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Nessuno sembrava essersi accorto della nostra assenza, forse eravamo stati via davvero solo qualche minuto, forse tre ore, chissà, avevo del tutto perso il senso dello spazio e del tempo.

Mi guardai intorno alla ricerca di Giacomo e, dopo aver scrutato attentamente tutte le persone presenti, lo trovai alle prese con una fitta conversazione con una donna che non avevo mai visto prima.

Ovviamente, non aveva notato la mia assenza e, per di più, non sembrava alla ricerca di dove diavolo fossi finita: era concentratissimo sulla sua interlocutrice. Guardai meglio e vidi che era anche una bella donna, forse anche più bella di me: bionda, altissima, con labbra carnose e una minigonna che lasciava scoperte gambe lunghissime ed abbronzate.

Giacomo rideva di cuore: da quanto tempo non lo sentivo ridere di quella risata argentina e senza pensieri?

-Vieni con me – Leonardo mi prese per mano e mi presentò alcuni dirigenti della sua casa discografica, la sua manager e alcuni amici.

La sua manager era una tipa tosta, sulla cinquantina, con i capelli biondo platino e i tratti del viso durissimi, che la facevano assomigliare ad un bulldog, scambiai con lei qualche velocissima battuta, perché era troppo impegnata a fare pubbliche relazioni per occuparsi di me, la "fidanzata" del regista del videoclip di Leonardo: ai suoi occhi non avevo alcuna importanza, non ero nessuno, quindi, per lei, prima sparivo, inghiottita dalla folla che ballava, mangiava, beveva e chiacchierava, meglio era. Si allontanò da me con un gesto della mano, mentre Vale, un po' deluso, mi indirizzava verso alcuni suoi amici, due ragazze ed un ragazzo che, scoprii in un secondo momento, avevano partecipato con lui al programma e avevano stretto un rapporto molto affettuoso.

Era strano vedere come Leonardo cercasse di farmi conoscere il suo mondo, i suoi amici, le persone con cui passava il tempo, mentre il mio fidanzato – perché così si era definito – non si prendeva nemmeno il disturbo di presentarmi la sua interlocutrice, che, notavo, ora appoggiava una mano sulla sua spalla, reclinandosi verso di lui, a sussurrargli qualcosa che nessun altro doveva sentire.

Era strano che quella donna bellissima vicino al mio ragazzo non mi facesse ingelosire e che l'unica cosa che riuscissi a notare erano le sue bellissime scarpe viola.

Era dunque questo l'uomo che volevo per me?

Che cosa stavo cercando in lui?

Mi appoggiai contro il muro, sorseggiando il mio Martini, osservando Giacomo e la sua bellissima interlocutrice bionda, persi in un'animata conversazione.

A parte il video che aveva girato di recente, erano mesi che non lavorava, non contribuiva all'economia di casa se non nelle spese, beveva troppo e quando tornavo a casa, la sera, lui mi aspettava mai sveglio.

Di notte non mi abbracciava, ma si girava verso il muro, si copriva con il lenzuolo ed iniziava a russare. Mentre io avevo solo bisogno di braccia che mi cullassero la notte.

Ma c'era anche di peggio: io stessa non avevo più niente da dirgli, non volevo rimproverarlo, non avevo voglia di litigare, non mi interessava aggiustare le cose.

In questo Veronica aveva ragione: non avevamo nulla in comune e la nostra storia iniziava già a mostrare la data di scadenza.

Visti da fuori sembravamo una di quelle coppie sposate da decenni: un marito distratto, una moglie insoddisfatta.

Lo osservai da lontano, appoggiai la mano sul mento e reclinai la testa verso la spalla.

Strizzai gli occhi e mi chiesi chi fosse quell'uomo elettrizzato, col cappellino di traverso, la maglietta da artistoide e lo sguardo allucinato, quell'uomo che gesticolava nemmeno fosse l'epicentro del mondo.

TrentacinqueWhere stories live. Discover now