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Durante tutto il tragitto in macchina, cercai di carpire a Gabriel delle informazioni più dettagliate, che mi facessero capire dove, di preciso, ci stessimo dirigendo, perché lo stessimo facendo e quali intenzioni avesse.

Ma, niente.

Come al solito, carpire una risposta da Gabriel quando si metteva in testa di farmi una sorpresa era un'impresa impossibile, tanto quanto farmi desistere dalla mia curiosità.

Era sprofondato in un silenzio cocciuto, interrotto solo da qualche sorriso sornione, che non faceva che incuriosirmi ancora di più.

Il viaggio durò parecchio, o, almeno, così mi sembrò, perché ero particolarmente impaziente.

Uscimmo dal centro della città, superammo anche la squallida periferia di case popolari, fino a raggiungere un lato di Milano che non conoscevo, proprio ai margini della città, ai confini con la campagna, ancora prima del primo vero centro abitato.

Eravamo a Milano, ma, paradossalmente, non c'eravamo più.

Dopo circa mezz'ora di viaggio, iniziò a parlare.

Alla buon'ora.

-Siamo appena poco fuori da Milano. È in provincia, ma a dieci minuti di macchina dalla fermata della metropolitana che ti porta fino in centro. Io stesso ci metto in tutto quaranta minuti per arrivare al lavoro, che non è tanto, per chi lavora in centro. Pur essendo relativamente campagna, è vicino ad un centro abitato con tutti i servizi, supermercato, centro commerciale, posta, banca, ristoranti, ospedale, asilo. E, comunque, Milano non è tanto lontana.

-Sembri una guida turistica – commentai, senza distogliere lo sguardo dal panorama, appoggiai i polpastrelli contro il finestrino della macchina e non potei fare a meno di sorridere.

-Più che una guida turistica, un agente immobiliare.

-Non è che sto capendo molto... - mormorai con una smorfia.

-Perché non mi hai fatto finire, come sempre – curvò sulla sinistra, abbandonando la strada principale e fermandosi ad un grande cancello in ferro battuto. Con un telecomando, l'aprì.

Il cancello scattò, aprendosi con un movimento lento, a scatti.

-Scusa – borbottai, colta in fallo per l'ennesima volta. La macchina ripartì lungo un viale di circa duecento metri, fiancheggiato da una serie di cipressi dall'aria antica e piuttosto imponente, che, in quel momento, si muovevano al leggero vento d'estate. Con gli occhi fissi verso il panorama al di là del finestrino della macchina, non potei fare a meno di pensare che quel posto aveva qualcosa di magico.

-Non so se ti ricordi, ma quando sei partita, ti avevo fatto una promessa.

-Me ne hai fatte tante e le hai tutte mantenute – risposi, premendo sulla sua mano appoggiata sul cambio, lui sorrise, intenerito, mordendosi un labbro.

-Prima che te ne andassi, ti ho promesso che avrei lavorato sodo per costruire il nostro futuro, perché, quando saresti tornata, avrei fatto di tutto per dimostrarti che valeva la pena. - fermò la macchina davanti ad un'antica costruzione, che subito feci fatica a riconoscere.

Poi, sbottai, incredula:

-Un mulino?

-Sì, è un vecchio mulino, che ho comprato cinque anni fa. Piano piano, l'ho ristrutturato e quando ti dico che l'ho ristrutturato, non intendo che ho chiamato qualcuno a sistemare le cose per conto mio, ma proprio che io, insieme a mio zio e a qualche altro amico, ci siamo rimboccati le maniche e, armati di cazzuola e tuta da muratore, abbiamo ristrutturato tutto lo stabile. Ovviamente ci siamo fatti consigliare e abbiamo avuto la supervisione di esperti, ma abbiamo messo noi le mani, il sudore. Quindi non ti preoccupare: è una struttura solida, non cadrà al primo soffio di vento come la casa dei tre porcellini. Ci abbiamo messo, in tutto, quattro anni. Quindi è da un anno che vivo qui.

Un gioco da ragazzi - PRIMO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉOnde histórias criam vida. Descubra agora