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-La mia manager. Cristina. - disse alla fine, con un sorrisetto imbarazzato - Casomai non l'avessi capito da sola.

-Sembra tosta. Mi ricordo, alla festa per il lancio del tuo video. Sembra molto protettiva nei tuoi confronti.

-Lo è. Se sapesse di te, penso andrebbe nei matti – scoppiò a ridere – a parte Elena, mi hanno apertamente sconsigliato di farmi vedere in giro con una ragazza. Men che meno, poi, cambiare troppe partner in poco tempo. Quindi, in pratica: da solo, benissimo. Con Elena, bene. Una ragazza, male. Tante ragazze, malissimo. - risi anche io mentre scandiva ciascuna frase sulla punta delle dita - Chissà poi perché tutti vogliono che io resti solo e ramingo nella vita.

Incrociò le mani dietro alla nuca e, divertita, dissi:

-Perché tu sei il principe azzurro – mi alzai, completamente nuda e mi infilai la sua maglietta, che mi stava enorme e lasciava scoperta la spalla destra – nessuno vuole che il principe azzurro si fidanzi.

-E noi? Noi siamo fidanzati? – mi voltai a guardarlo.

Ma che cosa avevo fatto?

Che cosa mi aveva fatto?

Possibile che fosse davvero dentro al mio letto, nudo, a giocare col proprio blackberry, come se niente fosse?

-Fidanzati ... fidanzati è una parola grossa. – mi raccolsi i capelli in una crocchia e mossi qualche passo a piedi nudi sul marmo della camera da letto – Ci si fidanza quando si è ad un passo dal matrimonio, dopo tanto che si sta insieme. In genere, questa sarebbe la procedura normale.

-Allora, visto che ami le procedure standard, noi cosa siamo? – insistette lui, sedendosi sul letto – Teneri amici? Amanti? Lontani conoscenti? Innamorati? - agitò una mano e continuò ridendo – Fratelli, cognati, lontani parenti?

Mi fermai, senza voltarmi, dandogli sempre le spalle per cercare le parole, perché non doveva vedere lo smarrimento sul mio volto.

Che bella domanda.

Appoggiai una mano sullo stipite della porta, senza sapere che dire.

Quella passione era passeggera?

Amavo stare con lui.

Amavo lui?

Se non amavo lui, allora nella mia vita non avevo mai amato nessuno.

E che cosa eravamo?

Abbassai lo sguardo per terra e rimasi in silenzio, senza sapere che dire, si mise a sedere sul letto e parlò con voce sicura:

-Lo so che hai paura. Lo so, non credere. Ma vedo in te tante cose, le vedo in noi. Voglio stare con te e lotterò per noi. Un giorno mi dirai quello che voglio sentirmi dire: vivo, per vivere quel giorno. Sei luce nella mia vita, Laura. – dandogli le spalle, non potei fare a meno di sorridere a quelle parole, che erano proprio quelle che volevo mi dicesse. La luce del mattino filtrava delicatamente attraverso le tende bianche della camera, la stanza era immersa nel silenzio e le sue parole ancora galleggiavano nell'aria, come eco, come mantra, come ossessione, come condanna, come assoluzione dopo una vita che mi sembrava tutta sbagliata – Ho bisogno di qualcuno che mi stia vicino e mi sostenga e che riesca a capire, se sono stanco e non brillante, se torno tardi. O se non torno affatto. Che mi accetti per quello che sono e non perché, in questo momento della mia vita, sono famoso.

-Leo – dissi inspirando profondamente, mi voltai verso di lui e pensai che ancora mi riusciva difficile a credere che fosse proprio lì, nel mio letto, che era stato così bello averlo e che, forse, lo avrei voluto per sempre – a me non interessa la tua fama: per te ho infranto tutte le mie regole e lo avrei fatto anche se fossi stato uno spazzino, tanto per dire. A me non importa il tuo successo, i tuoi soldi o quello che hai conquistato ad oggi: a me importa di essere felice e sono felice che abbia successo, ma questo non influenza o pregiudica l'idea che ho di te. Ti vorrò bene qualsiasi cosa succeda, che tu divenga il più famoso cantante del mondo, cosa che ti auguro, o che tu non abbia più successo, di qui a qualche mese. Ti basti questo. Non sarà facile, ti assicuro, io stessa penso di essere impazzita, per aver fatto ciò che ho fatto. Ma non vuol dire che lo rimpianga, sapevo ... penso che ho sempre saputo che non potevo più scappare da te. Tutte le strade portano alle tue braccia e non rimpiangerò mai quello che è successo. Sostenni il suo sguardo, sicura, feci un mezzo sorriso e disse:

-Perché sorridi?

-Ripensavo a come era diverso solo due giorni fa. Alla confusione che avevo e alle certezze che ho adesso. Ammetto che uscire con Andrea sia stato un errore, ma anche la cosa migliore che potessi fare. Grazie a lui, ho capito che non volevo nient'altro che arrivassi a portarmi via. Perché era tra le tue braccia, che io dovevo stare.

-Beh, diciamo che la cosa mi fa piacere. Mi fa meno piacere che quello abbia dovuto baciarti, per chiarirti le idee– commentò aggrottando la fronte.

-Penso che baci tutte al primo appuntamento – risposi ridendo – non sono io che l'ho baciato, anzi, appena l'ho visto, mi sono detta "che diavolo ci faccio qui?". Solo che ormai c'ero e, almeno per cortesia, dovevo restare un po'. Lo sai che mi ha invitato a ballare una delle tue canzoni?

-Mossa astuta – disse alzando un sopracciglio.

-Beh, non poteva saperlo! – mi voltai verso la finestra aperta su un cielo chiarissimo e mi stiracchiai come una gatta innamorata.

-E quindi? – mi chiese con quel suo sorriso che cambiava lo spirito alle mie giornate. Rimasi ferma sullo stipite della porta, senza fiato, col cuore in gola, preoccupata per tutto l'amore che provavo per lui, perché quell'amore improvviso era troppo forte, era troppo grande ed era qualcosa che non avevo mai vissuto, prima di allora.

E mi spaventava.

Mi terrorizzava.

Ma a quello stesso amore, era impossibile sottrarsi e dovevo solo arrendermi. Viverlo.

Subirlo.

-Quindi cosa?

-Ancora non mi hai risposto. Cosa siamo noi?

-Cosa siamo noi? – chiesi ripercorrendo i miei passi fino al letto. Mi sedetti al suo fianco. Lo guardai ed allungai una mano per accarezzare il suo viso perfetto. - Cosa siamo noi? – ripetei con un sorriso – Non c'è niente al mondo, niente, che possa essere paragonato a ciò che provo per te, perché per te ho rinunciato a tutto, alle mie idee, al mio modo di pensare, a quello in cui credevo. Sono qui e sei qui con me, le cose dovevano andare così, non c'era via d'uscita, non c'era scampo. Insomma, ora siamo insieme. E, per me, è questo, quello che conta: tutto inizia da qui. Non so dirti che cosa stia succedendo, non lo so perché non lo capisco, ma va bene così, perché un po' ho paura, ma ho anche voglia di vedere come va a finire.

-Cavolo, ma ti rendi conto di che cosa stai dicendo? - rispose con un sorriso, accarezzandomi lentamente i capelli – Guarda che non sono abituato a tutte queste belle cose, di norma mi allontaneresti, mi diresti che sono troppo piccolo e non posso capire, che sei vecchia decrepita e a te basti tu. Non credo di averti mai sentita parlare così, quindi è difficile per me vedere questa nuova Laura.

-Allora abituati. Perché le cose stanno così e adesso so che ho sprecato il mio tempo negando che non ci fosse niente, tra di noi. - mi bloccai un secondo e, aggrottando la fronte, gli chiesi – Perché tra di noi c'è qualcosa, vero?

-Che scema che sei – scuotendo la testa – ancora qui a chiedermelo? Io pensavo fosse chiaro, pensavo si capisse che sei mia e mi appartieni, così come io sono tuo e ti appartengo. Sempre che tu mi voglia – aggiunse alzando lo sguardo verso di me.

Mi venne da ridere e dissi:

-Certo che ti voglio, non hai nemmeno idea quanto. Non sai come sto, quando sto con te. È una felicità che non mi lascia mai, fino a quando resti con me. Non è che ora abbia tutto chiaro, ma adesso so che non posso fare altro che stare qui, con te. Poi stiamo a vedere quello che succede, perché non so come andrà a finire. So che, però, va bene che tu sia qui, va bene tutto quello che è successo fino ad ora. Va bene iniziare a viverci.

Mi baciò gli occhi, la punta del naso e le labbra, nemmeno cinque secondi dopo, ero di nuovo tra le sue braccia. 

TrentacinqueWhere stories live. Discover now