di quei suoi baci tremendi: mi tolsero il fiato e il senso della realtà, ci baciammo aggrappati l'una all'altro fino alla porta di casa, con la paura irrazionale ed incontrollabile che, se mai ci fossimo staccati, ci saremmo persi per sempre, come fossimo stati nel bel mezzo di una tempesta, come se domani non fosse mai sorto, ma quello stesso giorno fosse la fine del mondo, la fine di tutto.

Uscimmo dall'ascensore come adolescenti, come ragazzini al primo bacio, come se quel sentimento pazzesco e travolgente ci annullasse, annullasse tutto intorno a noi, sconvolti, senza controllo, bagnatissimi ed eccitati.

Rovistai furiosamente dentro alla borsetta dalla quale cadde qualche fazzoletto di carta usato, uno scontrino accartocciato, l'accendino. Ci misi una vita intera a trovare le chiavi: sembravo una drogata in astinenza, solo desiderosa di baci e carezze.

Dei suoi baci e delle sue carezze.

Lo trascinai in casa, tirandolo dentro per il colletto della giacca, senza smettere di baciarlo.

Chi ero in quel momento?

La ragazza saggia che desideravo diventare oppure la pantera in caccia?

Ero debole oppure fingevo di esserlo?

Ma i suoi baci mi toglievano il respiro, mi davano nuova vita, nuovo senso, quindi ... quindi tutto andava bene.

I suoi baci non finivano mai, lo sentivo come fosse immenso, gigantesco, senza un inizio e una fine, tutto intorno a me. Come se non esistessero più il mondo intero e l'universo, le pareti di casa, i mobili, il pavimento, la mia casa intera, lo studio, il lavoro, la carriera, il domani, ma come se, intorno a me, ci fosse solo lui.

Lui riempiva tutto, ogni spazio, tutto il vuoto che avevo volutamente creato intorno a me, sostituiva i silenzi e la solitudine, aveva lottato per avermi e ora che mi aveva, mi aveva davvero, beveva il mio alito, sussurrava parole che non capivo, si nutriva della pioggia che mi aveva bagnato, mi dava forza e mi succhiava vita, mi lasciava in attesa, sospesa tra le sue braccia e la sua bocca, incapace di reagire: ormai il mio mondo si era fermato, non avrei più avuto pace, non ci sarebbe più stato sole, mare, vento, aria da respirare, sogni, speranze, non sarebbe esistito più nulla, perché tutto iniziava da lui e con lui finiva.

Era una passione folle e malata, troppo forte per poterla gestire e tenere sotto controllo, quindi mi permettevo il lusso di vivere quel momento e mi lasciavo andare, incurante di ciò che sarebbe successo, domani, nella prossima settimana, per il resto della mia vita.

Gli tolsi la giacca.

Passò una mano sulla mia schiena e abbassò lentamente la zip del mio vestito zuppo di pioggia.

Ci spogliammo con voracità, senza prendere fiato, spargendo gli abiti per casa, dimenticandoci delle regole, delle lotte e dei dilemmi, del fatto che fino a qualche ora prima, come se non sapessimo che ne sarebbe stato di noi.

Come se da quei baci soffocati traessimo forza.

Quelle sue carezze mi entrarono fin dentro all'anima e, tutto intorno a me, c'erano solo baci, baci e baci ancora dopo altri baci.

Ora che sapevo cosa volevo davvero, avevo smarrito le mie fragilità, avevo tolto la corazza ed ero certa che, in quel preciso momento, volevo solo lui.

Volevo lui, volevo il suo corpo, i suoi baci, la sua bocca, le sue braccia intorno alla mia schiena che esploravano ogni centimetro della mia pelle, volevo il suo respiro sul mio viso, sentire le sue carezze, la sua lingua lenta e le sue mani sul mio corpo, volevo sentire la sua voce profonda e roca dirmi che mi voleva, volevo volerlo, volevo mi facesse sentire il centro del suo mondo, come se tutto il resto non esistesse: lo volevo tutto, volevo fosse forte e volevo mi prendesse subito, perché non potevo aspettare, non potevo respirare, senza il suo amore.

TrentacinqueDove le storie prendono vita. Scoprilo ora